ProcesoSUR - 22 agosto 2000 - n. 13

IL FUTURO DELL'EZLN: ABBANDONARE LE ARMI

Intervista con lo storico ANTONIO GARCÍA DE LEÓN di Julio Aranda - Cuernavaca

Di fronte al trionfo di Pablo Salazar Mendiguchía per il governo del Chiapas, all'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e al subcomandante Marcos "non resta altra possibilità che convertirsi in una forza politica regionale con la possibilità di trasformarsi in un partito politico legale", lo assicura lo storico e antropologo Antonio García de León.

Il mantenimento di un gruppo armato - dice - non è attualmente possibile in quanto la ribellione chiapaneca è frutto di molte condizioni, tra cui l'illegittimità di un sistema politico che ha mostrato il suo vero volto durante i 6 anni del governo di Salinas de Gortari, ma queste cause, sono scomparse sul piano politico con le elezioni del 2 luglio.

Per García de León - dottore in storia alla Sorbona di Parigi, con cattedra in linguistica alla Scuola Nazionale di Antropologia e Storia, e che, arrivato in Chiapas per studiare il nahuatl e il tzotzil, ci è rimasto per approfondire studi storici su questa realtà - lontano dalle "importanti possibilità" che Salazar rappresenta per risolvere la situazione in Chiapas, esiste un rischio più grande: la "balcanizzazione" del PRI e la perdita del controllo di alcuni gruppi dell'EZLN che rifiutano la negoziazione. Avverte che questo è molto pericoloso in quanto il governo del PRI ha creato i gruppi paramilitari e che, dopo la loro sconfitta elettorale, nessuno li può più controllare e che in mancanza di un "comando centrale" potranno imporre le loro condizioni sul negoziato, così come succede in Yugoslavia o in Colombia.

"I paramilitari riflettono l'attuale guerra interna al PRI e sono un rischio per la situazione di questa regione del sudest. A Pablo Salazar risulterà molto difficile smantellarli perché adesso essi rispondono a piccoli gruppi regionali. In questi ultimi giorni, infatti, hanno operato senza alcun problema e per questo il clima pre-elettorale si è così tanto surriscaldato".

Vincente Fox dovrà confrontarsi con questa realtà. La sua idea di risolvere il conflitto in 15 minuti e di ritirare l'esercito rimangono solo degli slogan per la campagna elettorale, dal momento che ora Fox sicuramente condizionerà il ritiro delle truppe ad un negoziato diretto con L'EZLN.

Il dilemma è così grande che l'EZLN non ha dato segnali di vita. L'ultimo importante comunicato di Marcos venne emesso prima delle elezioni del 2 luglio e da allora non si è più visto nulla.

Lo storico continua: "La cosa migliore per lo zapatismo e per Marcos è permettere un negoziato politico nel quale venga mantenuto il rispetto per la loro lotta".

Per il consigliere dell'EZLN durante gli accordi di San Andrés Larrainzair è chiaro che 6 anni non potranno bastare per dar soluzione a tutti i problemi del Chiapas.

Nel prossimo periodo, aggiunge, Salazar avrà chiaro lo scenario nel quale stabilire le condizioni di dialogo per la pacificazione dello Stato. Da lì nasceranno le basi per correggere il grave problema strutturale che si vede, prima di tutto, nel campo dell'educazione e della salute pubblica, materie carenti nell'insegnamento dello stato.

L'incertezza

La sconfitta del PRI in Chiapas apre varie domande secondo il giudizio dello storico. Commenta: "L'EZLN cresce di fronte alla mancanza di legittimità di Carlo Salinas ed è l'unica forza che si manifesta con violenza contro il regime, assumendo un carattere rilevante dentro il processo di transizione".

Di fronte al fatto della sua "relativa" presenza elettorale, in quanto il movimento non coinvolge la totalità delle comunità chiapaneche, l'EZLN è stato un fattore importante per la trasformazione democratica del Paese al punto che la sua esistenza e le sue richieste hanno obbligato ad approvare le riforme democratiche del 1995 e del 1996.

García de León valuta, inoltre, due fatti precedenti che renderanno propizia la conversione dell'Esercito Zapatista in forza politica legale: la rottura del dialogo con il governo federale per la mancata realizzazione degli Accordi di San Andrés e la consulta dell'agosto 1995 a cui parteciparono più di un milione di persone la cui maggioranza votò affinché l'EZLN si trasformasse in una organizzazione politica.

"All'EZLN e a Marcos non rimane altra scelta. Non esistono più le condizioni di illegittimità precedenti. Questa volta nessuno dubita che le elezioni siano state illegittime o ci siano frodi, esiste un mandato molto chiaro della società messicana. Per l'EZLN non esiste momento migliore che la vittoria di Pablo Salazar per ripristinare un negoziato con condizioni di rispetto e dignità per tutto quello che stanno chiedendo".

Con la vittoria del candidato dell'Alleanza per il Chiapas "si riaprono le possibilità per far rientrare lo Stato nel patto federale, relazione che si è rotta dal 1995 a seguito della famosa ribellione de "los Pollitos". A partire da allora, il presidente della repubblica di turno ha designato il governatore e non ci sono più state elezioni veramente legittime. Come esempio c'è l'imposizione di Eduardo Robledo nel 1994, che è finita con altri vari governatori eletti ad interim.

"Credo che Pablo Salazar possieda un grado di legittimità più chiaro di Amado Avendaño e di qualsiasi movimento sociale anteriore", dice lo storico, ricordando che negli accordi di San Andrés l'allora senatore priista Salazar Mendiguchia ottenne la fiducia di Marcos e dei comandanti dell'EZLN in quanto "considerarono che in tutta quella miscela di interessi e di imbrogli, Pablo Salazar, almeno, diceva la verità".

E ci sono altri due antecedenti: la partecipazione di Salazar nella COCOPA ed il suo tentativo di dare soluzione al problema dei profughi della regione di Los Altos. "Lui possiede i contatti. Ha una certa legittimità di fronte all'EZLN e non sarebbe avventato supporre che potrebbe parlare con Marcos e diventare l'intermediario di fronte al governo federale".

Una riconciliazione difficile

L'antropologo segnala che una delle prime sfide di Salazar sarà quella di creare un clima di fiducia, ma avverte che la riconciliazione non sarà cosa facile. "Il PRI è balcanizzato, non controlla più i paramilitari che ha creato e sarà molto difficile smantellarli perché essi ora non rispondono più ad un comando o ad un interesse centrale, mentre anche nell'EZLN ci sono gruppi ormai fuori controllo. Si deve tenere presente che un settore di zapatisti potrebbe non essere d'accordo per una futura negoziazione".

- In più c'è la presenza dell'esercito...

- "Tuttavia Fox non ha preso il toro per le corna. Non ha definito bene la sua posizione. In quanto l'affermare che il problema si risolverebbe in 15 minuti e che l'esercito lo si potrà ritirare immediatamente, facevano parte della campagna elettorale. Ora dovrà rapportarsi con una realtà molto più complessa.

È necessario fare in modo che l'esercito ritorni nelle postazioni precedenti il conflitto, però "siamo di fronte ad un problema di balcanizzazione, una situazione molto pericolosa, in quanto in certi posti l'esercito garantisce una certa sicurezza, mentre in altri è di troppo".

Ricorda che dal 1974 "l'esercito si è organizzato in Chiapas come una forza d'attacco del governo. In seguito fu trasformato in Polizia Rurale o Ministero Pubblico, con la qual cosa hanno fatto un danno enorme, trasformandolo da un istituzione della repubblica ad una forza al servizio dei proprietari terrieri e dei ricchi". Questa immagine sfavorevole deve essere restaurata.

L'esercito deve riconquistare il suo fine istituzionale poiché il conflitto lo ha di molto indebolito.

- E la chiesa? dove si colloca in questo scenario?

- Lo Stato ha abbandonato il Chiapas. I fondi pubblici destinati non sono tanti quanti vengono pubblicizzati. Allora la Diocesi di San Cristóbal de Las Casas ha sostituito il governo nei vari settori dell'organizzazione politica, sistema sanitario, alfabetizzazione, tra gli altri.

Se le elezioni di questa domenica godranno di legittimità e limpidezza "si apre la possibilità che la chiesa diminuisca il suo predominante impegno. Da allora il governo locale dovrà aumentare il ruolo politico importante che appartiene allo stato".

García de León puntualizza "per le condizioni del Paese, Fox e Salazar, avranno maggiore volontà politica e si vedranno obbligati a cercare una via di uscita degna per il Chiapas. Avranno qualcosa che mancava a Zedillo: la volontà e gli operatori per pacificare lo stato".


(tradotto da Oscar - edmea29@hotmail.com)



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