ProcessoSUR - 22 agosto 2000 - N.13

CHIAPAS:LA SOLUZIONE COMPLESSA

di Carlos Montemayor

Da vari anni il governo messicano sta realizzando una strategia di guerra che si muove su vari fronti. Tale strategia ha disarticolato la CONAI de anche, in un certo senso, la Diocesi di San Cristóbal de Las Casas in quanto, in questo modo, ha chiuso le porte alla venuta di osservatori, ONG, giornalisti nazionali ed internazionali, creando un ambiente "privato", affinché la guerra contro le basi zapatiste non armate potesse avanzare. Questa fase della strategia di guerra non necessitava né di cannoni né di pallottole.

Contro le basi sociali che simpatizzano con l'EZLN, non hanno utilizzato né soldati né contingenti di polizia: hanno lanciato gruppi paramilitari indigeni, addestrati ed armati dall'esercito e dai corpi di polizia. Questi gruppi sono la causa del trasferimento forzato di migliaia di famiglie, di migliaia di abitazioni e terreni incendiati o saccheggiati e di centinaia di morti.

Questo tipo di strategia di guerra avanza in più di 77 municipi dello stato. Inoltre il governo distribuisce buona parte del bilancio per lo sviluppo di questa Regione in funzione delle comunità in cui operano questi gruppi paramilitari. Per questa ragione il conflitto in Chiapas è molto complesso, concorrendo in esso molteplici fattori.

Per esempio una presenza tradizionalmente forte di proprietari terrieri, di allevatori, di industriali del legno e di politici. Inoltre la intensa mobilitazione dei gruppi paramilitari nella zona delle Cañadas, di Los Altos e del Nord. Infine la ribellione zapatista e la brutale povertà. Tutto questo ha provocato un processo di disgregazione sociale che non si potrà risolvere con un solo governo né con un unico negoziato politico.

La strategia di guerra continua. L'esercito spera in un colpo di mano per farla finita con le forze zapatiste prima del primo dicembre (momento in cui prende possesso del potere FOX n.d.t.). Per farla finita con ciò che la opinione pubblica crede che sia la dimensione e la normalità del conflitto: specificatamente l'EZLN, i gruppi guerriglieri e i gruppi paramilitari. Non è difficile supporre che le ultime istruzioni che l'attuale Amministrazione darà tenderanno a facilitare il nuovo governo nello svolgimento del suo mandato, quello di portare a termine le privatizzazioni delle imprese pubbliche messicane, fatto che occuperà tutta l'attenzione, dimenticando queste minuzie che riguardano la disgregazione sociale chiapaneca.

Nel 1994 quelli che non erano zapatisti sono fuggiti dalla regione delle Cañadas. L'esercito li ha ricevuti e li ha appoggiati affinché ritornassero alle loro comunità di origine. Dal 1996 i profughi sono diventati gli zapatisti che fuggono dalle regioni dove imperversano i paramilitari. Loro non sono stati aiutati dai militari. Ma la disgregazione sociale non deriva solamente dalla presenza militare, è anche una conseguenza della guerra che ha messo in moto il governo. La disgregazione sociale è molto ampia: risolvere il conflitto in Chiapas vuol dire occuparsi dei molteplici aspetti che sono causa del continuo logoramento della normale vita delle comunità. Occorre riconoscere a fondo la dimensione di questa ferita sociale. Stiamo parlando di perdite dei raccolti, delle terre, di perdita della possibilità di vendita dei prodotti, della scolarità, dell'alimentazione, della disintegrazione dei nuclei familiari, dei legami delle comunità con la oro terra; stiamo parlando di una tragica disgregazione del tessuto sociale che non si potrà risolvere semplicemente con un riavvicinamento politico tra l'EZLN e il governo federale.

Il risultato delle elezioni del 20 di agosto in Chiapas sarà importante per aggravare o tentare di risolvere a fondo il conflitto. L'unica soluzione reale dovrà provenire dalla stessa cittadinanza chiapaneca. Le elezioni divengono ora, quindi, uno strumento molto utile. È difficile credere che con il trionfo del PRI si possa avere un radicale cambio nell'atteggiamento governativo che le autorità statali e federali hanno tenuto fino a questo momento. Credo che con la vittoria di Pablo Salazar si faciliterà un cambiamento nell'atteggiamento politico in Chiapas con buone possibilità di frenare l'attuale guerra.

Pablo Salazar ha fatto parte del gruppo di senatori denominato "Galileo" che nel 1998 convocò 16 specialisti di varie discipline con il fine di formulare una diagnosi sulle attuali condizioni e sulle possibilità di cambiamento sociale , politico ed economico in Chiapas. Io fui una di queste sedici persone. A questo gruppo vennero presentati studi di pedagogia, sull'allevamento di bestiame, su risorse forestali, salute, industria, economia, artigianato, religione, sui movimenti armati. Pablo Salazar commentava che in realtà stavamo offrendo un progetto di governabilità del Chiapas, che se fosse stato realizzato, avrebbe cambiato in modo radicale le carenze sociali di questo stato e, perciò, avrebbe cambiato fondamentalmente le condizioni che sono la causa della tensione sociale.

Quando il lettore leggerà questo articolo, le elezioni si saranno già svolte. Indipendentemente da chi risulterà vincitore, solo due saranno gli scenari possibili: il primo, che le cose continuino a peggiorare. Cioè che non ci sia la volontà di risolvere a fondo, in termini sociali, questo conflitto; per questo staremo di fronte ad un peggioramento della situazione che potrebbe intensificare la polarizzazione sociale e, in seguito, provocare la nascita di nuovi movimenti guerriglieri. La seconda possibilità riguarda uno scenario in cui, se ci sarà volontà di cambiamento, per un po' di tempo sembrerà che le cose proseguano come prima, in quanto occorrerà concentrarsi in un negoziato allargato che coinvolga tutte le forze disperse che hanno incoraggiato l'attuale strategia di guerra. Vale a dire un negoziato svolto passo dopo passo, regione per regione, in più di 70 municipi; sarà un lavoro indispensabile, costoso, pericoloso, che necessiterà di molta tolleranza e di molte istanze di mediazione. Non si avrà una soluzione immediata, in quanto servono riforme costituzionali, la creazione di leggi secondarie, meccanismi procedurali, ridefinizione di confini, riaggiustamento di gruppi armati, non solo zapatisti, ma, soprattutto, dei gruppi paramilitari. Tutto questo non si potrà ottenere in un sessennio. Per risolvere bene le cose sarà necessario un periodo di otto o più anni.

Credo che la priorità per il nuovo governatore chiapaneco dovrà essere la pacificazione dello stato, soprattutto avendo l'intenzione di cercare di risolvere l'estrema povertà in cui vive la popolazione indigena. Non so se anche per il governo federale questa sarà una priorità. Non lo so perché non sono sicuro che chi consiglia Vincente Fox e Vincente Fox stesso siano in possesso di una informazione completa e una conoscenza a fondo di ciò che sta succedendo, di ciò che costituisce la disgregazione sociale in Chiapas, che sicuramente non si potrà risolvere in pochi minuti e neppure nei prossimi sei anni di governo.

Le sue dichiarazioni sono state demagogiche e superficiali, sostenute da una conoscenza quasi nulla o inesistente. Cosa possono offrire come soluzione reale a questa disgregazione del tessuto sociale chiapaneco? I consiglieri di Fox non possiedono queste conoscenze e non si può sapere quale sarà il suo atteggiamento nel momento in cui ne prenderà coscienza. Questo però implicherebbe una modifica radicale della mentalità dei quadri del PAN, dei senatori e Deputati di questo partito; un grande cambiamento di mentalità da parte dei settori economicamente e politicamente forti in Chiapas.

In che modo questa lotta che deve essere prioritaria per il governatore del Chiapas, lo sarà anche per il presidente della repubblica? Non lo so. Per questo le ore che stiamo vivendo sono di estrema importanza, posto che in questo conflitto c'è un altro attore, l'esercito... e soprattutto perché dietro di lui c'è ancora il vecchio governo.

a cura di Oscar - edmea29@hotmail.com


logo

Indice delle Notizie dal Messico


home