Il manifesto, 22 Agosto 2000

Il Chiapas uccide il dinosauro

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

Annunciata ufficialmente domenica sera, la vittoria di Pablo Salazar Mendiguchía, candidato al governo del Chiapas per una coalizione di ben otto partiti, segna una svolta storica, non solo per questo travagliato stato del Sudest ma per tutto il Messico. La conquista del Chiapas da parte dell'opposizione rappresenta l'ultima scossa di assestamento dopo il terremoto del 2 luglio, che ha portato alla presidenza Vicente Fox. E significa campane a morto per il dinosauro agonizzante del Pri, il Partido Revolucionario Institucional, che sperava di trasformare questo suo feudo tradizionale in una fortezza per la riconquista del potere.

Sebbene, domenica notte, il candidato del Pri, Sami David, non aveva ancora accettato il responso delle urne, il Consejo Estatal Electoral divulgava risultati ormai irreversibili: 56,9% dei voti a Pablo Salazar, 42,54 a Sami David e 0,6% a Marco Antonio Coutiño, un simbolico terzo concorrente.

La società nazionale e la comunità internazionale hanno seguito con attenzione lo svolgimento delle elezioni di domenica - attraverso 5mila osservatori nazionali e 85 stranieri - ed è stata proprio questa stretta vigilanza a rendere possibile il pensionamento del Pri, delle sue politiche e dei suoi sistemi di governo.

Fino all'ultimo il clima è stato di grande tensione. Si temeva che il Pri sarebbe stato capace di qualsiasi cosa, pur di non perdere. E, in effetti, il governatore Roberto Albores le ha provate tutte, arrivando a far sequestrare, sabato, i giornali favorevoli all'opposizione, diffondendo falsi comunicati con la firma di Alianza Civica, un'organizzazione cittadina di osservazione elettorale, e presentando ai giornalisti la registrazione di una telefonata fra Pablo Salazar e César Chavez, il suo coordinatore di campagna, come prova che l'opposizione stava tramando una frode. Peccato che la conversazione era del tutto innocente, trattava di dettagli tecnici ed era stata ottenuta illegalmente.

L'osservatrice Carina Perelli, direttrice di assistenza elettorale dell'Onu, aveva dichiarato, all'apertura delle elezioni: "Il fantasma della paura e dell'astensionismo sono una barriera per la costruzione di qualunque democrazia."

Ma il voto della paura, seminato e raccolto dal Pri fin dal 1994, anno della rivolta zapatista, questa volta non ha funzionato. In tutto il nord dello stato, nei municipi più minacciati dall'azione delle bande paramilitari, il voto è stato ampiamente favorevole a Pablo Salazar. Nelle zone di maggiore influenza zapatista, che negli ultimi anni avevano registrato uno scarso afflusso alle urne, l'astensionismo è diminuito, contribuendo al rovesciamento del vecchio ordine.

Perfino nei suoi bastioni storici, come il popoloso municipio tzotzil di San Juan Chamula, confinante con San Cristóbal, dove il cacicco di turno marcava tradizionalmente le schede per tutti gli elettori all'interno del palazzo municipale, il Pri ha subito un forte calo, passando dal rituale 100% al 70% dei voti. "Le nuove generazioni premono per un cambiamento di rotta sostanziale", dice Juan Gallo, un artista chamula che ha vissuto negli Stati uniti, indicandomi la piazza del mercato, dove si sta votando ordinatamente.

"Sentono che il sentiero unico non va più bene e mettono in discussione le vecchie fedeltà. Solo che ora l'apertura di molti cammini può generare confusione. Purtroppo non esiste nessun partito che rappresenti veramente la componente indigena di questo paese e fra gli attuali partiti si tenderà a scegliere quello che dà di più".

Comunque, nelle 500 comunità indie che erano state dichiarate "fuochi rossi" prima delle elezioni per il timore di possibili disordini, la votazione si è svolta tranquillamente e senza incidenti. L'ex-vescovo di San Cristóbal, don Samuel Ruiz, attualmente in pensione, è venuto apposta da Queretaro per votare e ha dichiarato di farlo "per la pace".

Il riconoscimento della vittoria dell'opposizione, una vera e propria rivoluzione istituzionale per il Chiapas, non è stato facile. I dati delle votazioni, domenica sera, fluivano troppo lentamente e lasciavano temere la possibilità di qualche "gioco di prestigio" all'ultimo momento. Ma quando il belligerante governatore Roberto Albores ha dovuto ammettere a denti stretti davanti alle telecamere la sconfitta del suo partito, si è capito che ormai l'evidenza della vittoria di Pablo Salazar era inoccultabile.

Ciò che restava dell'impero del Pri, una ferrea egemonia clientelare durata oltre 70 anni, è crollato così, senza troppo rumore, in una domenica di agosto. Solo il candidato sconfitto, Sami David, non ha accettato il responso delle urne, dichiarando di aspettare mercoledì, giorno in cui verranno divulgati i risultati ufficiali, per gettare la spugna.

Pablo Salazar, nuovo governatore del Chiapas, eredita da oggi uno stato ai limiti della sopravvivenza, spossato da sei anni di guerra di bassa intensità, profondamente lacerato nel tessuto sociale, costellato di profughi e accampamenti militari. Ma, fortunatamente, ha tutti i numeri per dare il colpo di timone necessario. Intanto, beneficia del "effetto Fox" e del cambio di governo di governo a livello centrale, che entrerà in carica a dicembre.

Potrà contare sull'appoggio della maggioranza della popolazione, ormai stremata dall'occupazione militare dello stato. Le sue buone relazioni con la società civile, con la diocesi di San Cristóbal e con gli stessi zapatisti rappresentano delle buone credenziali per la necessaria pacificazione del Chiapas.

Ma non va dimenticato che il Congresso dello stato, ancora a maggioranza priista, si rinnoverà solo l'anno prossimo.


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