Il manifesto, 20 Agosto 2000

I colpi di coda del dinosauro

Oggi in Chiapas elezioni ad alto rischio

Intimidazioni, violenze e trucchi del Pri per conservare il controllo del governo locale

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

Oggi, domenica 20 agosto, si gioca il futuro del Chiapas. E la partita si annuncia rovente.

Dalle elezioni nazionali del 2 luglio, che hanno sottratto la presidenza al Partido Revolucionario Institucional dopo 71 anni di permanenza ininterrotta al potere, quelle di oggi sono le prime elezioni statali per il rinnovo di un governatore. Dove si decide anche il destino del Pri. Oggi si vedrà infatti se lo storico partito-stato, ormai disegnato dai principali vignettisti come un dinosauro ferito a morte, passa davvero e per sempre all'archivio della storia o riesce a riorganizzarsi a partire dalla fortezza del Chiapas.

Lo stato del Chiapas, in cui il governo Zedillo ha incrementato una "guerra sporca" contro le comunità zapatiste negli ultimi sei anni favorendo la formazione di bande paramilitari e provocando migliaia di morti dirette e indirette e decine di migliaia di rifugiati interni, è sempre stato un tradizionale "granaio" di voti per il Pri. Uno stato da carro completo, come si diceva, grazie al controllo di potenti cacicchi su clientele obbedienti. Nelle ultime elezioni del 2 luglio, in cui si è rinnovato anche il Parlamento federale, i due senatori riservati al Chiapas - e 11 dei 12 seggi alla Camera - sono andati al Pri.

I due veri contendenti nelle elezioni di oggi - un terzo candidato, di un partitino locale, è destinato a raccogliere le briciole - sono Sami David David, delfino dell'oligarchia priista, e, nelle vesti di sfidante, Pablo Salazar Mendiguchía, sostenuto dall'Alianza por Chiapas, una coalizione inedita di ben otto partiti: il Partido de Accion Nacional (Pan), di centro-destra, vincitore delle ultime elezioni, il Partido revolucionario democratico, di centro-sinistra, il più radicato nello stato e il più vicino allo zapatismo, il Partido Verde e il Partido del Trabajo più quattro partitini locali. Tutti contro il dinosauro, insomma, che sta già sferrando terribili colpi di coda e vive la scadenza di oggi come l'ultima battaglia.

Le cifre dei voti del 2 luglio in Chiapas parlano chiaro: il Pri ha vinto con 400mila voti ma i suffragi dell'opposizione, sommati, hanno superato il mezzo milione. Stabilendo il record nazionale di astensionismo, più della metà dell'elettorato chiapaneco - circa due milioni di persone - non ha votato. Alle elezioni di oggi, però, si prevede una maggiore partecipazione zapatista. Anche se non c'è stato nessun comunicato dell'Ezln, a differenza delle elezioni nazionali, dove il subcomandante Marcos aveva denunciato lo strapotere del marketing e dei sondaggi, lasciando piena libertà di voto alle basi zapatiste.

Ma le elezioni di oggi si svolgono in un clima tutt'altro che libero, con un incremento dei pattugliamenti dell'esercito e un'escalation di aggressioni da parte delle bande paramilitari. La consegna del Pri è quella di favorire al massimo l'affluenza alle urne nelle zone filogovernative e di scoraggiarla nelle comunità filozapatiste, con qualunque mezzo.

Non esclusa un'altra strage di innocenti, come quella di Acteal.

Secondo gli ultimi sondaggi, Pablo Salazar, che beneficia del "effetto Fox" e del bisogno generale di pacificazione, ha superato la metà delle preferenze e ha venti punti di vantaggio su Sami David, malgrado quest'ultimo conti sull'appoggio del governo federale, dell'oligarchia locale, di tutti i mezzi d'informazione statali e del potentissimo "sindacato" dei governatori priisti del Sudest.

Pablo Salazar è un senatore che è fuoriuscito dal Pri l'anno scorso, dopo aver subìto un'intensa campagna di linciaggio politico da parte dell'attuale governatore Roberto Albores. Eletto nel 1994 al senato federale - l'altro senatore per il Chiapas fu, ironicamente, Sami David, il suo contendente di oggi - Pablo Salazar fece parte della prima Cocopa, la commissione interparlamentare di mediazione fra il governo e l'Ezln, paralizzata dal 1997.

In quel periodo, collaborò alla stesura degli accordi di San Andrés, dimostrando sensibilità per la causa indigena e disponibilità verso l'Ezln. Tutte cose che non sono piaciute all'aggressivo governatore Albores, definito "un cavernicolo psicopatico" da alcuni dei suoi stessi compagni di partito.

Il livello della campagna elettorale non è dei più alti. Sami David ha accusato Pablo Salazar di essere protestante, un chiaro invito alla guerra religiosa in uno stato già fin troppo polarizzato. Pablo ha risposto tacciando Sami di omosessualità, un'offesa poco elegante che è stata controbattuta con un frettoloso matrimonio. Sami David ha accusato il suo avversario di abuso di titolo, di non essere un vero avvocato. E in un comizio a Soyaló, città natale di Pablo Salazar, ha ricevuto - pare - un peso da bilancia sulla testa che gli ha procurato una lieve ferita e titoli da martire-eroe sulla stampa locale.

Quella che è altissima, nello stato, è la tensione. Secondo Hermann Bellinghausen, uno dei cronisti più attenti della Jornada, "tutto sembra pronto per la stretta finale". E in effetti, dal 3 agosto, giorno in cui i paramilitari di Paz y justicia hanno costretto 90 famiglie di zapatisti ad abbandonare la comunità di El Paraíso, non c'è stato giorno senza una provocazione di queste bande armate o senza mobilitazioni militari nelle comunità.

Il "voto della paura" è l'ultima risorsa disperata del regime. Ma non è l'unica. Mentre le elezioni del 2 luglio scorso erano supervisionate dall'Ife - l'Instituto Federal Electoral, un organismo cittadino indipendente dall'esecutivo che si è dimostrato affidabile - quelle di oggi avvengono sotto la responsabilità del Cee, il Consejo Electoral Estatal, controllato dal governo dello stato. Il quale, intanto, ha influito nella sostituzione di più di 500 presidenti di seggio rinunciatari. E ha fatto sparire parecchie sezioni dove il 2 luglio era andata male al Pri. Solo nella regione di Ocosingo, sono stati eliminati otto seggi.

Il Pri statale non si vergogna di niente. Ha addirittura esercitato aperte pressioni e minacce sul Cee perché non riveli i risultati degli spogli appena conclusi. Mentre si è estesa e intensificata la presenza militare, tanto che i municipi autonomi del nord e della Selva Lacandona sono in allarme permanente, il servizio di telefonia satellitare è stato inspiegabilmente sospeso, lasciando nel più completo isolamento molte comunità.

La Alianza por Chiapas teme che questo black-out delle comunicazioni possa favorire irregolarità, o addirittura violenze, durante la giornata elettorale, "senza che ci sia la possibilità di informare a tempo le autorità elettorali e gli organismi civili di osservazione".

Crescono le minacce e le provocazioni, i conflitti "spontanei" - come occupazioni di terre, invariabilmente zapatiste, da parte di bande paramilitari - e le detenzioni arbitrarie. Sono decine i detenuti politici in sciopero della fame nelle varie carceri dello stato. La maggior parte di loro è dentro per false accuse o confessioni estorte sotto tortura. La Red de Defensores Comunitarios denuncia un'aperta persecuzione ai difensori di diritti umani, molti dei quali sono stati minacciati di morte.

Contro la presenza di circa 4mila osservatori - fra cui 800 stranieri, la metà statunitensi - il governo dello stato ha lanciato una campagna denigratoria che arriva a toni grotteschi.

L'ultima accusa è che ci sia un gruppo di studenti della Unam, l'università di Città del Messico, "arrivati in Chiapas con macchine ecologiche (?) in qualità di destabilizzatori e provocatori professionali".

Numerose ong - e la stessa subcommissione dell'Onu per i diritti umani - hanno manifestato preoccupazione per la giornata elettorale di oggi, prevedendo che il Pri non esiterà a ricorrere agli sporchi trucchi del passato. E a qualcosa di più, se ce ne fosse bisogno. Oltre allo spettro di frodi e violenze, c'è anche la carta di rendere impossibile lo svolgimento delle elezioni, facendole slittare.

Il vecchio Chiapas, quello della razza padrona e dell'indio sottomesso, non è disposto a perdere 500 anni di dominio e privilegio in un solo giorno.


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