La Jornada 20 febbraio 2000

Sgombero violento di studenti e genitori in presidio a Pachuca

Sequestrano 61 granaderos: avevano occupato la normale di El Mexe

Hanno partecipato 400 agenti

Carlos Camacho, corrispondente, Francisco I. Madero, Hgo., 19 febbraio

Centinaia di indignati abitanti di questa località hanno minacciato oggi 61poliziotti, li hanno legati seminudi e li hanno portati nella piazza principale, dove li hanno sequestrati per protestare contro gli eccessi che gli agenti avevano commesso durante lo sgombero della Scuola Normale Rurale di El Mexe, avvenuto questa mattina presto.

Alle venti di oggi, dopo cinque ore di negoziati nel vicino municipio di Actopan, c'è stato un accordo per la liberazione totale dei più di 376 arrestati nelle due operazioni di polizia di oggi; in cambio la popolazione ha lasciato andare i 61 granaderos che aveva sequestrato all'interno della Scuola Normale Rurale di El Mexe.

Questo è stato il primo dei tre punti dell'accordo del segretario di governo Miguel Angel Osorio Chong con il sindaco Martiniano López González. L'impegno include inoltre che i genitori si faranno carico del presidio e insieme con studenti ed insegnanti installeranno un tavolo di lavoro per elaborare il progetto di riorganizzazione della scuola.

I rivoltosi hanno bruciato almeno sette delle autopattuglia della Direzione Generale di Sicurezza Pubblica e Transito che controllavano le due entrate della scuola e hanno denunciato violenze alle studentesse che si trovavano nella scuola, così come distruzione di case ed aggressioni fisiche a gente che si trovava in casa propria vicino alla scuola.

Alle 6,30, circa 300 poliziotti ministeriali e di Sicurezza Regionale si sono lanciati contro i contadini della comunità, hanno picchiato anziani, bambini, giovani e donne per sgomberare violentemente la Scuola Luis Villarreal, da dove hanno tirato fuori i circa 300 alunni che la occupavano dal 5 gennaio, cioè da quando era iniziato il conflitto interno.

In risposta, centinaia di indignati cittadini, con alla testa il sindaco di origine perredista, Martiniano López, si sono organizzati ed hanno bloccato le uscite della scuola e gli accessi al paese, con pietre e tronchi e alberi interi, ai quali volevano dar fuoco per impedire ai granaderos che si trovavano nella scuola di andarsene.

Circa 140 granaderos sono riusciti a scappare a bordo di camionette, però altri 60 non ci sono riusciti e sono stati trattenuti dalla stessa popolazione che li ha svestiti, ha tolto loro gli stivali e li ha portati fino alla piazza principale del paese, a circa cinque chilometri dalla scuola, dove li ha trattenuti legati e chiedendo: "che liberino gli arrestati o bruciamo questi pinches granaderos!"

La gente ha reclamato la presenza del governatore Manuel Angel Núñez Soto per negoziare la liberazione degli studenti e degli abitanti arrestati.

Il sindaco del municipio di Francisco I. Madero, dove si trova la normale, Martiniano González, si è recato alla città di Pachuca, con una comitiva di genitori, per chiedere alle autorità la liberazione "degli studenti e di almeno altre cinque persone arrestate negli incidenti di questa mattina".

Laureato a El Mexe 35 anni fa, il sindaco Martiniano López ha detto che nessuno lo ha informato sull'operazione di polizia e ha reclamato per la violazione dell'autonomia municipale.

Ha assicurato che molti cittadini, che niente hanno a che vedere con il conflitto nella scuola normale, sono stati picchiati.

Nell'operazione sono stati arrestati 176 studenti e sono stati fatti salire su 5 camion che li hanno portati dalla Polizia Ministeriale di Pachuca.


Carlos Camacho, corrispondente, Pachuca, Hgo., 19 febbraio

Membri della Direzione Generale di Sicurezza Pubblica hanno sgomberato in modo violento genitori ed alunni della Scuola Normale Rurale di El Mexe che protestavano nella Piazza Juárez di Pachuca, alle quattro di oggi.

A bordo di 81 unità, circa 400 poliziotti hanno circondato la spianata dove dormivano i manifestanti, che sono stati portati alla Procura di Giustizia dello Stato su 16 autobus.

Trentasei studenti sono stati arrestati, accusati di privazione illegale della libertà, mentre circa 700 alunni delle scuole normali del Chiapas, del Morelos, del Guerrero, di Tlaxcala e di Puebla, che si trovavano lì per solidarietà, sono stati deportati nei loro stati d'origine, secondo il governatore Manuel Angel Núñez Soto.

I manifestanti domandavano la liberazione dei vari normalisti reclusi nei centri penitenziari della regioni e la riapertura del loro centro educativo, chiuso dal 26 gennaio, temporaneamente, per un conflitto interno.

Il bollettino del governo statale segnala che "questa mattina presto 900 pseudo studenti ­ l'immensa maggioranza proveniente da altri stati del paese ­ hanno tentato di occupare il palazzo del governo. Alle 3, i giovani hanno rotto le porte d'ingresso principali dell'edificio, per cui la Direzione Generale di Sicurezza Pubblica e Transito dello Stato, così come la Polizia, hanno organizzato un'operazione per salvaguardare queste installazioni".

I genitori, Juana Gómez Sánchez, Petra Sánchez Peralta e Antonina Cortés, che appoggiavano i loro figli nel presidio, hanno segnalato che "gli stessi granaderos hanno rotto i vetri per incolparci e così cominciare l'aggressione".

Hanno raccontato che alle quattro di notte, mentre dormivano vicino ai muri del palazzo di governo e nel giardino, i granaderos hanno fatto irruzione ed hanno cominciato a picchiare giovani, anziani e adulti.

"Stavamo dormendo e all'improvviso sentiamo calci e mazzate in tutto il corpo".

Il direttore della Polizia Ministeriale dello stato, Federico Pérez Luna, ha informato che lo sgombero è stato "pacifico" e che era presente del personale della Commissione Statale dei Diritti Umani, con il suo presidente, Mario Pfaiffer Cruz, che ha dichiarato "che non c'è stato uso eccessivo di forza né si sono violate le garanzie individuali degli arrestati".

A notte, Martiniano González López, sindaco di Francisco I. Madero, municipio dove è situata la normale, ha informato che in un accordo con il governo dello stato si sono date disposizioni per la libertà immediata di tutti gli arrestati di questa mattina.


Un'alba violenta in Francisco I. Madero

L'ira del popolo hidalguense diventa processo sommario

Catarsi collettiva nel recupero della scuola normale

Alonso Urrutia, inviato, Tepatepec, Hgo., 19 febbraio

Con gli animi esacerbati, a 14 ore dall'inizio dello sgombero e dal recupero violento della Scuola Normale Rurale di El Mexe, decine di studenti e di civili sono arrivati in questo capoluogo municipale, per ottenere la libertà per gli arrestati dopo ardui negoziati con la mediazione delle autorità perrediste del municipio Francisco I. Madero.

Quando stava per chiudersi questa edizione, il sindaco Martiniano González stava facendo sforzi per concretizzare l'altra parte del difficile negoziato: la liberazione di 60 granaderos che sono stati trattenuti dalla ribellione popolare scoppiata a seguito della violenta incursione del corpo di polizia.

Battendo i denti dal freddo, mezzo nudi, spogliati delle loro armi, dei manganelli e della loro prepotenza, erano sottoposti a processo sommario da parte del popolo. La piazza del paese era gremita, come lo è stata per tutto il giorno. L'ira popolare, generata dall'incursione violenta del corpo dei granaderos per sgomberare la scuola, impediva di concretizzare qualsiasi tentativo di negoziato.

Il più ardente difensore era il sindaco, che reclamava per la loro liberazione come unica formula per evitare un acuirsi del conflitto politico e sociale. Dopo un'ora di processo pubblico e senza riuscire a calmare del tutto l'irritazione della gente, si è raggiunta finalmente la liberazione dei granaderos sequestrati.

Si pensa che domenica inizino i negoziati tra il governo statale e una commissione di genitori e di studenti per discutere il futuro della scuola normale che, per ora, rimarrà sotto la custodia dei genitori.

Giornata contro la repressione

Con l'alba è arrivata la repressione, dice il popolo. "Così nient'altro, scriva: il popolo ", mi ordina un genitore. Infatti quasi nessun testimone dei fatti ha accettato di dire il suo nome, però tutti sono d'accordo su come si sono svolti i fatti.

Sei della mattina: Un convoglio di camionette stracolme di granaderos è arrivato al capoluogo municipale di Francisco I. Madero, in direzione El Mexe, nonostante fosse l'alba, questa era già la seconda tappa dell'operazione di polizia (come la chiamano le autorità) o della repressione, come la chiama la comunità.

Tre ore prima c'era stato lo sgombero del presidio di normalisti che si trovavano davanti al palazzo del governo, in Pachuca.

Testimoni dei fatti parlano della montatura da parte degli organi ufficiali: l'operazione di polizia è avvenuta senza violenza, gli studenti non avevano opposto resistenza, però una volta fermati, la forza pubblica ha cominciato a preparare la scenografia ed ha iniziato a rompere i vetri della sede di governo per giustificare la versione ufficiale che sarebbe circolata dopo e che attribuiva la reazione della polizia ad un tentativo degli studenti di occupare l'edificio.

Con rapidità, i granaderos hanno coperto le entrate a El Mexe. Senza avvisare nessuna autorità municipale, hanno proceduto all'occupazione della scuola e immediatamente si sono diretti nella zona dove dormivano gli studenti, in maggioranza ancora addormentati, per arrestarli.

Timoroso e senza dare il suo nome, uno degli studenti dà la sua versione: sono entrati dando calci alle porte, gridando che non dovevamo resistere, quelli che non avevano chiuso a chiave se li sono portati via subito, altre aule sono state aperte a calci come hanno tentato di fare con la mia, però non ci sono riusciti.

Suo padre, che si rifiuta pure lui di dare il nome, è un altro dei tanti che oggi hanno deciso di chiamarsi "il popolo". È arrivato alle sette della mattina, quando ha cominciato a correre la voce tra le comunità vicine che era arrivata la polizia.

"Sono venuto e ho detto che anche se mi picchiavano io volevo entrare per mio figlio, mi hanno colpito con due manganellate però sono riuscito ad entrare e ho urlato a mio figlio". La sua testimonianza è parte di una catarsi collettiva di coloro che ora custodiscono la scuola e che hanno partecipato alla rioccupazione della scuola.

Da una parte c'è un incendio, sono ore che brucia, e raccontano del modo in cui hanno rioccupato la scuola. La cosa è successa rapidamente. "Alle otto della mattina lo sapeva già tutto il popolo e abbiamo cominciato ad organizzarci perché l'aggressione non c'era stata solo alla normale, ma pure in tutto il paese in generale".

La denuncia collettiva coincide sul fatto che gli studenti arrestati sono stati fatti salire sugli autobus portati dalla polizia e che, di fronte alle proteste della gente, i poliziotti si sono lanciati contro i civili che protestavano, arrestando anche altri.

Lentamente la gente si è radunata durante la mattinata davanti alle diverse entrate della scuola normale. C'è stato un tentativo frustrato di negoziato perché i poliziotti se ne andassero dalla scuola pacificamente, però la risposta di chi stava al comando dell'operazione è stata che loro erano stati inviati e che dovevano consultare le autorità.

Non c'è stato modo di convincerli, dice un insegnante, e neanche modo di trattenere la gente. E' stato così che alle dieci è cominciata la "ribellione popolare". E' stato appiccato un incendio vicino alle entrate mentre da un'altra parte la gente ha iniziato ad entrare sotto il lancio di lacrimogeni per ricacciare l'aggressione. Spari in aria e petardi hanno tentato di arrestare la gente che entrava con bastoni e pietre e che ha obbligato i 300 granaderos a ripiegare all'interno della scuola.

Di fronte allo squilibrio numerico, molti della polizia hanno cominciato a saltare la ringhiera di protezione e a "fuggire attraverso i campi" o a sdraiarsi nel canale di scolo. Molti sono riusciti a fuggire in questo modo però altri sono rimasti inchiodati dietro la porta dove ardeva l'incendio, che ha impedito loro la fuga.

In mezzo all'azione sono state incendiate sette camionette della polizia e altre undici sono state danneggiate. Una volta bloccati gli agenti, la minaccia di ribellione popolare è continuata. C'era l'intenzione di bruciarli o di impiccarli, però finalmente, in mezzo alle grida, è arrivata la dissuasione del governo municipale per cercare di distendere gli animi.

Una volta recuperata la scuola, gli studenti hanno iniziato l'ispezione ritrovando un arsenale di armi abbandonate dalla polizia, mentre alcuni studenti sono riusciti ad uscire dal canale di scolo dove si erano nascosti per ore.

Trasportati in piazza, spogliati dei loro indumenti, i granaderos sembrano docili, alcuni hanno dei cartelli autolevisi: "Sono una spia di Núñez Soto (il governatore)", dice uno di questi cartelli. In quelle ore il sindaco aveva già attivato i contatti con la Segreteria di Governo per cercare una soluzione.

Alle 17 si arriva ad un primo incontro dei rappresentanti della comunità che si riuniscono nel municipio di Actopan con una commissione del governo statale.

Due ore dopo il sindaco è arrivato nella piazza gremita dal popolo per cercare un accordo. L'incendio arde in un angolo della piazza bruciando stivali di tipo militare e giubbotti antiproiettile che erano quelli che portavano addosso coloro che adesso sono "sotto processo".

La gente non ha cessato di insultarli e di identificarli con l'aggressione, il che ha complicato la loro liberazione. Il sindaco sosteneva che non era possibile scambiarli con gli studenti arrestati, che era imprescindibile liberarli per evitare un maggiore conflitto. Tesi momenti di reclamo della comunità hanno preceduto la decisione alla fine di liberarli.


Campagna repressiva

Organizzazioni sociali ripudiano l'azione di forza

Alma E. Muñoz e Fabiola Martínez

Lo sgombero e l'arresto degli studenti della Normale Rurale di El Mexe, Hidalgo, è stata definita dal Consiglio Generale di Sciopero dell'UNAM, dal Centro di Diritti Umani Miguel Agustín Pro Juárez e dal Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell'Educazione una campagna di repressione che pone in pericolo l'accesso dei giovani con scarse risorse all'educazione superiore.

"Tutto segnala che El Mexe si è trasformato in una UNAM in piccolo, dove gli studenti si vedono repressi sempre di più", ha detto Rigoberto Hernández, studente della normale e componente della commissione di negoziato che aveva cercato mediante il dialogo, un avvicinamento con le autorità.

Rigoberto Hernández si è presentato ieri nell'auditorio Ho Chi Min della Facoltà di Economia dell'UNAM, dove si era riunito il Consiglio Nazionale di Lotta, per informare sui recenti fatti accaduti in Hidalgo.

Secondo il CGH, lo Stato "ripete" il suo meccanismo di repressione per disciogliere un movimento studentesco con l'uso della forza pubblica e con "la persecuzione dell'Esercito".

Richiede ai governi federale e di Hidalgo di "arrestare la repressione verso i normalisti" e considera responsabili Ernesto Zedillo e il candidato presidenziale priista, Francisco Labastida Ochoa, dell'integrità fisica degli studenti in lotta e dei loro familiari.

Rafael Alvarez, primo visitatore del Miguel Pro Juárez, ha detto che "la lotta dei normalisti sta dentro al diritto all'educazione e con la persecuzione di cui sono stati oggetto si pone in pericolo l'accesso dei giovani con scarse risorse all'educazione superiore. Si tratta di criminalizzare la dissidenza politica e a un problema d'índole educativo e sociale, si dà un trattamento penale in modo simile a ciò che è successo all'UNAM".

Per la segreteria stampa della sezione nove del Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell'Educazione, María Rifugio Jiménez ha affermato che la situazione in Hidalgo è "una nuova dimostrazione della repressione del governo" verso i movimenti democratici, di studenti e contadini, come nei casi di Guerrero, Oaxaca e Chiapas.

"Qui ci rendiamo conto che la strategia di Ernesto Zedillo e di Diódoro Carrasco (segretario di Governo) è di portare avanti una guerra di bassa intensità contro il popolo per far tacere le voci critiche. È chiaro che la repressione è forte contro il CGH e El Mexe".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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