COMUNICATO EZLN SULLE PROSSIME ELEZIONI

19 giugno 2000

Alla stampa nazionale ed internazionale

Signore e Signori:

Comunichiamo la nostra posizione sulle prossime elezioni. Chiediamo clemenza ai capi redattori.

Nel frattempo qui stiamo rabbrividendo e non perché il "crocchetta" Albores Guillén ha incaricato Alasraki di "risollevare" la sua immagine (probabilmente Albores cerca lavoro nella promozione di cibo per cani) né per i seicentomila dollari che sborserà (denaro destinato originariamente a "risolvere le condizioni di povertà e di emarginazione degli indigeni chiapanechi" - Zedillo dixit -). Neppure per i ladruncoli del "cucciolo" Montoya Liévano (che ora è nervoso perché sta saltando fuori che sono stati i suoi "scagnozzi", cioè i suoi paramilitari, i responsabili dell'attacco alla Polizia di Sicurezza Pubblica a El Bosque , lo scorso 12 giugno).

No, stiamo rabbrividendo perché siamo impantanati a causa della pioggia. È che tra elicotteri e tempeste, non si trova un buon tetto. Dice la mar che, sia come sia, ci sono tempeste e tempeste e non è ancora il 3 luglio. Io sospiro e maledico la mancanza di ombrelli. Che altro potrei fare?

Va bene. Salute e controllate se ci sono in giro delle pillole anticoncezionali. C'è più di un'urna che le necessita urgentemente.

Dal Comitato Promotore del Voto Inutile, pardon, dalle montagne del Sudest Messicano

El SupMarcos

Messico, giugno 2000

P.S. CHE RACCONTA UN RACCONTO AD HOC PER I TEMPI CHE CORRONO

C'era una volta un'indagine che era molto sola ed abbandonata. Vagava da una parte all'altra e nessuno la considerava. Disperata, l'indagine sola-e-abbandonata, si recò da uno specialista in tecniche di mercato e d'immagine. Il professionista costò molto caro all'indagine sola-e-abbandonata, non solo per l'assegno che dovette sborsare, ma anche per quello che le costò il taxi che la stava aspettando nei dintorni dello studio. Il fatto è che il consulente d'immagine aveva molte richieste da parte di candidati di un certo partito ufficiale. L'indagine sola-e-abbandonata seguì alla lettera le indicazioni del consulente e cambiò completamente il suo "look" (vedete come il P.S. usa un nuovo lessico).

Fatto questo, tornò negli uffici del partito. Tutti la accolsero con entusiasmo e divenne molto famosa. Mentre camminava per le strade della città, un bambino la vide e chiese a sua madre: come mai quello specchio cammina? Tan, tan.


COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO - COMANDO GENERALE DELL'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Messico, 19 giugno 2000

Al popolo del Messico

Ai popoli e ai governi del mondo

Fratelli e sorelle:

Il CCRI-CG dell'EZLN, si esprime riguardo alle prossime elezioni nazionali:

Primo. In Messico si vive una guerra. Sulle montagne del sudest messicano, negli stati di Chiapas, Guerrero, Oaxaca, Hidalgo, Puebla, Veracruz, San Louis Potosí ed in altri luoghi a popolazione indigena, decine di migliaia di soldati del governo federale e diverse forze di polizia, conducono una guerra di sterminio contro i popoli indigeni del Messico. Giorno dopo giorno, il sangue indigeno morto e prigioniero si accumula. Tra il carcere e la tomba si decide il destino degli abitanti originari di queste terre.

L'estrema povertà, la persecuzione e il mancato riconoscimento dei diritti indigeni, hanno fatto sì che non solo continui la resistenza dei popoli zapatisti nel sudest del Messico e che si mantengano attive le guerriglie dell'ERPI e dell'EPR, ma sono nati pure altri gruppi armati che rivendicano giustizia e democrazia. Pochi sono i paesi dell'America in cui sono presenti tanti gruppi armati di opposizione come in Messico.

Sebbene ignorata dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, questa guerra continua il suo corso. La sua fine non ha a che vedere con la capacità di fuoco o con il numero dei combattenti, ma con la soddisfazione delle giuste richieste e con l'apertura di spazi di partecipazione democratica.

Nello stato del Chiapas continuano gli scontri armati iniziati il 1° gennaio 1994. Nonostante l'EZLN abbia dimostrato la sua volontà per una soluzione pacifica negoziata del conflitto, i governi federali e statali continuano le loro azioni violente contro le comunità zapatiste, eludendo il compimento degli Accordi di San Andrés , con i quali si erano impegnati quasi 5 anni fa.

Con questa guerra innominabile come base, il nostro paese si avvicina al momento in cui, attraverso le elezioni, si rinnoveranno le autorità federali: il potere esecutivo e il potere legislativo.

Secondo. Durante questa campagna elettorale si è evidenziato come il ruolo di elettore del cittadino non venga rispettato. Al suo posto sono stati i mezzi di comunicazione, soprattutto quelli elettronici, che si sono fatti sentire. L'uso indiscriminato di "inchieste", molte di queste realizzate senza il minimo rigore scientifico, hanno deviato il voto dell'elettore. Adesso non è importante disputare le elezioni alle urne, bensì vincerle o perderle attraverso i titoli di testa della stampa scritta e dei notiziari della radio e della televisione.

Il cittadino non prende la sua decisione sulla base delle diverse opzioni politiche, ma attraverso i mezzi di comunicazione, cioè, attraverso l'immagine che questi offrono delle proposte politiche. La "modernità" non ha significato per il nostro paese il passaggio alla democrazia, al governo del popolo, dal popolo e per il popolo. L'esercizio del potere politico non è passato dalla classe politica ai cittadini, ma a tutti i pubblicitari, i capi redattori, i mezzibusti e i commentatori.

Se una volta si diceva che si poteva governare attraverso i mezzi di comunicazione, oggi questo è stato stravolto: ora si governa (e si discute di governo) nei ed attraverso i mezzi di comunicazione. La sostituzione del cittadino con la radio e la TV, non è democrazia, è governo virtuale, è cambiamento virtuale di governo. I palazzi del governo, gli spazi legislativi e i seggi elettorali non si trovano più nei loro luoghi reali, ma nella programmazione delle notizie.

È proprio in questo scenario, in cui la nazione è sostituita dal rating, che si è svolta la disputa elettorale. Salvo onorevoli eccezioni, i candidati alla presidenza hanno diretto i loro sforzi (e le loro risorse economiche) quasi esclusivamente sul terreno dei mezzi di comunicazione. Oltre agli ovvi profitti, i media hanno assunto un ruolo politico che travalica di molto le loro prerogative e, soprattutto, le loro capacità.

È chiaro che l'opportunità, per i partiti politici, di far conoscere le loro posizioni attraverso la radio e la televisione è una conquista importante per la democrazia. Ed è giusto che i partiti ne approfittino.

Il problema è che, non poche volte, questa diffusione non è equa (il partito ufficiale si accaparra tempi ed orari siderali) e non è una posizione politica quella che si diffonde, ma si opta per lo scandalo, l'insulto, l'infamia o il banale pettegolezzo. Ed inoltre è molto frequente che il cronista diventi giudice di chi comunica e "decida" che cosa e come informare.

Come è stato segnalato da vari lavoratori della stampa, il ruolo dei media non è quello dell'elettore ma quello del cronista. Il non capirlo o il non operare di conseguenza ha portato ad eccessi deplorevoli in più di un'occasione.

I mezzi di comunicazione in Messico hanno ora un ruolo più che determinante nella vita nazionale. È corretto riconoscere che non solo è cresciuta l'irresponsabilità professionale di alcuni, ma è anche cresciuta non poco la loro indipendenza, il loro spirito critico e la loro onestà. Tuttavia, l'attitudine responsabile nei media non è stata maggioritaria.

Non è mettendo da parte o zittendo i mezzi di comunicazione che si evita questa sostituzione della decisionalità dei cittadini, ma adeguando il diritto dei cittadini e delle organizzazioni politiche all'equità, alla verità, all'onestà e alla responsabilità dei cronisti nell'ambito politico.

Il cittadino ha diritto all'informazione vera, opportuna e completa. Non c'è legge che garantisca questo, né istanza che lo difenda o vigili sul suo compimento.

Oggi, di fronte all'attuale campagna elettorale, noi zapatisti riaffermiamo uno dei punti della nostra lotta: il diritto all'informazione ed alla cultura.

Terzo. Accesi i riflettori dei mezzi di comunicazione esclusivamente sulla contesa presidenziale, si è lasciato da parte un elemento fondamentale nella vita di una Repubblica: il potere legislativo.

Nell'imminente processo elettorale si decide non solo chi sarà il titolare del potere esecutivo, ma si eleggono anche i membri delle camere dei deputati federali e dei senatori della repubblica.

In Messico, il presidenzialismo è stato un carico pesante ed un ostacolo per la democrazia. Nonostante negli ultimi 70 anni non abbiamo avuto un presidente che non fosse del partito ufficiale, il possibile arrivo dell'opposizione alla sedia presidenziale non significa "passaggio alla democrazia" se il potere per i sei anni successivi continua ad essere concentrato in una sola persona e se i poteri incaricati di legiferare e di impartire giustizia sono elementi decorativi che si rinnovano ogni 3 e 6 anni. La sopravvivenza del sistema presidenzialista in Messico è un fatto. Che democrazia è mai questa dove per sei anni le decisioni fondamentali di una nazione risiedono in un solo individuo?

Un potere legislativo autonomo ed indipendente dall'esecutivo è imprescindibile in una democrazia. Eppure le campagne elettorali dei deputati e dei senatori sono passate in sordina. La naturale passione posta nella disputa per la presidenza, è riuscita ad occultare un progresso già visto nel sessennio che termina: un potere legislativo in lotta per la sua indipendenza ed autonomia.

Oltre che scontrarsi con l'esecutivo, il potere legislativo deve rendersi indipendente dalle dirigenze dei partiti, che non poche volte sostituiscono i leader delle fazioni parlamentari, negli accordi e nelle disposizioni che competono esclusivamente all'ambito legislativo. Legiferare non è prerogativa dei partiti politici, ma di chi è eletto democraticamente per questo compito.

Essendo in coda alle campagne presidenziali, quelle dei candidati al potere legislativo non guadagnano niente per sé e neppure ne beneficiano coloro che cercano il potere esecutivo. Sono elezioni diverse perché la loro funzione è diversa. Le legislative meritano un'attenzione che non hanno ricevuto.

Speriamo che il prossimo potere legislativo, così trascurato in queste elezioni, non svolga il suo lavoro al servizio delle direzioni di partito o dell'esecutivo eletto, ma al servizio dei messicani e delle messicane che, votanti o no, formano la nazione messicana per la quale e con la quale dovranno fare le leggi.

Oggi, di fronte all'attuale processo elettorale, noi zapatisti ci pronunciamo a favore di un autentico equilibrio dei poteri. Non solo nell'esercizio delle loro funzioni, ma anche nella disputa per i seggi. È tanto importante conoscere le proposte e le posizioni dei candidati alla presidenza della repubblica, quanto quelle di coloro che cercano di arrivare ad essere deputati e senatori. La fine del presidenzialismo è la condizione per la democrazia in Messico.

Quarto. L'attuale campagna elettorale nazionale non è stata equa. Tutto l'apparato governativo si è mobilitato dalla parte del PRI e del suo candidato. L'acquisto dei voti, la violenza morale, l'accaparramento, la minaccia e il favoritismo di alcuni mezzi di comunicazione, sono stati usati per appoggiare il candidato del PRI, Francisco Labastida Ochoa. Alcune di queste iniquità sono state segnalate opportunamente da osservatori nazionali ed internazionali, da organizzazioni non governative, da partiti politici di opposizione e dalla stampa onesta.

Oggi, di fronte all'attuale campagna elettorale, noi zapatisti denunciamo che non si tratta di una elezione di cittadini di fronte a proposte politiche e a chi le rappresenta, ma di un'elezione di stato, in cui l'opposizione si scontra non solo con il partito ufficiale, ma con tutto l'apparato dello stato messicano. Nessuna elezione in queste condizioni può essere definita "democratica".

Quinto. Nonostante l'appoggio pesante e scandaloso del governo alla campagna del PRI, il malcontento cittadino è sempre più eloquente. Oggi si dice che è possibile che il PRI non ottenga i numeri necessari per la poltrona presidenziale e che il prossimo presidente messicano sarà dell'opposizione.

Di fronte a questa possibilità, oltre alle risorse materiali della più diversa specie, si è utilizzato un argomento: l'instabilità. Come ad ogni cambio sessennale, dal governo e dai circoli affini piovono avvertenze sulla catastrofe che incomberebbe sui messicani se una persona non del PRI arrivasse alla presidenza. Guerra, svalutazione, fuga di capitali, malcontento sociale, carestia, fallimenti, disoccupazione, caos.

Per non andare molto lontani, ci sarebbe da ricordare ciò che disse Zedillo (quando l'omicidio di Colosio lo promosse a candidato), se si fosse eletto un governo di un partito diverso da quello ufficiale. Con Zedillo ci fu la crisi del dicembre 1994, la ripresa della guerra nel sudest messicano, il non compimento degli Accordi di San Andres, le stragi di Aguas Blancas e di El Charco nello stato del Guerrero, la strage di Acteal, l'entrata della polizia federale preventiva nell'UNAM, la morte di clandestini messicani negli USA, l'omicidio e l'estorsione nei confronti degli immigrati centroamericani, la fuga di capitali, la svalutazione del peso.

Abbiamo anche sofferto per: l'aumento dello scontento sociale, la proliferazione di gruppi armati attivi, il rincaro dei prodotti di base, l'aumento della disoccupazione, il Fobaproa-Ipab, il fallimento massiccio di piccole e medie imprese, i legami sempre più stretti tra il crimine organizzato ed il governo federale, l'impunità per i delinquenti dal colletto bianco, l'arresto di persone impegnate socialmente, la militarizzazione delle zone indigene, l'aumento del narcotraffico, i tentativi di privatizzazione dell'industria elettrica e petrolifera, così come la privatizzazione della scuola superiore, l'aumento dei legami di dipendenza con l'estero. Insomma: la distruzione del Messico come paese libero e sovrano. L'unica cosa buona del sessennio del signor Zedillo è che è quasi finito.

Oggi, di fronte alle elezioni, noi zapatisti ricordiamo che tutte le catastrofi e le disgrazie umane ci sono cadute addosso durante ed a causa dei governi del PRI. Durante gli oltre 70 anni nei quali il PRI ha governato il Messico, sono accaduti tutti i disastri che si supponeva potessero solo accadere con un diverso partito al potere. È difficile immaginare che la situazione possa essere peggiore con l'opposizione al governo.

Sesto. La sola possibilità che un candidato dell'opposizione arrivi alla presidenza ha provocato imbarazzo e confusione ma non solo tra le fila governative. Di fronte al possibile avanzamento dell'opposizione, in certi settori intellettuali e politici è nata l'idea del "voto utile" (o la sua versione amabile: il "voto condizionato").

In concreto, la possibilità che il candidato di Alleanza per il Cambiamento (PAN-PVEM), Vicente Fox, ottenga un numero significativo di voti, ha provocato una vera offensiva contro il candidato di Alleanza per il Messico (PRD-PT-PAS-CD-PSN), Cuauhtémoc Cárdenas Solórzano, affinché si ritiri e si unisca al signor Fox nella sua corsa alla presidenza. Gli argomenti per questo gioco di prestigio politico variano nella loro complessità, ma si possono riassumere in questo modo: l'importante è prendere Los Pinos al PRI, Fox ha delle possibilità, quindi, Cárdenas deve trasformare le sue impossibilità in possibilità per Fox ed assicurare in questo modo la vittoria sul PRI (e su Alleanza per il Messico, ma questo non lo dicono).

Quelli che propongono questo, stanno proponendo che le scelte elettorali non siano politiche (progetti di nazione e posizioni rispetto ai diversi problemi del paese) e che l'elettore non abbia la possibilità di appoggiare una o l'altra forza politica, a seconda che si identifichi o no con essa.

La rinuncia dell'Ing. Cárdenas alla lotta elettorale per la presidenza e la sua unione alla campagna di Vicente Fox, non significherebbe solo la rinuncia di una persona e la somma dei suoi voti a quelli del candidato di Alleanza per il Cambiamento. Significherebbe anche la sparizione di un'opzione elettorale di sinistra nella lotta per la presidenza. Non ignoriamo che esiste un dibattito sul fatto se Cárdenas ed il PRD siano di sinistra. Noi pensiamo che facciano ancora parte della sinistra, con tutte le critiche che si possono muovere, e segnaliamo - ed insistiamo - che la sinistra politica è più ampia del cardenismo ed, ovviamente, del perredismo.

Eliminata la sinistra dalla scena elettorale, cioè, attraverso una via pacifica del cambiamento politico, che scelta resterebbe per milioni di messicani che hanno la loro unica speranza legata al cambiamento sociale profondo? L'astensione? La guerriglia?

È evidente che i signori Vicente Fox e Cuauhtémoc Cárdenas rappresentano due progetti diversi di paese. Le proposte di uno e dell'altro hanno il sostegno di milioni di cittadini. Quale dei due sia il migliore non si vedrà dal numero di voti ottenuti, ma dai risultati che otterranno una volta al governo.

La campagna dell'Ing. Cárdenas è qualcosa di più di una campagna per il seggio presidenziale. È, per milioni di messicani e messicane, il motivo per cui si può essere di sinistra e lottare per il cambiamento senza dover entrare in clandestinità, nell'illegalità, nella lotta armata.

La rinuncia dell'Ing. Cárdenas alla lotta elettorale, significherebbe la rinuncia (almeno nell'immediato) della sinistra di partito ed istituzionale al cambiamento pacifico ed elettorale.

La storia presenta il conto prima o poi. Quelli che prima hanno rimproverato agli zapatisti di non votare il PRD, "Perché, sebbene non li convinca politicamente, è meglio del PRI, e non votare per il PRD favorisce il trionfo del PRI in Chiapas", si scontrano ora contro lo stesso pragmatismo. Ora che essi stessi rispondono che "I principi vengono per primi", hanno la risposta alla domanda: "Perché gli zapatisti non votano per il PRD in Chiapas?"

Per gli zapatisti la politica è una questione di principi, non solo di principi, ma anche di principi. Coloro i quali hanno come principio il cambiamento sociale e la lotta civile e pacifica per ottenerlo, devono agire di conseguenza, senza considerare le avversità o le congiunture se vogliono avere legittimità dal Messico di sotto.

Oggi, di fronte alle attuali elezioni, noi zapatisti ci pronunciamo per il rispetto di questa forma di lotta civile e pacifica e perché tutte le opzioni politiche (la destra e la sinistra, per usare termini geografici) siano rappresentate, in modo che il cittadino possa realmente scegliere tra queste. Rifiutiamo l'argomento del "voto utile".

Settimo. L'Istituto Federale Elettorale, oltre ad organizzare le elezioni, sarà quello che, per legge, annuncerà i vincitori nelle prossime elezioni.

Nonostante le denunce dell'opposizione e di organizzazioni non governative, il presidente dell'IFE si è affrettato ad assicurare che saranno elezioni "pulite e trasparenti". Non solo fa profezie avventate, ma questo signore pretende che i candidati dell'opposizione ed i cittadini avallino incondizionatamente il suo verdetto e che accettino i risultati di un'elezione che non è ancora conclusa. Il presidente dell'IFE ci chiede di assegnare il massimo dei voti ad un compito che non ha ancora concluso.

Moltitudini di frodi che, anche prima delle elezioni, si stanno già verificando (acquisto di voti, condizionamento di programmi governativi, iniquità nella diffusione mediatica, minacce, ricatti, ecc.) e non si vede la capacità di vigilare ed evitare che, oltre alle urne, si realizzino azioni fraudolente.

Bisogna segnalare che, in alcune occasioni, l'IFE è stato usato per cose che non hanno niente a che vedere con le sue funzioni. Un gran numero di zapatisti non possiedono la tessera di elettore. Questo perché il personale dell'IFE in Chiapas incaricato della tessera con foto in questo stato, è in combutta con i servizi segreti militari. I dati e le foto per la tessera vengono poi "passati" all'Esercito Federale affinché, con l'aiuto di "informatori" identifichino gli zapatisti ed i loro villaggi. L'IFE come braccio di controinsurrezione.

È innegabile che la riforma dell'IFE è un passo avanti e che alcuni dei suoi membri hanno sopportato forti pressioni da parte del governo e del PRI. Ma non si può chiedere a nessuno di accettare i risultati di un'elezione prima che questa si realizzi, soprattutto in un paese come il Messico, dove le elezioni sono sinonimo di un mondo parallelo pieno di Ratones Locos, Operaciones Tamales, ecc. che superano qualsiasi finzione letteraria.

Oggi, di fronte a queste elezioni, noi zapatisti dichiariamo che è già in corso una frode elettorale e che niente garantisce che il 2 luglio 2000 non culmini in una insolente imposizione con gravi conseguenze.

Ottavo. Per gli zapatisti, la democrazia è molto più che la contesa elettorale o l'alternanza al potere. È anche disputa elettorale se questa è pulita, equa, onesta e pluralista.

Per questo diciamo che la democrazia elettorale non esaurisce la democrazia. Ma è parte importante di questa. Per questo noi non siamo anti-elettorali. Crediamo che i partiti politici abbiano un ruolo da svolgere (non siamo neppure anti-partito, anche se abbiamo critiche da muovere nell'ambito partitico).

Pensiamo che le elezioni rappresentino, per milioni di persone, uno spazio di lotta degno e rispettabile.

Il momento elettorale non è il momento degli zapatisti, non solo per il nostro essere senza volto e per la nostra resistenza armata. Anche e soprattutto per il nostro affanno nel trovare una nuova forma di fare politica che poco o niente ha a che vedere con quella attuale.

Vogliamo trovare una politica che vada dal basso verso l'alto. Una politica nella quale "comandare obbedendo" sia più di uno slogan; il potere non sia l'obiettivo; il "referendum" ed il "plebiscito" siano più che parole di difficile ortografia; dove un funzionario possa essere rimosso dal suo incarico per scelta popolare.

Rispetto ai partiti politici diciamo che non ci sentiamo rappresentati da nessuno di essi. Non siamo né perredisti né panisti, tantomeno priisti.

Dei partiti critichiamo la loro distanza dalla società, la loro esistenza e la loro attività solo secondo il calendario elettorale, il pragmatismo politico che si diffonde nei loro indirizzi, l'artificio cinico di alcuni dei suoi membri, il disprezzo verso il diverso.

Democrazia è che, indipendentemente da chi sta in un posto, la maggioranza della gente abbia il potere di decidere sui fatti che la riguardano. È il potere della gente di sanzionare chi sta al governo, secondo la sua capacità, onestà ed efficacia.

Nell'idea zapatista, la democrazia è qualcosa che si costruisce dal basso e con tutti, compresi quelli che la pensano in maniera diversa dalla nostra. La democrazia è l'esercizio del potere della gente sempre e dovunque.

Oggi, di fronte all'attuale processo elettorale, noi zapatisti ribadiamo la nostra lotta per la democrazia. Non solo per la democrazia elettorale, ma anche per la democrazia elettorale.

Nono. Rispetto al nostro ruolo nella situazione nazionale, affermiamo che continuiamo a sperare nell'adempimento degli Accordi di San Andrés ed in chiari segnali, da questo o dal prossimo governo, di impegni seri per la soluzione della guerra per via politica.

Finché non ci saranno le condizioni adeguate, non ci sarà né dialogo, né negoziato.

Non vogliamo vane promesse o che ci dicano quello di cui abbiamo bisogno o quello che ci conviene. Non siamo neppure alla ricerca di un impiego come poliziotti o guardaboschi.

Vogliamo un ascolto attento, una parola sincera ed un impegno serio in un dialogo che ponga fine alla guerra.

Se, come c'è da aspettarsi, il governo del signor Zedillo insiste nella sua guerra, nel non rispetto della parola data e nella irresponsabilità come regola politica, il governo entrante erediterà una guerra, quella dichiarata dagli zapatisti il 1° gennaio 1994.

Di fronte a questa guerra il nuovo governo avrà solo due scelte:

Non ci sono altre scelte: chi al potere accarezza la possibilità di una soluzione militare "definitiva" sta sbagliando completamente.

L'EZLN non può essere annientato militarmente. Qualsiasi campagna militare offensiva contro di noi è destinata a durare non ore o giorni (come si suppone nelle alte sfere militari), neppure settimane, mesi o anni. Potranno tentarlo per interi decenni e l'EZLN continuerà, armato e mascherato, a chiedere Democrazia, Libertà e Giustizia.

Qualsiasi sia la decisione del nuovo governo, senza tenere conto della sua filiazione politica, avrà una risposta coerente da parte dell'EZLN.

Se preferisce la violenza di bassa intensità, la simulazione e l'inganno, vedrà come passa il tempo senza che si risolva il problema e dagli zapatisti riceverà disprezzo e sfiducia.

È giusto dire che nel caso il governo tentasse una soluzione militare in una qualsiasi delle sue varianti (colpo chirurgico, invasione parziale o totale delle comunità, o un'azione militare formale) si troverà con migliaia di indigeni in armi, in guerra, disposti a tutto meno che alla resa o alla sconfitta.

Non moriremo. Il martirio individuale o collettivo non rientra nell'agenda zapatista.

Per la pace o per la guerra, l'EZLN è pronto. Il nuovo governo avrà la parola e l'opportunità di scegliere.

Decimo. Per tutto quanto sopra dichiariamo che:

Fratelli e sorelle:

Questo momento non è il nostro momento. Lo sarà un giorno, quando ci sarà pace e rispetto per i popoli indios. Quando la democrazia andrà al di là di un calendario elettorale. Quel giorno, il Messico non sarà democratico solo per gli zapatisti, ma anche per loro. Quel giorno non ci staremo disputando un posto al governo, ma cammineremo a fianco di milioni di donne e uomini che, come noi, lottano per

DEMOCRAZIA!

LIBERTÀ!

GIUSTIZIA!

Dalle montagne del sudest messicano

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, giugno 2000


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo)

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