Cuarto Poder /Universal 10/08/2000

SI RINFORZANO MISURE DI SICUREZZA IN CHIAPAS

Di fronte all'effervescenza politica che sta imperando in Chiapas e per rinforzare le misure di sicurezza, da oggi si è dato il via ad una grande operazione di polizia in questo stato, ha informato il segretario del Ministero degli Interni, DIODORO CARRASCO.

Ha segnalato che nel caso si presentasse la necessità, verranno emessi ordini di cattura.

Intervistato durante un convegno tra il Ministero degli Interni e l'Istituto Federale della Difesa Pubblica, il funzionario ha lasciato intendere la possibilità di applicare la legge contro quelle persone che pretendono di violare lo stato di diritto in questo stato.

"Oggi si sta svolgendo un'operazione con l'obiettivo, una volta di più, di rinforzare le misure di sicurezza preventive, e, se necessario, di emettere ordini di cattura", ha precisato.

Carrasco si è riferito agli ultimi problemi sociali che sorti nella zona: "stiamo molto attenti alla presenza di questo gruppo - non ha specificato quale - che alcuni giorni fa si è mostrato pubblicamente". Inoltre ha segnalato che esiste un meccanismo permanente d'informazione e di coordinamento con le varie forze di sicurezza presenti in Chiapas. Settimana dopo settimana riunisce il gruppo di coordinamento, con l'obiettivo di dare continuità in maniera puntuale, sistematica, attenta ed ordinata a tutto ciò che accade in questo Stato.

Questo gruppo fa parte del Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica e, proprio oggi, ha detto il segretario, si è svolta una riunione di valutazione sullo "stato di cose in materia di sicurezza di questa entità".


Cuarto Poder 10/8/2000 - Carlos Herrera

GROSSA OPERAZIONE DI POLIZIA ED ESERCITO A EL PARAISO

Hanno partecipato 500 elementi tra poliziotti e soldati

Nella comunità di El PARAISO ieri si è organizzata una grande operazione poliziesca e militare, con l'utilizzo di circa 500 elementi tra soldati e poliziotti, al fine di detenere i civili armati che si erano impossessati di un appezzamento di terreno in questo luogo, alcuni giorni fa, situato nel Nord del Chiapas.

Durante questa incursione i soldati hanno trovato proiettili perforanti - tra i quali uno di calibro 9 mm 3 di calibro 38 speciali, uno per mitraglietta 16mm e 5 di calibro 22 - e uno zainetto di tipo militare.

Durante questa incursione hanno perquisito case e interrogato sette indigeni priisti, coinvolti nello sgombero e nell'incendio di 5 case. Non hanno però arrestato nessuno.

Inoltre i federali hanno localizzato vari fori in alcune case, presumibilmente di proiettile.

Terminata l'operazione la polizia non ha dato informazioni ai giornalisti.

Durante l'interrogatorio realizzato in una casa e senza la presenza della stampa, il responsabile dell'operazione della PGR, AMADO DEL RIO LEAL, ha interrogato gli indigeni fermati circa lo sgombero violento del precedente 3 agosto nel villaggio.

I poliziotti chiedevano ai contadini "dove tenete i fucili? Come non li avete, se state dicendo di essere armati?"

Un nativo ha risposto umilmente e in maniera nervosa: "No signore, noi non abbiamo armi".

L'operazione è durata in totale 2 ore, durante le quali i poliziotti hanno perquisito i sette fermati ed applicato la legge federale sulle armi da fuoco ed esplosivi.

Alla fine dell'operazione l'indigeno ALBINO MENDOZA ENCINO ha denunciato che i federali lo avevano picchiato: "Ci hanno picchiato col fucile, obbligandoci a dire dove stavano le armi. Gli abbiamo detto di lasciarci in pace, che non siamo d'accordo con questi metodi". "Quello che vogliamo è protezione in quanto siamo i legittimi proprietari di questi terreni", ha commentato l'indigeno che, differentemente da altre occasioni, oggi si è mostrato più disponibile con i giornalisti. Inoltre ha annunciato che presenterà una lamentela presso organismi difensori dei diritti umani.

Alla fine una parte delle forze di sicurezza che hanno partecipato in questa operazione si è stabilita sul luogo, come misura preventiva.

"Qui adesso dove c'erano i paramilitari, ci sono i soldati", ha commentato un indigeno.

Nel capoluogo municipale di Yajalon, dieci chilometri da qui, intanto, i priisti e i perredisti che si stanno disputando il terreno hanno tentato un avvicinamento per risolvere il problema, accordando di incontrarsi sabato 12 agosto.

Nel frattempo le famiglie scacciate dalle loro case continuano a rimanere nella montagna.

Non siamo riusciti, in questa occasione, a parlare con loro. Si sa solo che hanno paura di ritornare nelle proprie case perché potrebbero essere attaccate dai "paramilitari".Da parte sua, il procuratore di Giustizia dello stato. MONTOYA LIEVANO, ha detto che in questa zona ci sono gruppi di civili armati "tanto che la polizia giudiziale dello stato e la Sicurezza Pubblica, incontrano giornalmente sulle strade persone armate". Però "quello che abbiamo detto è che non c'è nessun dato evidente sul fatto che esistano gruppi paramilitari..." Comunque ha chiesto "che la PGR porti a termine le sue indagini fino alle estreme conseguenze e se dovesse riscontrare l'esistenza di un solo gruppo paramilitare, proceda con tutta l'energia che la legge gli consente", ha infine commentato il procuratore...

"Le fotografie pubblicate hanno molto merito e ci congratuliamo con il giornalista che si è azzardato a pubblicarle, perché grazie a queste foto adesso abbiamo l'evidenza e non solo le voci di ciò che potrebbe succedere in questo luogo", ha terminato il procuratore.

Dai risultati dell'operazione, ottenuti con le perquisizioni effettuate, la PGR ha detto che "non si sono localizzate persone armate e per questo motivo non si è proceduto all'arresto di nessuno. Sono state solamente interrogate 7 persone dopo aver ritrovato proiettili di diverso calibro".


San Cristobal de Las Casas, 10 agosto 2000

MANIFESTAZIONE INDIGENA dell'ASSOCIAZIONE CIVILE "LAS ABEJAS"

corrispondenza da S.C.L.C. a cura di Oscar

Nel giorno internazionale dei Popoli Indigeni, il 10 di agosto, le popolazioni totziles e tzeltales di Los Altos del Chiapas, rappresentate nell'organizzazione civile LAS ABEJAS (le api), hanno realizzato una mobilitazione di oltre 1200 indigeni appartenenti a questa organizzazione e provenienti da varie comunità di sfollati del municipio di CHENALÒ.

Queste persone si sono ritrovate al villaggio di ACTEAL provenienti da Xoiep, La Libertad e da altre 15 comunità di rifugiati all'alba di oggi e sono salite sui 60 camion che le hanno trasportate fino alla chiesa di San Martin, due chilometri fuori da San Cristobal.

Qui si sono organizzate in corteo, mettendo in testa le 45 bare nere di varie dimensioni che dovevano ricordare la strage avvenuta ad Acteal il 22 dicembre del 1997, quando 45 indigeni tra donne, anziani, bambini e uomini, sono stati barbaramente uccisi dal gruppo paramilitare Mascara roja.

Dopo un lungo giro attorno alla città, il corteo è entrato nello zocalo percorrendo la via Insurgentes, tra gli sguardi meravigliati dei turisti e degli abitanti di questa città, gridando slogan contro il malgoverno, per la smilitarizzazione del territorio, contro le bande paramilitari e per l'indennizzo alle vittime, molte volte promesso ma mai concretizzato.

Nel volantino che distribuivano si può leggere "Noi, Società Civile LAS ABEJAS, in maggior parte rifugiati ed allontanati con la forza dalle nostre comunità di origine dai gruppi di paramilitari e dal Governo del Chiapas e del Messico, stiamo oggi manifestando ENERGICAMENTE la nostra contrarietà, perché stiamo vivendo soggiogati dall'ingiustizia, dalla povertà, dall'emarginazione e dalla esclusione".

Arrivati nella piazza della Cattedrale, dove l'enorme croce in legno è stata tolta e sostituita da aberranti panche in cemento nei giorni che hanno preceduto l'insediamento del nuovo vescovo, le autorità indigene hanno presentato gli altri municipi, solidali con la manifestazione.

Erano presenti rappresentanti di Las Margaritas, La Indipendencia, Venustiano Carranza e Amantenango del Valle, tra gli altri, a raccontare episodi di violenza recenti e passati che tutti hanno subito.

"Oggi stiamo manifestando per ricordare la nostra sofferenza come rifugiati di guerra. Siamo attraversati da molto dolore, paura, malattie e morte, mentre il governo statale e federale continuano ad offendere la gente che soffre, aprendo ancora una volta le ferite, dicendo che aiuta i rifugiati, dicendo che essi stanno diminuendo, che già vivono tranquilli nelle loro comunità di origine e che già la pace è ritornata, mentre invece si continua a violare i diritti delle popolazioni indigene e continuano senza aver ottemperato alle leggi internazionali sui diritti umani e sui diritti dei popoli indigeni", si legge nel comunicato.

La piazza, che può contenere fino a diecimila persone, appare macchiata dai tanti colori differenti degli abiti delle donne delle molteplici comunità, che si siedono a riposare e ad ascoltare le parole degli oratori.

Poca stampa locale e nazionale. Si notano un paio di telecamere ed alcuni fotografi che, tra una foto e l'altra chiedono i motivi di questa manifestazione non preannunciata.

Le risposte degli organizzatori: "Esigiamo completa giustizia" riferendosi al fatto che solo alcuni autori materiali della strage di Acteal sono stati incarcerati, ma tutti i mandanti sono liberi ed esercitano le loro professioni in alti ranghi del potere. È infatti il caso del l'ex governatore RUIZ FERRO, contro il quale si scatenano la maggior parte degli slogan, il quale, governando nei giorni della strage, è stato "punito" dal governo centrale con l'incarico di ambasciatore messicano a Washington.

"Esigiamo l'indennizzo di tutto per tutto ciò che ci fu rubato e distrutto". Il governo, in una trattativa ora sospesa con l'organizzazione, pretendeva di dare loro i soldi di indennizzo solo dopo che gli indigeni fossero ritornati nelle proprie comunità, senza aver smantellato le bande paramilitari che, tuttavia, là risiedono.

"Esigiamo la smilitarizzazione del Chiapas. Esigiamo la sicurezza per ritornare nelle nostre comunità. Esigiamo il compimento degli accordi di San Andres": queste le altre richieste urlate dal palco e dagli slogan.

Con questa manifestazione, questi civili organizzati, vittime di guerra, a volto scoperto e con la dignità che li rappresenta, ormai in ogni parte del mondo, si sono con determinazione inseriti nel processo elettorale in corso, affinché risulti chiaro (se già chiaro non fosse) che le prossime elezioni del 20 agosto non potranno non tener conto della loro esistenza.


( a cura di OSCAR <edmea29@hotmail.com>)



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