da il manifesto del 9 febbraio 2000
MESSICO
UNIVERSITÀ: MANIFESTAZIONI CONTRO LO SGOMBERO POLIZIESCO
Unam, sciopero della fame degli studenti in carcere
Leader del comitato di lotta arrestato dopo un dibattito in tv
- GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS
Scocca a Città del Messico l'ora della caccia alle streghe e delle manifestazioni di protesta, della solidarietà di intellettuali e movimenti politici e della soddisfazione dimezzata di una destra a cui la repressione del movimento universitario sembra non bastare.
Eppure lo show domenicale costituito dallo sgombero forzato dell'università nazionale autonoma di Città del Messico era sembrato efficiente, con le telecamere di TvAzteca e Televisa che alle sei e trenta del mattino seguivano i 2.600 poliziotti della nuova Polizia Federale Preventiva nella gigantesca operazione che ha "liberato" l'Unam dopo quasi dieci mesi di occupazione, a prezzo di mille arresti complessivi.
Il linciaggio cui i principali media hanno sottoposto il movimento studentesco, riducendolo alla componente ultra dei "cattivi", è pari solo all'accanimento dimostrato dalla magistratura. L'accusa di terrorismo, che prevede fino a 40 anni di carcere, sembra decisamente sproporzionata di fronte all'arsenale sequestrato: un machete, sei piantine di marijuana e quattro molotov.
L'assalto poliziesco alla città universitaria era stato accuratamente preparato nei giorni scorsi. Per portare via i 750 arrestati, era già pronta un'intera scuderia di pullman da turismo. Se è vero che 292 giorni di paralisi della maggiore università pubblica latino-americana stavano cominciando a diventare un record imbarazzante per gli occupanti, spesso prigionieri delle proprie contraddizioni, non si può negare che il movimento studentesco - il primo di questa forza dopo la strage di Tlatelolco nel 1968 - ha ottenuto due importanti vittorie, bloccando i piani governativi per privatizzare l'università e imponendo l'idea che una riforma universitaria deve passare per un convegno aperto a tutte le componenti accademiche.
Certo, la difficoltà di unificare l'assemblearismo studentesco in una linea d'azione coerente ed efficace, la presenza di un settore intransigente molto rumoroso e soprattutto la caparbietà e l'arroganza del precedente rettore, Barnés de Castro, che aveva bloccato per sei mesi ogni possibilità di dialogo hanno fatto perdere molto tempo, consumando la popolarità del movimento. E i rapporti con il governo della capitale, attualmente amministrata dal Prd, la principale opposizione di sinistra, non sono stati rose e fiori.
Un referendum universitario, cui ha partecipato meno della metà degli aventi diritto e il cui risultato incoraggiava la ripresa del dialogo, è stato trasformato in un mandato al recupero poliziesco dell'università. Pochi giorni fa un annuncio pagato sulle pagine dei maggiori quotidiani, firmato dall'alto clero messicano e da un gruppo di imprenditori senza scrupoli, invocava la "mano dura" in linea con le dichiarazioni di Francisco Labastida, attuale candidato presidenziale del Pri ed ex ministro degli interni.
Quello che conta, per il regime, è il ristabilimento dell'ordine e della legalità. Che si capisca che chi ha il monopolio della forza è disposto a esercitarla, specie contro i movimenti sociali di protesta. Che il modello neoliberale di mercificazione della cultura si impone col manganello. Che l'autonomia universitaria è un ricordo da soffitta. Che, in anno di elezioni generali, i "voti della paura" - così preziosi nel 1994 - sono facili da seminare e da raccogliere.
I familiari degli studenti arrestati hanno già inscenato due manifestazioni spontanee di protesta che hanno raccolto più di 15mila manifestanti. Fra i più di mille giovani arrestati, 200 hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro questa ennesima illegalità del regime. Rodrigo Figueroa, un giovane membro del CGH, è stato arrestato all'uscita di un dibattito nella sede di TvAzteca e gli scrittori Elena Poniatowska e Carlos Monsivais hanno denunciato la "caccia alle streghe" lanciata dal governo, definendo "grottesche" le accuse - fra cui lesioni, danneggiamento, sabotaggio, associazione delittuosa e terrorismo - e il ricorso al concetto di "pericolosità sociale" per mantenere in carcere i leader identificati del movimento.
Il Partido de la Revolución Democrática si è finalmente schierato a difesa degli studenti, chiedendone l'immediata liberazione e l'uscita della polizia da tutte le installazioni universitarie. Uno degli studenti arrestati ha avuto il tempo di dichiarare: "La nostra lotta è conseguenza delle infami condizioni politiche, sociali ed economiche del paese."
L'unico a non rendersene conto sembra essere il governo del presidente Zedillo, appena rientrato da un tour europeo a Davos e in Spagna, che continua a dipingere il Messico come un paese prospero e felice, in cui i diritti umani sono rispettati e gli indicatori economici più che positivi, specialmente per il capitale straniero.
Marcos: "In queste aule si gioca il futuro del paese"
Comunicato del "sup" contro le violenze pubblicato proprio nel giorno dell'assalto
In un comunicato redatto prima della riconquista poliziesca della città universitaria - ma dopo la sua prova generale, l'attacco "studentesco" alla Preparatoria 3 - e pubblicato quasi profeticamente dal quotidiano La Jornada proprio il giorno in cui gli agenti sgombravano manu militari l'università, il subcomandante Marcos ha accusato il rettore dell'Unam, José Ramón de la Fuente, di "simulare un'apertura al dialogo mentre si preparava il colpo repressivo contro il movimento studentesco che, rivendicando un'educazione pubblica e gratuita, mantiene occupata l'università".
"Il lavoro sporco - scrive nel comunicato Marcos - è stato affidato a chi comanda un gruppo paramilitare formato dall'attuale candidato del Pri alla presidenza della repubblica, il signor Francisco Labastida Ochoa. Si tratta del militare Wilfrido Robledo, capo dell'autodenominata Policía Federal Preventiva. Per poter nascondere le sue complicità e i suoi insuccessi nella lotta al crimine organizzato (particolarmente al narcotraffico), il signor Robledo ha pianificato nei minimi dettagli l'attacco alle installazioni universitarie".
"E' sempre più chiaro - afferma il comunicato - all'interno della comunità universitaria e fra le forze progressiste, che la questione 'università chiusa o aperta' è un falso dilemma. Tutti gli universitari e tutti i messicani vogliono che l'Unam svolga il suo lavoro di docenza, ricerca e cultura. Il movimento studentesco universitario ha espresso chiaramente il suo desiderio che il conflitto finisca e l'università riprenda a lavorare con normalità, secondo il suo spirito. (...) Ora il centro del dilemma è se le giuste rivendicazioni studentesche si risolvono con l'esercizio del dialogo o con il ricorso alla violenza".
"Di fronte al conflitto nell'Unam la destra ha mostrato stupidità, cecità storica e autoritarismo. La parte più retrograda del paese - continua il subcomandante) - si è pronunciata per il no al dialogo e per la violenza contro chi dissente dal suo progetto politico, economico e sociale. Secondo questa concezione, tutti i tentativi democratizzatori, tutte le domande di giustizia, tutte le lotte per la libertà sono 'incidenti minori della storia' il cui destino dev'essere il carcere, la tomba o l'oblio."
"La vile aggressione del governo federale contro gli studenti non deve essere fatta passare impunemente. Oggi l'importante non è se si è o no d'accordo con le rivendicazioni degli studenti, se si è o no d'accordo con i loro metodi, se si è o no d'accordo con il Consejo general de huelga, se si è o no d'accordo con l'occupazione. Oggi l'importante è che non possiamo permettere che l'uso della forza sia il metodo per affrontare le rivendicazioni sociali. Le forze progressiste e di sinistra sono per il dialogo, e non importa che le loro concezioni del potere o delle forme di lotta siano diverse".
"La fine della politica che annuncia l'oggi di Zedillo - conclude Marcos - è la promessa di un incubo per tutti i messicani nel domani di Francisco Labastida. Il periodo elettorale, presunta panacea della democrazia, inizia con 251 detenuti politici (dopo il blitz di domenica, 1069, ndr), giovani studenti, molti di loro minorenni. (....) Quello che è in gioco è il futuro di un paese in disputa fra chi lo vuole governare con la punta delle baionette e chi lo vuole libero, democratico e giusto."
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