da il manifesto dell'8 febbraio 2000

IL PRESIDENTE ZEDILLO: "HO ORDINATO IO L'INTERVENTO"

Assalto all'università, il movimento va in galera

Domenica all'alba mille arresti stroncano 9 mesi di occupazione

- MASSIMO MODONESI - CITTA' DEL MESSICO

L'occupazione studentesca che da più di nove mesi bloccava l'Università nazionale autonoma del Messico (la più grande di tutta l'America Latina, con oltre 350mila studenti) è stata stroncata all'alba di domenica tra i caschi, gli scudi, i manganelli e le manette. Più di duemila agenti in tenuta anti-sommossa hanno fatto irruzione nella città universitaria circondando l'auditorio di Filosofia (ribattezzato "Auditorio Che Guevara") in cui il movimento aveva appena concluso dieci ore di assemblea e deciso di ricominciare il dialogo. Senza sparare un colpo, sono stati arrestati 632 studenti, l'intero vertice del Consejo general de huelga (Cgh) e altri giovani che occupavano le facoltà. Questi arresti si sommano a quelli degli scontri di martedì scorso e portano il numero di studenti detenuti a 996. Neanche nel '68, dove lo stato aveva optato per la strage, la reazione era stata così vasta.

La scelta della repressione è maturata nelle ultime settimane. Il rettore Josè Ramon De la Fuente - ex ministro della salute incaricato dal presidente Zedillo di risolvere il conflitto - aveva mostrato inizialmente di voler discutere le richieste del movimento: mantenere la gratuità dell'insegnamento e il carattere pubblico della Unam. Poi ha tentato di ottenere una vittoria di immagine imponendo questa decisione unilateralmente, al margine dei negoziati con gli studenti, attraverso un referendum sulla sua proposta che ottenne - contando sul clima di insofferenza creato in questi mesi - poco meno della metà dei voti dell'intera comunità, che in maggioranza si è astenuta. Ottenuto questo appoggio, il rettore lo ha interpretato come una clava. Dall'altra parte, il movimento studentesco ha rifiutato il risultato del referendum e si è chiuso a riccio, sottovalutando i successi già ottenuti, il crescente isolamento e il clima sempre più ostile.

Sono iniziate quindi le provocazioni e finalmente si è arrivati allo scontro fisico di martedì scorso, l'irruzione nella Scuola preparatoria n. 3 da parte di un gruppo di provocatori appoggiato dai servizi di sicurezza dell'università (per legge la polizia non potrebbe entrare nell'ateneo) e la risposta degli attivisti del movimento, le botte, il lancio di pietre e bottiglie, i feriti, una nuova occupazione e poi la polizia federale e gli arresti, circa 250. Sono poi scattate le richieste di arresto da parte della procura di altri 450 studenti, sulla base di accuse che variano dal furto alla sommossa, dal vandalismo al terrorismo. Giovedì De la Fuente ha lanciato un ultimatum al movimento intimando di restituire l'università e invitando una delegazione del Cgh a un dialogo tra sordi. A quel punto le condizioni per l'irruzione della polizia erano tutte sul tappeto: l'esasperazione dell'opinione pubblica, il clima forcaiolo creato dalla tv di regime e dalla destra, le divisioni nel movimento e l'isolamento del Cgh, il fallimento dei tentativi tardivi di dialogare con gli studenti pro-trattativa.

La scelta della repressione, nonostante tutto, comporta una serie di costi. In primo luogo produrrà un ricompattamento dei settori democratici, che non dimenticano il '68 e ai quali risulta inaccettabile l'arresto in massa di un intero movimento studentesco. Mentre il presidente Zedillo ha rivendicato a reti unificate la repressione, una risposta immediata è venuta dai padri di famiglia che hanno promosso una manifestazione per la libertà dei propri figli universitari in prigione, mentre si succedono le prese di posizione di organizzazioni sociali e di intellettuali. Inoltre non è giunto a segno il tentativo di coinvolgere il governo di Città del Messico, in mano al centrosinistra, che non ha accettato di usare la forza per reprimere il movimento e oggi si schiera a difesa degli studenti. La parola passa ora ai quei vasti settori della società messicana che, pur criticando gli atteggiamenti radicali del movimento, ne condividono le richieste e ne comprendono le ragioni e le origini. Se questi nove mesi hanno fatto affiorare le fratture e le diverse posizioni politiche, i fatti di domenica possono riportare l'iniziativa nel campo democratico. Nel frattempo un movimento studentesco che, con tutti i suoi difetti, era una manifestazione legittima di resistenza all'ondata liberista è oggi rinchiuso in prigione.


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