il manifesto, 5 Dicembre 2000

Le condizioni di Marcos

Il "Sup" rompe il silenzio e apre a Fox

A febbraio sarà a Città del Messico, dialogo o non dialogo

GIANNI PROIETTIS - LA REALIDAD (CHIAPAS)

Davanti a un gruppo di circa 150 giornalisti e un nugolo di telecamere in fibrillazione, il subcomandante Marcos, affiancato dai comandanti Tacho e Moisés, ha preso la parola. Il silenzio zapatista, che durava da più di cinque mesi, stava cominciando a impensierire e aveva dato adito alle voci più disparate: che l'Ezln fosse lacerato da lotte intestine, che il suo mitico portavoce fosse stato fatto prigioniero dal comandante Tacho e consegnato all'esercito, che fosse gravemente ammalato o addirittura morto.

Eccolo qui, invece, in ottima forma, con quell'eterno berretto rammendato che gli dà un'aria posmoderna da generale dei centri sociali. Con una puntualità più britannica che messicana, il sup prova i microfoni. Intorno, a discreta distanza, le donne, i giovani e i bambini della comunità guardano la scena, interessati e curiosi.

Mentre gli ultimi giornalisti stanno passando per il posto di accreditamento zapatista, dove i controlli sono meno rigorosi del solito, Marcos obbedisce agli ordini gridati dai fotografi.

Profilo destro, profilo sinistro, profilo centro, ognuno ha diritto al suo scatto. Poi la conferenza comincia davvero. Con la lettura di un lungo messaggio diretto al presidente Fox, il guerrigliero-poeta ricorda i sette anni - 2.525 giorni, puntualizza - in cui gli zapatisti sono stati attaccati, accerchiati e perseguitati dall'esercito. "Durante duemila di questi giorni, lo hanno fatto violando la legge per il dialogo, approvata dal Congresso il 10 marzo del 1995". Si giustifica quindi la sfiducia degli zapatisti nei confronti del governo.

E si criticano, con ironica franchezza, le posizioni populiste di Fox sui problemi degli indios, che il neopresidente ha promesso di risolvere dotandoli di "televisione, macchina e negozietto". "Il suo programma di 'sparisca un indio e si crei un imprenditore' non sarà permesso sui nostri suoli. Qui, e sotto molti altri cieli messicani, essere indio non ha a che fare solo con il sangue e l'origine, ma anche con la visione della vita, la morte, la cultura, la terra, la storia, il domani. Hanno fallito quelli che hanno tentato di eliminarci con le armi. Fallirà chi prova a eliminarci trasformandoci in 'impreditori'".

Dopo queste precisazioni, poco diplomatiche ma necessarie, il sup accorda il beneficio del dubbio alle buone intenzioni di Fox riguardo alla pace. E' pur vero che, mentre venerdì scorso il nuovo presidente si cingeva della fascia tricolore, 53 posti di blocco militari venivano smantellati sulle strade del Chiapas. Nel venire qui a La Realidad da San Cristóbal, per la prima volta in sette anni non si è vista neanche una divisa. Mossa propagandistica o inizio del ritiro militare? Lo si saprà nei prossimi giorni.

Il messaggio a Fox si conclude con una nota di speranza e un invito alla trattativa. Se l'esecutivo è disposto a dare tre chiari segnali di distensione e buona volontà - approvazione legislativa degli accordi di San Andrés, liberazione dei detenuti politici zapatisti e ritiro definitivo di sette basi militari indicate - l'Ezln tornerà al tavolo delle trattative.

Marcos ributta così la palla in campo avversario. E conclude: "Quello che sarà in gioco non è se noi ci opponiamo a ciò che lei rappresenta e quello che lei significa per il nostro paese. Su questo non ci deve essere alcun dubbio: noi siamo i suoi contrari. Quello che sarà in gioco è se questa opposizione si realizza per canali civili e pacifici o se dobbiamo continuare insorti in armi e con il volto coperto fino ad ottenere quello che cerchiamo, che non è altro, signor Fox, che democrazia, libertà e giustizia per tutti i messicani".

Poi, un altro annuncio da otto colonne: 24 comandanti zapatisti, fra cui lo stesso Marcos - praticamente lo stato maggiore dell'Ezln - viaggeranno a Città del Messico a febbraio per sensibilizzare il Congresso sull'approvazione della ley indigena formulata dalla Cocopa, la commissione interparlamentare di mediazione, fin dal 1997. Questo viaggio si farà "indipendentemente dal fatto che il dialogo con il governo si sia riallacciato o no".

Dopo la lettura di quest'ultimo annuncio, i giornalisti, fra cui non si vedono inviati di nessuna grande testata italiana, cominciano a mitragliare di domande. Se gli zapatisti andranno armati e con i passamontagna nella capitale, se una visita di Fox a La Realidad sarebbe ben accetta o no, se l'Ezln, una volta fatta la pace con il governo, vuole trasformarsi in una forza politica.

A quest'ultima domanda, il subcomandante Marcos risponde di sì senza esitazione, ma chiarisce che non si trasformerebbero in un nuovo partito politico, "perché gli zapatisti non lottano per la presa del potere, come i partiti tradizionali, ma per l'organizzazione dei cittadini al fine di ottenere dal potere attenzione e buon governo".

"Non stiamo pensando in candidarci", sorride Marcos, "ma in fare politica apertamente".

Sul viaggio a Città del Messico, sottolinea "l'importanza che ha per noi la legge sui diritti e la cultura indigena, come passo previo alla fine della guerra, e l'importanza che attribuiamo al Congresso" nella soluzione del problema.

Per spiegare il silenzio zapatista degli ultimi cinque mesi, dice: "Temevamo che, fino all'ultimo giorno del governo Zedillo, potesse esserci un'offensiva militare e ci siamo preparati a questa eventualità".

Il governo Zedillo, in effetti, qualche dispettuccio l'ha fatto, prima di uscire sbattendo la porta. Il decreto di espropriazione di tre ettari della comunità di Amador Hernandez per costruirci una base militare è apparso chiaramente come un animoso castigo a quei coraggiosi campesinos, da più di un anno in lotta per impedire la costruzione di una strada militare.

E il citatorio della Migración alla deputata di Rifondazione, Tiziana Valpiana, che viaggiava insieme ad Alfio Nicotra, Luca Casarini e il gruppo dei 40 italiani che portavano la famosa turbina a La Realidad, esprimeva l'astio di un governo ipocrita e xenofobo contro una nazione che in questi anni si è segnalata per la solidarietà agli zapatisti e le iniziative di diplomazia popolare.

Dopo la conferenza stampa, già all'imbrunire, il sup ha avuto un breve incontro con i turbineros e li ha ringraziati per l'impresa, che ha richiesto tre anni di lavoro e numerose sottoscrizioni. "Ci piacerebbe, più in là, venire in Italia e portare qualcosa in contraccambio, perché la solidarietà deve essere a doppio senso".

Due minuscole zapatiste a piedi scalzi guardano ammirate i vistosi tatuaggi sulle braccia di uno strumentista dei 99 Posse. Una delle due, la più osé, prova a sincerarsi con il dito insalivato che non si tratta di una decalcomania. I comandanti zapatisti scompaiono quasi magicamente nella notte, i giornalisti attraversano la spianata fangosa per rimettersi in viaggio. E comincia la festa offerta dalla comunità ai turbineros italiani.


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