La Jornada, 4 luglio 2000

La strana sconfitta

Adolfo Gilly

Tre tratti dominanti presenta il risultato elettorale del 2 luglio:

  1. La vittoria elettorale dei moderni conservatori con alla testa il virtuale presidente eletto Vicente Fox.
  2. La schiacciante sconfitta del PRI e la dissoluzione dello stretto cordone tra questo e lo Stato, vale a dire, la disgregazione del regime del partito dello stato.
  3. La sconfitta dell'opposizione cardenista e del PRD come alternativa al regime del PRI e, dalla notte stessa del 2 luglio e a partire dalle dichiarazioni di Cuauhtémoc Cárdenas, la sua costituzione in opposizione democratica e di sinistra al governo foxista dei conservatori moderni.

Desidero riferirmi a ciascuno dei punti precedenti.

I.

Il regime del PRI non è stato sconfitto dalla sinistra democratica, come è successo nel 1997 in Città del Messico, ma per i moderni conservatori, lontani eredi dei loro antenati del secolo XIX. Sarebbe superficiale togliere importanza alla dimensione storica di questo fatto: per la prima volta dalla Riforma il Messico avrà un presidente che espressamente rifiuta la tradizione di Benito Juárez e reclama quella dei cristeros.

Il fattore di fondo nella vittoria di Fox sta, a mio giudizio, più in là delle tecniche di mercato e delle alleanze di occasione. Risiede nella svolta verso il conservatorismo e verso la destra politica di un settore significativo della società messicana, che comprende oggi più di quel 20 per cento conservatore tradizionale che sempre votò per il PAN. Le riforme saliniste, similari alle riforme di altri paesi dentro al Consenso di Washington, hanno contribuito a produrre cambiamenti socioeconomici e in parte culturali. È da notare il voto giovane per Fox, non solo della gioventù dorata che appariva nei loro meeting, ma anche di altri ai quali la Rivoluzione messicana e i rituali dello stato della rivoluzione non dicono niente, mentre l'indurimento istituzionale e la gran bugia del PRI sono solo causa di rifiuto.

Le bugie di Fox sono di altro tipo e per adesso i suoi non si fermano a pensarci. Alcuni perché hanno solo pensato a come togliere di mezzo il PRI, altri perché ciò che volevano in fondo era togliere di mezzo i rifiuti. La ragione del vuoto discorso di Fox nella notte del 2 luglio non è perché non abbia nulla da dire, ma perché non voleva dire niente per non entrare in conflitto con una e con l'altra parte del suo eterogeneo elettorato. Ormai siederà su quella poltrona e farà sapere agli ingenui chi è che comanda.

È ovvio che il nuovo presidente conservatore del Messico ­ alla Thatcher, alla Reagan, alla Menem che era meno letterato di lui ma si è fatto rieleggere ­ non potrà rispettare le sue contraddittorie e incongruenti promesse su occupazione, salari, educazione, privatizzazioni, riduzione di imposte, estensione dell'IVA, Chiapas, aumento annuale del PIB nel 7 per cento e altre improvvisazioni simili. Però una volta al potere, avrà a sua disposizione la PFP e sarà il comandante in capo dell'Esercito. Non sto suggerendo che si tratterà di una dittatura, ma che il suo programma certo avrà bisogno dell'impiego di molta forza. Allora sapranno che aspettarsi coloro che hanno definito "repressivo" il governo di Cuauhtémoc Cárdenas nel Distretto Federale.

Vicente Fox completa il programma delle riforme saliniste, quello che il Consenso di Washington chiama seconda generazione di riforme dopo la deregulation finanziaria e commerciale e le grandi privatizzazioni; l'educazione sotto il comando del mercato, lo smantellamento finale della protezione sociale, le imposte regressive, la riforma della Legge Federale del Lavoro per flessibilizzare le relazioni in campo lavorativo, per eliminare diritti e garanzie e terminare di distruggere i contratti collettivi (e, quindi, i sindacati corporativi del PRI).

Verso la metà del suo periodo è possibile che Fox scopra che sei anni non sono sufficienti per il suo progetto e voglia promuovere pure una riforma costituzionale che permetta la sua rielezione.

La regola d'oro del suo governo sarà l'apertura al capitale privato di tutto ciò che resta del patrimonio comune della nazione, portando fino in fondo lo spirito e la lettera delle controriforme saliniste all'articolo 27: beni culturali, petrolio, terre comunali, riserve forestali. Se nessuno ferma lui e i suoi accompagnatori, avremo un paese di club di golf, frazionamenti esclusivi e alcune persone molto ricche in auto blindate del modello dell'anno. Questo paese ha già iniziato con Salinas, il gran vincitore storico, anche se non politico, di queste elezioni.

Continueranno a pagare quelli a pensione fissa, i poveri, i contadini, i fregati di sempre, come al nuovo presidente piace chiamarli: questo 70 per cento della popolazione che guadagna tra uno e tre salari minimi.

Come ha dichiarato Fox tempo fa, la sua politica macroeconomica sarà uguale a quella di Ernesto Zedillo e di Carlos Salinas. Ha promesso d'includere alcuni preminenti rappresentanti di quella politica nel suo gabinetto economico. Nei prossimi mesi, i segretari che formano il suo gabinetto lavoreranno in stretta collaborazione con quelli del gabinetto di Zedillo. Nessun cambiamento, ma ferma continuità in questo terreno.

II.

Vicente Fox dovrà smantellare in molti casi e in alcuni riciclare al suo servizio la subordinazione dei mezzi di comunicazione: stampa, televisione, radio, questo impero che il PRI ha mantenuto sempre sotto il suo controllo. Molto più lavoro ancora gli costerà farlo con i grandi cacicazgos regionali priisti, con i quali non potrà far altro che negoziare e pattuire e perfino includere alcuni nel suo "governo plurale".

Senza dubbio, la gran novità è che quei cacicazgos regionali, agrari, economici, clientelari e corporativi hanno perso il 2 luglio la loro matrice e il loro punto d'unità: il governo federale, lo stato e la relazione di questo con il suo partito, il PRI. È molto molto presto per sapere come si riciclerà questo apparato politico e il suo equipaggio di politici, operatori e mapaches. Però non sparirà, dato che continua ed essere una parte importante della realtà.

È possibile che il PRI vada alla deriva, in un primo momento, verso una specie di confederazione di cacicazgos e mafie in riflusso e in guerra tra di loro, una regressione al primo PNR e al comando precedente. Però questo mondo di oggi è un altro da quello e gli interessi e i simboli di potere differenti: le finanze, i frazionamenti moderni, gli imperi economici, le mafie e il narcotraffico. Di sicuro il primo a riciclarsi, perché naviga come una lancia e non come un galeone, sarà, o già l'ha fatto, il narcotraffico. Gli indizi abbondano sotto gli occhi di tutti.

I grandi perdenti, in cambio, sono i contadini, questa vasta porzione di Messico che secondo l'INEGI sono 25 per cento della popolazione e secondo una stima ad occhio molti di più, molti di loro travestiti da cittadini. La presenza di Fox significa la rottura finale del prolungato patto dello stato messicano con i contadini, ultima e perversa forma di questo patto erano ancora il Progresa e le basi rurali del PRI. Non ci saranno per loro sonagli, radio e tele, ma un maggiore abbandono e una depredazione maggiore, che si trasformeranno in protesta e organizzazione, perché ad organizzarsi avevano proprio appreso negli anni '70, anni che secondo Fox sono stati di pura dittatura e oppressione.

III.

Le riforme foxiste, continuazione e culmine delle riforme saliniste, troveranno la resistenza del Popolo del Messico. Non all'inizio quella di coloro che hanno contribuito con il loro voto a portarlo al potere in nome dell'alternanza. Molti di questi rimarranno esterrefatti a vedere tutto quello che farà con questo potere senza rendere conto a nessuno.

La resistenza verrà da un altro universo, da quello che ha riempito le piazze e le strade durante la campagna cardenista e ha votato per il PRD, da quello che per forza o per abitudine ha votato per candidati del PRI, da quello che non ha votato perché non credeva in nessuno e non aveva voglia di votare, da quell'universo che nelle vite e nelle aspettative incarna un paese e un programma diametralmente opposto a quanto rappresentano Fox, il PAN e i loro accompagnatori d'occasione.

Se Cárdenas e il PRD avessero ceduto, come alcuni volevano, alle parole sul voto utile, avrebbero fatto il più inutile dei gesti: lasciare soli i suoi e dissolversi nella maggioranza foxista, farsi corresponsabili di quello che Fox farà, abbandonare i poveri e i meno poveri del Messico fuggendo, per opportunismo, per un colpo di fulmine o per incoscienza, con il partito dei moderni conservatori, dei ricchi, dei thatcheriani e dei neoliberali. Avrebbero disorganizzato la possibilità di lottare, avrebbero fatto proliferare la sfiducia e la disorganizzazione politica e morale tra coloro che ad ogni modo resistono, perché per poter vivere dovranno farlo.

Se questo fosse invece successo, coloro che avrebbero raccolto lo scontento e la protesta sarebbero stati i caciques e le mafie priiste, che si presenterebbero come difensori del popolo, come lo hanno fatto con certo successo i corrotti capi dello smantellato Partito Comunista Russo quando la gente ha iniziato a resistere agli eccessi di Boris Yeltsin.

La notte del 2 luglio, Cárdenas ha fatto due dichiarazioni: ha riconosciuto la vittoria elettorale di Fox e ha dichiarato che, col suo partito, si costituirà come opposizione al nuovo governo. Chiapas, i diritti sociali, i lavoratori, i migranti, gli indigeni, la campagna messicana, il laicismo, le libertà, la cultura, l'educazione gratuita, la sovranità, la democrazia, la tolleranza, sono alcuni dei temi di questa opposizione, che con Andrès Manuel López Obrador è tornata a vincere il governo di Città del Messico.

La vittoria di Fox e dei neoconservatori è una sconfitta schiacciante e disgregatrice per il PRI, però è anche la strana sconfitta del PRD, che per dodici anni ha lottato senza sosta debilitando il potere del PRI mentre il PAN era suo complice e lo sosteneva. È una sconfitta strana perché Cárdenas ha raggiunto il suo obiettivo di farla finita col partito di stato però al prezzo di una vittoria che ha portato al potere dello stato e ha legittimato col voto i continuatori della politica di Salinas e di Zedillo.

Per essere a capo della resistenza, difendere i diritti e il patrimonio dei messicani e preparare l'avvenire, il PRD dovrà scontrarsi con questa nuova realtà con strumenti di pensiero e di organizzazione rinnovati, non con vecchie tematiche ormai superate dai fatti.

Primo, senza dubbio, è l'atteggiamento di fronte al potere dei moderni conservatori e ai rischi che alimenta la disintegrazione o la frammentazione del PRI e della sua forma di stato, quando si allenti la sua rete di mediazioni ed il nuovo potere non sappia o non possa trovarne altre nuove.

La dichiarazione e la posizione di Cuauhtémoc Cárdenas nella notte del 2 luglio è stata, a mio modo di vedere, il culmine degli ultimi tre mesi della sua campagna elettorale, la risposta a coloro che in tutti gli angoli del paese hanno riempito le piazze e le strade con fervore ed entusiasmo, a coloro che hanno votato per la sua candidatura e il suo programma, e a coloro che per tutta la Repubblica vogliono essere il cuore e la volontà della riunificazione, dell'organizzazione e della resistenza.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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