Il Manifesto, 4 gennaio 2000

Chiapas, si ricomincia Tutti sono sospetti

Colonne di soldati nella Selva, viaggiatori perquisiti e minacciati

- HERMANN BELLINGHAUSEN - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

Mentre truppe federali continuano ad entrare verso le valli della selva, i segni di tensione crescono. Sospetti e possibili colpevoli lo sono tutti, non solo gli indigeni delle montagne, della selva Lacandona o della zona del nord. Qualsiasi cittadino messicano, sebbene non sia tzeltal, tzotzil, chol o tojolabal, merita perquisizioni, interrogatori e minacce alla sua integrità fisica e alla sua libertà, per "delitti" inesistenti. E poichè la sovranità nazionale messicana non va difesa solo contro i messicani, ma anche contro gli stranieri, la condizione di sospetto si estende a chiunque arrivi e da qualsiasi parte venga.

Gli aerei militari volano di nuovo giorno e notte, e l'offensiva governativa del nuovo anno ha già tre fronti, se aggiungiamo alle cose appena dette i fatti della diocesi di Samuel Ruiz e Raùl Vera, oggi in fase di liquidazione. Il "popolo di dio", che comprende la quasi totalità dei cattolici indigeni, è sconcertato. Nelle comunità delle montagne e della selva, i campesinos chiedono ansiosi di sapere quello che succede, chiedono giornali, si preoccupano per il "Tatic" e per se stessi. Vedono arrivare, dopo la decisione vaticana, nuovi venti di divisione. Essi sono credenti in maniera attiva, a differenza di molti cattolici del Messico. La loro cattolicità va di pari passo con le idee di liberazione.

Non sono solo le comunità zapatiste a sentirsi minacciate. C'è sconcerto e preoccupazione tra le comunità indigene che appartengono ad organizzazioni indipendenti come Las Abejas, Las Hormigas, Las Arrieras nocturnas, la Aric independiente (un’organizzazione campesina, ndt) e molte altre. Per le valli, quelli dell'Aric chiedono informazioni ai passanti. Hanno sentito alla radio che il vescovo Raul Vera si è messo in viaggio per Roma, che lo spediranno a Saltillo, che il governo afferma di non aver avuto a che fare con la vicenda.

Nei giorni scorsi le comunità vicine alla strada Las Margaritas - San Quintìn riferiscono del continuo passaggio di camion militari, che portano altre truppe a ridosso della selva, anche se ufficialmente questi movimenti non esistono. Ci sono numerose segnalazioni di fermi arbitrari e perquisizioni intimidatorie. Il 31 dicembre, al guado del fiume Euseba, una carovana di camion di un gruppo di appoggio zapatista è stata affiancata da un camion militare. Giovani, adulti e intere famiglie sono state bruscamente costrette a scendere. Per più di un'ora e mezza sono stati tutti perquisiti da capo a piedi. Trattamento speciale per quattro studenti di liceo che accompagnavano le proprie famiglie: nomi, cognomi, titoli dei libri, motivi del viaggio, i militari li hanno minacciosamente interrogati su tutto. Bagagli rovistati, borse perquisite a fondo. "Voi portate cocaina! Tu, ragazzina, sei guatemalteca. Stiamo per arrestarvi, sapete?" Tutti schedati, accusati di essere "agitatori", in applicazione della legge federale su armi da fuoco ed esplosivi. Un altro portava degli scarponi che non sono piaciuti ai soldati, di modello militare. Glieli hanno tolti e l'hanno minacciato d'arresto. Lui si è messo a discutere, ma solo per sentirsi rispondere da un soldato "Con una pistola puntata alla testa non faresti domande, vero?". Alla fine li hanno lasciati andare, "vi perdoniamo ma per un pelo". Come se i cittadini messicani, che viaggiano attraverso il territorio nazionale fossero per ciò stesso "sospetti" se non immediatamente "colpevoli".

Nello stesso giorno altre famiglie che andavano a La Realidad per il capodanno sono state fermate e trattenute a lungo dai militari dopo aver superato quattro posti di blocco. Poi, lungo la strada, hanno incontrato un convoglio militare, trenta camion carichi di truppe: ogni veicolo rallentava passando davanti a loro, li tenevano sotto tiro con i fucili e le mitragliatrici dei blindati.

Se le cose stanno così per i messicani, va a anche peggio per gli stranieri. Vengono trattati come intrusi, sgraditi nella regione del Chiapas. I cittadini statunitensi ed italiani, rintracciati dall'Istituto nazionale per l'immigrazione, che dividono con centinaia di persone di tutto il paese la "colpa" di attraversare le zone indigene e di fare visita alle comunità zapatiste, hanno l'aggravante di venire dall'estero. Sono carne da espulsione. A loro sì che si può impedire, come già è stato fatto, di entrare in contatto con le comunità indigene. A loro non si possono rubare gli stivali, ma gli si può togliere il permesso di rimanere nel paese: un altro modo per impedire di passare da qui.


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