LA JORNADA 3 AGOSTO 2000 - CORREO ILUSTRADO

Chiedono al vescovo che spieghi come finire il conflitto in Chiapas

Signora direttrice, La ringraziamo per la pubblicazione di questa lettera

Al signor Ramón Godínez Flores, vescovo di Aguascalientes:

Nell'articolo di Víctor Ruiz e Claudio Bañuelos, di martedì 1° agosto, sono state trascritte le Sue dichiarazioni: "La pace in Chiapas può aspettare, hanno già aspettato secoli con i loro problemi, perché non si possono aspettare altri mesi o anni ancora?"

Le saremmo molto grate se Lei ci spiegasse, e se lo spiegasse prima di tutto ai popoli indios del Chiapas e ad altri popoli, come possono continuare ad aspettare che i loro problemi siano risolti?

  1. Con l'Esercito federale che occupa le loro case, le loro comunità, il loro habitat.
  2. Se vivono in condizione di profughi.
  3. Se la loro vita è minacciata costantemente da paramilitari e/o dalle stesse forze di "sicurezza" pubblica.
  4. Se non esistono condizioni per lavorare, mangiare, curare la salute e andare a scuola.
  5. Se non si può transitare liberamente per il territorio.
  6. Se continuano a proliferare cantine e postriboli.
  7. Se sono sfruttate, di giorno in giorno, le loro ricchezze naturali, illimitatamente, a detrimento di ciò che significano le loro proprie risorse e, per completare, senza beneficio alcuno per loro.
  8. Se non esiste democrazia, libertà, giustizia e nemmeno i minimi diritti perché sono violati in ogni momento nella loro dignità di esseri umani.
  9. Se esiste una guerra, che le autorità negano, anche se non c'è dubbio che continuino a parlare di pace.
  10. Se esistono degli Accordi di San Andrès, non rispettati dal 1996.

I "centro dei dimenticato dell'emarginazione" di cui lei fa il nome (centri di salute, di studio e religiosi) saranno sufficienti per non sentire freddo, fame, dolore per tanta ingiustizia ed esclusione?

Non le pare che ci siano già più di 500 anni di ritardo?

Potrebbe lei aspettare, se passasse anche un solo giorno al loro posto?

Signore vescovo, vada lei in Chiapas e viva 24 ore come vivono i nostri fratelli e le nostre sorelle là.

Intanto, ci dica, come possiamo continuare ad aspettare?

Attentamente

María Atilano, Silvia Corona, Silvia González, Alicia Martínez e Adela Perea, cittadine impazienti


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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