il manifesto, 2 luglio 2000

Ma quale cambio?

Oggi si vota in Messico. Vincerà ancora il Pri, come da 70 anni?

O il Pan riuscirà a portare il paese ancor più nelle braccia degli Stati uniti?

GIANNI PROIETTIS - INVIATO A CITTA' DEL MESSICO

Oggi, domenica 2 luglio, con un occhio in tv per non perdere Italia-Francia, mezzo Messico sta andando a votare. Sono quasi 58 milioni i cittadini in possesso della credencial electoral, il documento di identità con fotografia che dà diritto al voto. Su un totale di 97.3 milioni di messicani.

L'Ife, Instituto federal electoral, che si vanta di essere ormai completamente autonomo dall'esecutivo, è al suo battesimo del fuoco. Oggi si vedrà se le elezioni sono davvero pulite o il regime continua a mettere le mani nel sacco, come ha sempre fatto.

La lista dei principali metodi di frode esercitati dal Pri, il partito-stato, negli ultimi settant'anni riempirebbe da sola un colorito saggio: dall'urna embarazada - l'urna incinta, già mezzo piena all'apertura del seggio - al ratón loco - il topo impazzito, quando si manda l'elettore da un seggio all'altro finché non rinuncia -, passando per il taqueo - l'introduzione di più schede di quelle consentite - e il rasuramiento del padrón, che consiste nel far sparire votanti dalle liste. Senza trascurare, quando ce ne fosse bisogno, l'incendio delle urne e il ricorso ai pistoleros.

Oggi tutto questo non avverrà, c'è da starne sicuri. O quasi. In alcune zone del Messico più profondo, qualcuno può cedere alla tentazione di tornare ai vecchi sistemi. Ma la grande frode, avvertono gli analisti più acuti, come Julio Hernández, è già stata consumata: ha il colore dei dollari sporchi, degli aiuti governativi, che si chiamino Progresa o Procampo, che arrivano puntuali prima delle elezioni, degli "aiutini", che vanno dalla busta di viveri al sacco di cemento. E ancora: dalle minacce di perdere il posto di lavoro, la licenza o la concessione, al trasporto forzato, dal controllo del voto all'acquisto del certificato elettorale. E all'occupazione - pagata in contanti o in favori - dei principali mezzi di comunicazione, specialmente elettronici. Contro questa maquinaria, operante a pieno ritmo, nessuno ha potuto alzare un dito.

Battaglie di numeri

In Messico non esiste un'anagrafe centralizzata. Può votare solo chi è in possesso della credenziale elettorale, che va riscontrata sui registri dell'Ife.

Quando l'Inegi, l'Instituto nacional de eografía y estadística, ha rivelato che i messicani sono "solo" 97.3 milioni - invece dei 100 pronosticati per il 2000 - il governo si è fatto i complimenti da solo, affermando che le sue politiche di controllo demografico funzionano.

Gli è stato allora ricordato che i 3 milioni che mancano all'appello c'è da cercarli oltre frontiera: sono tutti i messicani costretti forzosamente ad espatriare come mojados, clandestini negli Stati uniti.

C'è voluto il video di due emigranti che affogavano miseramente nel Rio Bravo sotto gli occhi delle guardie di frontiera - e tutta l'impudicizia della morte trasformata in spettacolo - per ricordare ai messicani che il Moloch della frontiera, che esige tutti i giorni sacrifici umani, è figlio delle politiche del Pri. Come lo sono il narcotraffico, che è capace di pagare un milione di dollari di stipendio mensile a un onesto funzionario e di ridurre in colabrodo i poliziotti infedeli, e la lunga fila di maquilas, le fabbriche di assemblaggio lungo la frontiera, che utilizzano mano d'opera quasi schiava e sono il miglior bottino per le multinazionali.

Il presidente Zedillo sperava di sbandierare, il 1 luglio, vigilia di elezioni, l'entrata in vigore del trattato fra Messico ed Unione europea. Ma lo spot televisivo già pronto, con grande sventolio di bandiere e containers, è dovuto rimanere nel cassetto, grazie all'opportuno rinvio deciso in extremis dal parlamento italiano.

E Zedillo si è dovuto accontentare di siglare il molto più modesto trattato con Guatemala, Honduras e Salvador, in lista d'attesa da quasi quattro anni.(Si dice che i tre paesi, federati nel Triangulo del Norte, cominciassero a stancarsi del tratto dispotico e ineguale di cui sono stati oggetto durante i negoziati.) Ma insomma, la festicciola, per quanto piccolina, c'è stata.

Sinistra in crescendo

Se nella corsa alla presidenza el ingeniero Cárdenas si attesta in terza posizione - dietro al candidato "continuista" del Pri, Francisco Labastida, e a quello della destra filo-americana del Pan, Vicente Fox, che sembrano destinati a disputarsi la vittoria con un incerto testa-a-testa - nell'elezione per il sindaco-governatore del Distrito Federal - che è solo una parte della gigantesca Città del Messico, ma ha più di dieci milioni di abitanti -, Andrés Manuel Lopez Obrador è destinato a doppiare i contendenti priisti e panisti.

E' la rivincita del Prd, il Partido de la Revolución Democrática, l'opposizione di sinistra, e non un premio di consolazione.

Se Lopez Obrador ci saprà fare, l'amministrazione del Di Effe, il popolosissimo Distretto Federale, può essere il trampolino per la prossima presidenza della repubblica. Certo, dovrà lottare contro venti e maree. Che in questo caso si chiamano Pri e Pan. Ma al politico tabasqueño, oriundo dello stato del Tabasco, le sfide non dispiacciono.

Quando, nel 1994, vinse le elezioni a governatore del Tabasco per il Prd, il candidato del Pri, Roberto Madrazo, gli usurpò la vittoria con metodi degni di Salinas, che in effetti era uno dei suoi padrini. Lopez Obrador non solo non disarmò. Con un vero colpo di fortuna - aiutato da una fazione interna del Pri - raccolse le prove del gigantesco finanziamento elettorale di cui aveva beneficiato Madrazo: 70 milioni di dollari, più di quanto spendeva Clinton per arrivare alla Casa bianca.

Dopo una lotta pacifica ma decisa, che non riuscì a restituirgli il titolo di governatore ma lo confermò come un grande leader, Andrés Manuel fu chiamato, nel 1996, a dirigere il partito. E, sotto la sua presidenza e malgrado la "guerra sporca" infertagli dal governo, che è costata centinaia di militanti uccisi, il Prd è cresciuto ed ha conquistato sempre più posizioni parlamentari e amministrazioni locali.

Oggi, dei 32 stati della Repubblica messicana (includendo il Distretto Federale), 5 sono governati dal Prd, 6 dal Pan e 21 dal Pri. In senato, il Pri gode ancora della maggioranza assoluta. Dalle ultime elezioni del '94, su 128 senatori, 73 sono del Pri, 31 del Pan, 16 del Prd, 1 del Pt e 7 indipendenti. 55 senatori di opposizione, 73 governativi.

Ma alla Camera, che ha 500 deputati, dopo le elezioni di medio termine del 1997, il Pri ha perso per la prima volta la maggioranza assoluta, rimanendo con 239 seggi, malgrado i lauti premi di prima maggioranza relativa. Il Prd ha ottenuto 125 deputati, il Pan 121, il Partido Verde-ecologista 8 e il Partido del Trabajo 7. In tutto 261 deputati di opposizione, che raramente hanno fatto blocco contro il regime in questi tre anni.

Il movimento studentesco di Città del Messico, riunito nel Consejo general de huelga - in realtà ormai ridotto alla componente ultra, in seguito all'espulsione dei "moderati", vicini al Prd - si è pronunciato, dopo un'apposita assemblea, per l'astensionismo. La democrazia va bene solo se è diretta e costruita dal basso, dicono, riprendendo la palla dagli zapatisti. E condividono l'aforisma di Chomsky. Solo, lo allargano a tre cavalli e un solo fantino.


SCHEDA: I tre principali partiti in lizza

Partido revolucionario institucional. Il Pri è stato finora il partito-stato. Formato nel 1929 dal governo rivoluzionario come strumento di potere dopo la tumultuosa rivoluzione del 1910-1917, il Pri da allora ha vinto tutte le elezioni presidenziali. Dopo la fine del Pcus sovietico è il partito al potere da più tempo. Costretto (da pressioni esterne) ad aprire uno spiraglio nel gioco politico negli anni '80, da allora perso diversi stati a livello di governatori e la maggioranza assoluta alla Camera (nel '97). Il suo candidato Francisco Labastida dice di fare parte del "Nuovo Pri", che ha abbandonato le vecchie pratiche e le sperimentate frodi grazie a cui ha rubato diverse elezioni. Ma in pochi ci credono.

Partido de acción nacional. Il Pan è il più vecchio partito d'opposizione, fondato nel 1939 su basi (allora) regionali - il suo nucleo forte era nel nord - e su posizioni cattoliche, conservatrici, filo-americane e filo-mercato. Posizioni che sono le specchio del suo candidato, Vicente Fox, ex gerente della Coca Cola in Messico. Panisti furono i primi sindaci e governatori al di fuori del Pri, negli anni '80. Oggi il Pan conta 6 governatori e i sindaci di importanti città.

Partido revolucionario democratico. Il Prd fu fondato nell'89 da esponenti della "corrente democratica" del Pri convinti dell'impossibilità di una democratizzazione interna al partito-stato. Fra essi Cuauthémoc Cárdenas, scippato della presidenza l'anno prima. All'interno del Prd confluirono anche partiti ed esponenti della sinistra messicana e le sue basi di forza sono infatti nelle disgregate aree urbane e nelle poverissime aree rurali del sudest. Il suo candidato Cárdenas fu sconfitto alle presidenziali del '94 dal "priista" Zedillo, ma vinse le prime elezioni dirette per sindaco-governatore di Città del Messico nel '97. Il Prd ha 5 governatori e 125 deputati.



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home