La Jornada, 2 gennaio 2000

Le basi zapatiste hanno accolto l'anno 2000 con una "fiesta de reclamo"

L'EZLN ha iniziato il suo settimo anno di guerra contro l'oblio in Chiapas

Noi celebriamo il rifiuto al maltrattamento verso il popolo povero del Messico

Hermann Bellinghausen, inviato, La Realidad, Chis., 1 gennaio - Di qui non è passato il famoso millennio. Non si è festeggiata nè la fine nè il principio di nulla, ma un "continuiamo e continueremo a stare nelle nostre terre natali", come ha letto Claudia a nome delle basi d'appoggio dell'EZLN.

Invece dei fuochi d'artificio, delle pignatte e delle bottiglie di champagne, ci sono state parole. Semplici, ma difficili. Gli abbracci sono venuti alle dodici e trenta, assurdamente in contropelo a tutto il mondo.

"Non celebriamo, non cadiamo nè crediamo nella sua celebrazione, quella che fanno i potenti malvagi e il loro malgoverno. Loro celebrano mentre ancora si continua a ingannare, a rubare, a umiliare tutti i messicani".

Gli zapatisti sono "nel settimo anno della guerra contro l'oblio". La voce di Claudia, con il volto coperto da un nero passamontagna, va scandendo le parole con la lentezza di chi non sa molto leggere, come dicono qui.

Anticlimatici sono il discorso, la modesta festa, la sobrietà rustica degli uomini e donne che occupano la spianata dell'Aguascalientes, file di passamontagna e vesti campesine. "Noi celebriamo il rifiuto al maltrattamento verso il popolo povero del Messico".

"Ora basta schiavitù, feudalesimi, capitalismo, neoliberismo", Claudia riassumendo dice che questo è tutta la stessa cosa.

"Un ojo al gato y otro al garabato"

Gli zapatisti: sono arrivati deliberatamente tardi all'anno 2000 o non si sono presi il fastidio di rappresentarlo, ogni volta che sono giunti al millennio seguente da prima?

In fin dei conti il padrone della franchigia millenaria, il Papa di Roma, alla vigilia ha giocato un'eloquente tiro agli indigeni cattolici del Chiapas. L'alleanza non sará piú con loro, ma con i potenti. Come direbbe Justo Mullor nel celebrare l'uscita del vescovo Raúl Vera dalla diocesi di San Cristóbal de las Casas, se ne è avuta abbastanza di liberazione.

Comunque, neppure questo è arrivato all'Aguascalientes di San Pedro de Michoacan. "Sei anni fa abbiamo visto l'alba con la nostra luce che illuminava il cammino per trovarci con i nostri altri fratelli", dice Claudia.

"Ci siamo resi conto, abbiamo già capito e lo sappiamo bene, che non possono impossessarsi delle nostre vite alcuni uomini potenti. Ora è il momento, non di piegarsi, non di inginocchiarsi? Di restare zitti, di non vedere cosa ci stanno facendo, di non sentire cosa vogliono fare di noi.

Nella resistenza non c'è glamour. Quest'anno l'Aguascalientes non è pieno. Delle centinaia di presenti, i visitanti della società civile messicana ed internazionale sono circa la metà. Non è venuta quasi gente dalle altre comunità.

Lo stesso ci dicono da La Garrucha: le celebrazioni si terranno in ogni comunità. Questa notte non si metteranno in cammino e non lasceranno le loro case i tojolabales della regione. La pressione militare, le voci minacciose e l'incertezza sono state la costante degli ultimi giorni del 1999.

Sarà pure l'anno nuovo ma qui le comunità hanno deciso di restare con "un ojo al gato y otro al garabato" (sul chi vive, ndt.): "Celebriamo la nostra guerra di liberazione nazionale con la lotta politica e ideologica. Celebriamo la nostra guerra giusta e necessaria".

L'anno scorso le comunità in resistenza hanno potuto constatare di non essere gli unici messicani "dimenticati e umiliati".

"Con i nostri stessi occhi li abbiamo veduti il 21 marzo, quando siamo partiti per fare la consulta. Milioni di messicani siamo sfruttati allo stesso modo", aggiunge il messaggio delle basi d'appoggio dell'EZLN a La Realidad.

Claudia, con sforzo, afferra le parole: "Sappiamo che ce ne sono molti altri che non abbiamo potuto vedere e sentiamo che sono d'accordo con noi, perché hanno bisogno di buona terra per lavorare, di un buon lavoro e un salario giusto". E prosegue l'enumerazione delle rivendicazioni che sei anni fa hanno sorretto il movimento zapatista: alimentazione, salute, istruzione gratuita, alloggio, cultura, informazione verace (senza inganni né manipolazione), indipendenza (affinché i messicani sviluppino il paese che pensano e vogliono), libertà , giustizia, democrazia e pace.

"Per i poveri non c'è stata giustizia, solo per i signori del denaro, che sono liberi anche se non hanno ragione".

L'atteso, temuto, sontuosamente commercializzato nuovo millennio qui è oggetto di una festa, ma come un reclamo, un'allegria nonostante tutto, incluso l'aereo militare che stamattina ha sorvolato La Realidad a bassa quota e l'aereo notturno che è venuto un’altra volta ancora a rubare il sonno agli indigeni.

Con le parole e con i fatti

Calando nella scenografia e nell'ambiente abitualmente laico degli Aguascalientes zapatisti, uno striscione in bianco e nero rappresentante la (madonna) Guadalupana con le braccia aperte e due pugni chiusi che sembrano roteare, con le catene spezzate che le pendono dai polsi. "Io sarò con voi. Rompete le catene dell'ingiustizia", dice l'immagine a grandi lettere.

L'esteso, e a modo suo, intenso messaggio delle basi d'appoggio di La Realidad dice che i messicani hanno bisogno di democrazia, che nel paese "un gruppetto di uomini decide la politica, l'ideologia, il sociale, il culturale e il giuridico senza prendere in considerazione il popolo".

"Per questo bisogna combatterlo, per ottenere questo diritto e quest’opportunità di decidere noi messicani, organizzarci su come realizzare questa presa di decisioni". I reclami a voce di Claudia si sentono nuovi, come se fosse la prima volta. Si sentono urgenti, come sei anni fa. Si sentono aperti: "Noi stiamo pensando e vogliamo la vita dei messicani e degli esseri umani del mondo del presente e delle future generazioni".

Così trascorre il cambio di secondi del secolo nella selva Lacandona. Uno lì, fermo e in silenzio, ascolta una donna campesina dire: "Lottiamo per liberare le nostre vite. Vogliamo libertà per tutti i padri di famiglia e vita per i loro figli che ora sono bambini e bambine e vogliamo così che vivano le generazioni che verranno e che miglioreranno conformemente a ciò che loro decidano".

"Abbiamo bisogno di una pace vera, non solo di notizia, nei discorsi. Vogliamo la pace nelle parole e nei fatti. Non vogliamo più tristezza, dolore, amarezza per essere perseguitati, assassinati, fatti sparire, torturati, violentati. Vogliamo vivere allegri e felici".

Nient'altro. Intanto però, la notte trascorre fresca, non fredda, illuminata dalle lampadine di un’installazione locale, in questo sperduto angolo del mondo. Il giornalista John Ross commenterà più tardi, divertito: "Non sappiamo se adesso sia già finito il mondo. O se l'effetto Y2K abbia paralizzato le macchine. Qui infatti la luce è autonoma, hanno il loro piccolo generatore. Non c'è bisogno dell'energia da fuori. Forse siamo gli unici che siamo in salvo".

Fuori dal circolo illuminato dell'Aguascalientes (dove c'era il ballo di cumbias, interpretato da un gruppo locale come l'impianto elettrico), la notte senza luna né nubi denudava un clamore di stelle perdute nella Via Lattea.

"È arrivato il tempo, giusto e necessario, così come ci dissero i nostri morti dell'anno 1994", conclude Claudia, che si è bloccata nella lettura, totalmente, cercando di pronunciare la parola "intolleranza".

"Lotteremo, difenderemo, resisteremo, combatteremo e moriremo per un Messico con libertà, democrazia e giustizia. Il nostro Messico con i suoi popoli poveri è con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e per loro lotteremo, daremo la vita per loro".

E per concludere: "Viva il primo gennaio dell'anno 2000".

Di diversi colori

Poi verranno Las mañanitas al suono delle chitarre ranchere di un gruppo giovanile di incappucciati, i corridos zapatisti e i peculiari balli a saltelli più o meno circolari.

Ma prima e in modo insolito, si avvicina agli zapatisti don Simón, un vecchio contadino dello stato del Messico, non lontano dalla Valle de Toluca, che con rispetto e dicendo buona notte ai presenti, comincia a denunciare cosa avviene nella sua terra, San Pedro Tenayapa, municipio di Temascaltepec.

Don Simón racconta un penoso "tradimento del governo", dove il potere vuole togliere ai contadini il fiume Temascaltepec e seccare il suo corso. Non ha chiesto il microfono, l'ha afferrato e basta. Gli zapatisti, sorpresi, lo lasciano fare e ascoltano.

Così, un altro "piccolo" e remoto problema regionale viene a manifestarsi in questa celebrazione del Nuovo Anno. Comprende corruzione, prigionieri politici, la morte della campagna per dare acqua all'assetata zona metropolitana della capitale.

Forse don Simón, senza proporselo, sta illustrando la grandezza del piccolo, l'importanza di ciò che "non importa", la dignità di coloro che non sono "nessuno", così nell'altipiano come nelle montagne del sudest messicano.

Uno dei tre uomini rappresentanti come Claudia della comunità recupera il microfono dalle mani di don Simón per concludere la parte parlata dell'atto: "Oggi ricordiamo che sei anni fa, a quest'ora, le truppe zapatiste avevano occupato il palazzo municipale di Las Margaritas. Ricordiamo ed è indimenticabile. Viva Messico, viva Chiapas. È tutto".

Mentre a La Garrucha le basi d'appoggio zapatiste hanno ricevuto il Nuovo Anno con fiori di diversi colori portati dalle bambine e dalle donne, a La Realidad lo hanno accolto con le parole di Claudia, anch'esse di diversi colori:

"È chiaro e lo sappiamo che ci si può voler bene tra tutti al di là della razza, del colore, del credo: ciò che importa è arrivare a un accordo comune su come vogliamo vivere in un paese, secondo la decisione di tutti e tutte. Che nessuno ce lo impedisca, né che ci si voglia imporre qualcuno, allora sapremo organizzarci per questo".

Agli antipodi dalla grande baldoria planetaria per la famosa cifra rotonda e cristiana, e in protesta, le comunità indigene del Chiapas sono giunte all'anno 2000, accerchiate dalla spesa sociale clientelare dello Stato, e l'accerchiamento militare, unica costanza con cui il governo si cura delle comunità "che si sono ribellate" nello scorso sessennio. I carri armati, ben allineati nel presidio sul fiume Euseba e sulla pista aerea del vecchio Guadalupe Tepeyac sono il messaggio governativo più prossimo a La Realidad.

La "comandancia" non ha assistito all'Aguascalientes II

Hanno festeggiato migliaia di zapatisti l'anniversario dell'insurrezione

Musica, teatro indigeno e balli, un'altra forma di resistenza

Juan Balboa, corrispondente, Oventic, Chis., 1 gennaio - In un atto pacifico e di massa, in cui la musica, il teatro indigeno e le musiche ballabili sono state presentate come una nuova forma di resistenza, circa 5 mila simpatizzanti e basi d'appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) hanno festeggiato questa notte il sesto anniversario del sollevamento armato zapatista e hanno riaffermato che continueranno a sollevarsi contro "i piani di guerra" del governo del presidente Ernesto Zedillo.

Tra gli evviva a Zapata, al subcomandante Marcos e all'EZLN, migliaia di indigeni tzotziles della regione di Los Altos de Chiapas hanno confermato che i comandi del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno dell'EZLN non avrebbero assistito ai festeggiamenti per ragioni di sicurezza, dato che esiste una "esagerata" militarizzazione nelle zone del conflitto: Altos, Nord e selva Lacandona.

"I nostri compagni e compagne del CCRI dell'EZLN non hanno potuto stare con noi in questa celebrazione dell'anniversario a causa della grande militarizzazione e persecuzione del governo messicano" ha detto Pablo, che ha parlato a nome delle migliaia di simpatizzanti zapatisti.

La festa popolare, che è durata 24 ore, è stata impeccabile e pacifica. Dal mezzogiorno del giovedì 31 dicembre hanno iniziato ad arrivare decine di camion colmi di uomini, donne e bambini zapatisti; pochi col volto coperto da passamontagna o da paliacate. La gran maggioranza portava chitarre, arpe, chitarroni, frutta, scatole di cibo e bibite.

Nuove canzoni "ribelli, rivoluzionarie e di protesta" sono state eseguite, considerate dagli zapatisti come lo spartiacque del nuovo Messico. Melodie composte da loro stessi ed inedite, che hanno strappato gli applausi dei 5 mila indigeni tzotziles che colmavano la navata principale dell'Aguascalientes II di Oventic, una comunità che appartiene al municipio autonomo di San Andrès Sacamch´en de los Pobres.

Musicisti provenienti da regioni come Navidad, Zapata ed El Bosque; gruppi composti da uomini e donne indigeni che "hanno lasciato perplessa e felice" la moltitudine, come quando è stato cantato un ultimo successo, che narra dei tradimenti verso gli indigeni.

Ma non solo, un gruppo di giovani ha presentato un'opera satirica sulla militarizzazione delle comunità indigene e sulle sviste dei soldati ai posti di blocco militari, che sono il pane quotidiano sulle strade de Los Altos, del Nord e ovviamente della selva Lacandona.

Con una sedia a rotelle che assomigliava a un veicolo, un arco di plastica che era il volante di una camionetta e un piccolo bastoncino utilizzato come cambio di velocità, 10 giovani zapatisti hanno rappresentato le peripezie e le aggressioni dei soldati nelle comunità ed ai posti di blocco.

In due atti hanno rivissuto gli scontri corpo a corpo tra i militari e le donne zapatiste che hanno capeggiato le proteste a San Cayetano e a Xoyep rifiutando l’installazione degli accampamenti militari e hanno fatto riflettere sull'illegalità, sulla prepotenza e sull’aggressività con cui i soldati arrestano, registrano, interrogano e molte volte picchiano gli indigeni.

Persecuzione costante contro la dirigenza del comitato clandestino

Nell'unico e breve comunicato letto da Pablo, le basi d'appoggio e i simpatizzanti dell'EZLN hanno denunciato che i membri della CG-CCRI sono perseguitati costantemente dall'Esercito Messicano.

"È una persecuzione costante che soffrono da parte del mal governo, che tenta, ogni volta con maggiori risorse militari, di sterminare il movimento guerrigliero.

"Oggi, in mezzo ad un'estrema ed esagerata militarizzazione dei nostri villaggi, delle minacce, molestie, persecuzioni e guerra di sterminio delle comunità indigene, gli zapatisti rinnovano il loro impegno nella lotta", hanno puntualizzato.

Hanno insistito che intorno al sesto anniversario dell'insurrezione dell'EZLN è stata montata un'intensa mobilitazione poliziesco-militare con l'obiettivo di aggredire e creare panico tra gli zapatisti.

"Il mal governo cerca la pace, ma prepara la guerra e porta i militari fino agli angoli più sperduti delle nostre comunità. Questo esercizio bellico ­ persecuzione contro le comunità, smantellamento dei municipi autonomi e persecuzione dei dirigenti zapatisti ­ è una dimostrazione del mancato compimento degli accordi di San Andrés e del modo con cui il governo nega che ci sia una guerra di sterminio contro le comunità indigene", affermano.

Hanno fatto appello a tutti i popoli e le regioni zapatiste affinché continuino a resistere a tutti i "piani di guerra" che il governo mantiene e che ha rafforzato nell'ultimo anno.

Il governo federale ha realizzato lo scorso 31 dicembre un impressionante dispiegamento poliziesco-militare nella zona del conflitto e nei luoghi strategici, come i pozzi petroliferi e le dighe idroelettriche. I posti di blocco si sono triplicati in alcune regioni come i municipi di Ocosingo e di Palenque, ne Los Altos del Chiapas sono rimasti 24 ore e il controllo è stato maggiore.

Fonti militari hanno confermato che dallo scorso 26 dicembre sono arrivate truppe d’élite e unità militari ai pozzi petroliferi e alle dighe idroelettriche.


(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico - Brescia)



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