LOTTE SOCIALI IN MESSICO

PUEBLA:

"UPVA 28 DI OTTOBRE"

(UNIONE POPOLARE DI VENDITORI E AMBULANTI)

La testimonianza della moglie di Simitrio.

Simitrio, oggi detenuto politico, è il principale dirigente della "UPVA 28 di Ottobre", una delle tante organizzazioni della società civile messicana ferocemente represse dal governo. Quest'estate abbiamo avuto un incontro con loro, a Puebla. Ecco la sofferta testimonianza della moglie di Simitrio, attiva anch'essa nella "28 di Ottobre", come la chiamano loro.

La "28 di Ottobre" (Unione Popolare di Venditori e Ambulanti) venne fondata 23 anni fa dai venditori di strada. Sin da allora il governo comincia a considerarla pericolosa, in quanto organizzata e molto cosciente. Essa, infatti, lavora affinché gli ambulanti prendano coscienza del perché sono disoccupati e del perché i prezzi di vendita delle loro merci sono così bassi. Lottavamo per aree di lavoro sicure, perché la strada non potevano vendercela. Così, come organizzazione, abbiamo già 23 anni. Normalmente, qui in Messico, il Governo forma organizzazioni che gli siano funzionali, che stiano dalla sua parte. Noi, al contrario, non stiamo con alcun partito, non stiamo con il governo, ed a partire da ciò abbiamo iniziato ad organizzarci.

Abbiamo ottenuto diversi mercati: il mercato Hidalgo, il mercato Zapata, il mercato Indipendenza, il mercato Madero, il mercato Zaragoza ed il mercato Eroi di Puebla... Nel 1986 stipulammo un accordo che ci garantiva la possibilità di andare a vendere per le strade in certi periodi, come Natale, Pasqua ed Epifania, guadagnando denaro in attesa che gli altri mercati divenissero frequentati e redditizi. Fu concordato anche che venissero decentrate le linee degli autobus, per farli passare vicino ai mercati, ma finora questo non è avvenuto. Tutto il trasporto è rimasto nel centro, il che garantisce clienti per il centro e non per noi. Per questi motivi abbiamo organizzato cortei che, insieme a denuncie pubbliche, volantinaggi e conferenze stampa, sono le forme di lotta adottate dalla nostra organizzazione. Cominciamo a crescere ed il governo se ne rende conto.

Superiamo ormai lo stretto ambito dei venditori ed ambulanti e cominciamo ad avere tra le nostre file abitanti dei quartieri marginali, inquilini, mattonai, gente dei trasporti pubblici. Il dirigente della "28 di Ottobre" comincia così ad essere visto come una minaccia pubblica perché riesce ad organizzare la gente. Viene eseguito un primo ordine d'arresto ed inflitti più di 115 anni di prigione. (Qui in Messico non esiste l'ergastolo, ma questo che cos'è?) A forza di cortei riusciamo ad ottenere una diminuzione della pena per alcune sentenze. Ma la detenzione è legata al mancato rispetto dell'accordo del 1986, che ci garantiva prezzi bassi, vendita periodica per le strade e decentramento dei trasporti. E questo è il motivo per cui denunciamo il fatto che si tratta di prigionieri politici.

Inizia poi un'operazione destinata a generare divisioni tra di noi. Vengono coinvolte delle persone perché creino altre organizzazioni che ci facciano da contrappeso, per toglierci la gente che già era organizzata. Cominciano ad aggredirci, a venirci a picchiare con bastoni, ammazzano a colpi d'arma da fuoco una nostra compagna perché aveva scritto su un muro "LIBERTÀ AI PRIGIONIERI POLITICI !", feriscono un compagno (che adesso è paralitico), incarcerano dei nostri compagni e bruciano loro le schiene con sigarette (abbiamo le fotografie) perché si dichiarino colpevoli con noi di detenzione di armi e di droga (il che ovviamente è del tutto falso: siamo dei commercianti). Subito dopo inizia una campagna estremamente brutale contro la nostra organizzazione e cominciano ad inventare ordini di arresto per qualsiasi nostro compagno si azzardi a prendere in mano il microfono e fare denuncia. Spiccano 180 ordini di arresto (alcuni eseguiti), con più di 4 capi d'imputazione ciascuno per assicurarsi che gli accusati non riescano ad ottenere la libertà.

Hanno aggredito la nostra organizzazione. Nel febbraio del 1995 ci mettono una bomba a mano, trovata da alcuni bimbi giocando. Quando andiamo a denunciarla ci dicono che deve intervenire l'esercito perché può esplodere in qualsiasi momento. L'8 marzo, proprio nel giorno internazionale della donna, circondano tutto il mercato e lo incendiano; abbiamo ancora le prove di come lo bruciarono e si è visto anche in televisione; nella notte arrestano bambini, donne e uomini; anche ai bambini vengono prese le impronte digitali per dimostrare che, trovandosi nel mercato, deve trattarsi di delinquenti. Per via dei cortei ci classificano come organizzazione a delinquere. Cercano di condizionarci la vendita nei mercati e non risolvono la nostra posizione: li abbiamo comprati e pagati (anche se per un certo periodo non potemmo più farlo, perché ci chiudevano totalmente gli uffici dove pagare). Comunque sono nostri ormai da 10 anni. Ultimamente la loro politica è quella di incendiare. La parte di qua e quella di là del mercato in cui ci troviamo ed il mercato Zapata sono stati incendiati. Ci derubano. Hanno preso più di 250 veicoli, carichi con tutta la merce. Si sono portati via le bilance e tutto ciò che hanno trovato, dicendo che era spazzatura. Abbiamo avuto molte difficoltà economiche. Per portare avanti l'attività abbiamo dovuto raccogliere offerte per la strada, appoggiarci ad altre organizzazioni per poter fare un volantino, chiedere una cooperazione ai nostri iscritti, anche se simbolica perché si tratta di 3 pesos e 50 centesimi a settimana per il mantenimento dell'organizzazione. Stiamo insomma attraversando una crisi economica e riorganizzando le nostre forze. Erano giunti ad un tale stato d'assedio del mercato che se vedevano tre persone insieme le arrestavano: non avevamo il diritto di parlare tra di noi a più di due per volta. È venuta gente dei diritti umani della Camera dei Deputati e gente dei diritti umani di un altro paese (non ricordo di dove); anch'essi hanno fatto dei comunicati di protesta e, da non molto, hanno ritirato la polizia dal mercato. Però di fatto abbiamo vissuto in stato d'assedio. In questo periodo stiamo partecipando all'Incontro Internazionale dei Lavoratori. Ci hanno dato consigli su come far pesare di più la nostra lotta perché ci si renda conto che non solo in Chiapas c'è la repressione: anche qui l'abbiamo.

Per esempio: le organizzazioni che stanno col governo possono vendere in pace; i nostri compagni, invece, vengono sequestrati da individui che non sono della polizia e fatti salire su camionette, insieme alla loro merce che questa gente ruba, per poi essere buttati chissà dove.

L'appoggio di cui abbiamo bisogno è quello della diffusione dell'informazione e della denuncia; ci serve anche l'appoggio economico (ci stanno assistendo per l'apertura di un conto su cui ricevere gli aiuti che riusciamo ad ottenere). Alcune organizzazioni ci hanno aiutato, inviando loro commissioni ed iniziando a fare denuncie.

Questo è il contesto. Non siamo guerriglieri, come dicono, ma siamo considerati un pericolo, nella città di Puebla, per la nostra capacità di convocazione. Noi chiamiamo ed il popolo si mobilita: perciò siamo visti come un pericolo.

Mio marito è il principale dirigente della "28 di Ottobre". Gli hanno inventato più di 8 processi, con numerose irregolarità. Una di queste, che mi rimase molto impressa poiché non conoscevo molto bene tutta la situazione, è che lo accusarono di omicidio di uno dei nostri compagni. La vedova stessa sosteneva la sua innocenza e si presentò davanti al giudice per dire che Simitrio era innocente, ma anche così lo condannarono a 25 anni. Adesso la stessa storia si ripete con altri compagni, che, sebbene non esista nessuno che sostenga le accuse contro di loro, sono stati ugualmente condannati a 28 anni di carcere. Per questo ci è sembrato importante che voi riceveste informazioni dall'avvocato che ci sta appoggiando.

Al principio Simitrio fu minacciato di morte, perché abbandonasse l'organizzazione. Poi lo minacciarono di trasferimento, che infine attuarono.

È un modo per isolarlo. Per allontanarlo dall'organizzazione e dalla sua città lo portarono a Guadalajara, da dove non può telefonare se non per 10 minuti ogni 8 giorni. Per viaggiare fin là e fargli visita occorrono circa 1000 nuovi pesos, ma fortunatamente l'organizzazione mi sta aiutando. Gli altri 4 reclusi li abbiamo qui a Puebla. Ho uno scritto in cui si parla di tutto ciò che gli fanno nel CEFERESO (Centro Federal de Readaptacion Social). È un carcere di massima sicurezza. Per entrare ci perquisiscono, totalmente nudi, uomini, donne e bambini; dobbiamo accovacciarci per far vedere che non abbiamo armi nei genitali. Tutto è controllato elettronicamente. Dobbiamo porre un'impronta digitale perché si possa aprire una porta, altrimenti non la possiamo oltrepassare. Per verificare se abbiamo toccato prodotti tipo droga ci perquisiscono tutto il corpo ed i vestiti con un aggeggio che chiamano "sniper". Ci chiedono credenziali per ottenere l'accesso. Come moglie mi hanno richiesto esami che sono molto dolorosi. Vogliono tanti esami. Agli amici richiedono di non avere precedenti penali, raccomandazioni di persone che li conoscano, e una lunga serie di requisiti... Il lavoro in prigione è molto scarso e viene pagato 20 pesos alla settimana; non è un lavoro produttivo: serve soltanto per tenerli occupati. Molto spesso il cibo è pieno di vermi, la verdura in pessimo stato. Anche se dicono che i fondi spesi per quella prigione sono cospicui, i pasti per i reclusi non sono buoni. Non permettono che gli passiamo qualcosa noi e neanche che nello stesso carcere si vendano miele o vitamine perché i reclusi possano provvedere a se stessi. I prigionieri, quando arrivano, vengono rapati a zero. Li fanno camminare accovacciati. Non possono sollevare il capo e mettono dei cani ad abbaiare vicino alla loro faccia. Li perquisiscono quotidianamente 18 volte. Non permettono loro di tenere matite, quaderni, libri o giornali. Per le visite non può passare chiunque. Occorre ottenere un'autorizzazione che, nel mio caso, è di competenza della Segreteria di Governo; il consiglio tecnico indaga su non più di 12 persone, per verificare se concedere il permesso oppure no, ed in questa lista ci stanno i familiari, a meno che non tolga un figlio dalla lista per permettere l'accesso a qualche compagno dell'organizzazione. Insomma, è una situazione totalmente aberrante quella che si vive là. È una violazione dei diritti umani. Allontanarli così dalla famiglia..... Dicono che è per rieducarli, ma in realtà è solo per allontanarli. Molta gente, non avendo i mezzi per andarli a trovare, li abbandona. A Puente Grande, dove sta Simitrio, ci sono prigionieri provenienti da tutto il Messico. La città di Guadalajara dista 40 minuti dal carcere. Non esistono trasporti e per arrivare alla prigione dobbiamo andare a piedi. La televisione e la stampa a livello nazionale tacciono. L'unico giornale che ha fatto qualche dichiarazione è la Jornada. La uniche campagne per questi prigionieri politici sono quelle che noi stessi riusciamo a fare.

La testimonianza del legale di Simitrio.

(parte I)

Simitrio, oggi detenuto politico, è il principale dirigente della "UPVA 28 di Ottobre" ("UPVA" significa Unione Popolare di Venditori e Ambulanti) una delle tante organizzazioni della società civile messicana ferocemente represse dal governo. Questa è la testimonianza del legale di Simitrio.

Simitrio è il soprannome del leader naturale dell'organizzazione "28 di Ottobre". Il suo vero nome è Ruben Sarabia Sanchez.

Abbiamo assunto la sua difesa, e quella di altri compagni dell'organizzazione, quando già erano trascorsi quattro o cinque mesi dal loro arresto. Ciò significa, per le caratteristiche della nostra legislazione penale, l'aver già deposto davanti al Pubblico Ministero. E loro, inoltre, avevano già deposto anche di fronte ai giudici. Simitrio aveva a suo carico varie denuncie derivanti da conflitti fra distinti gruppi di venditori ambulanti, ovvero quei commercianti che non hanno un punto-vendita stabilito e che devono esporre la loro merce per la strada.

In Messico la disoccupazione è molto forte, ragione per cui è aumentato moltissimo il commercio ambulante, così come il controllo su di esso.

Quest'ultimo implica potere politico, tanto che per il governo avere il controllo degli ambulanti è fattore vitale di sostegno politico.

Caratteristica predominante della "28 di Ottobre" è stata la sua indipendenza ideologica ed organica, ovvero l'indipendenza tanto dal governo quanto dai partiti politici. Qui i partiti hanno perso, a poco a poco, la loro credibilità, sia per la permanenza al potere dello stesso partito per quasi 70 anni, sia per l'incapacità degli altri di essere credibili agli occhi del popolo e di lottare per il potere. E la "28 di Ottobre" si è sempre distinta, nei 23 anni della sua esistenza, per la sua indipendenza.

Nel 1989, nello stato di Puebla, ed in particolare nel municipio capitolino, ebbe luogo un confronto elettorale in cui un contendente era del PRI, e l'altro, che si profilava con buone probabilità di competere, era precisamente Ruben Sarabia Sanchez. Ciò si doveva al fatto che la "28 di Ottobre" era cresciuta tanto da avere una capacità di convocazione di diecimila persone, per una manifestazione ordinaria di fronte al palazzo del governatore. La candidatura indipendente di Simitrio, in opposizione al candidato governativo, era vista di buon occhio non solo dai membri del suo gruppo, ma anche da altre organizzazioni e addirittura da partiti politici con orientamenti simili.

Qui, credo, sta il punto nevralgico dello scontro fra il governo e la UPVA: essa si proponeva di compiere un passo molto grande nel competere per il potere politico.

E la forma adottata dal governo per annientare tale contendente fu quella di aprire un procedimento penale a suo carico. Costituzionalmente qui vige la "detenzione preventiva": con un processo criminale aperto, e prima che si determini se una persona è colpevole o no del reato imputatogli, come misura cautelare la si mette in galera. In ogni caso, quindi, al candidato ad un'elezione viene legalmente impedito al prendervi parte. Il 1989 è l'anno in cui il governo decide di decapitare il movimento, eliminandone il leader, partendo dall'idea che tagliando via la testa il corpo cade da solo. Il 16 giugno 1989 montano una grande operazione di polizia, coinvolgendo non solo la polizia giudiziaria, quella legalmente incaricata ad occuparsi di questo tipo di conflitti, ma anche i vigili del fuoco, un reparto cinofilo, i vigili urbani, i carabinieri, in modo tale che intorno alla sede centrale della UPVA si dispiega un dispositivo che circonda varie strade ed isolati. L'obiettivo è quello di porre un accerchiamento che permetta le manovre poliziesche senza che altri vedano ciò che si compie e fare in modo che non vi siano giornalisti, né comuni passanti, che il minor numero di persone possibile si renda conto di ciò che sta succedendo nella zona circondata. Arriva il commando di polizia, entra nel locale, si ritira mentre altri vi sistemano armi e marijuana: 2 Kg e 100 grammi disposti nelle scrivanie dell'ufficio.

Questo si chiama "fabbricare reati", di cui poi incolpare una persona. È un procedimento comune e corrente da parte del governo, non solo nello stato di Puebla, ma in tutta la Repubblica Messicana. Il codice penale qualifica come reato il solo possesso di queste cose, per cui quando il governo desidera disfarsi di qualcuno ricorre invariabilmente a questo schema: seminare armi o stupefacenti fornisce l'appiglio per iniziare un procedimento penale. Il Pubblico Ministero, a cui spetta la competenza di perseguire i reati, è un organo che dipende, a livello della repubblica, direttamente dal presidente, a livello degli stati, direttamente dal governatore ed i rappresentanti del Pubblico Ministero, ovvero i Procuratori di Giustizia, sono gli avvocati o i consiglieri, nel rispettivo ambito, del presidente della repubblica e dei governatori. In tal modo ogni azione intrapresa dal Pubblico Ministero è formalmente un'azione intrapresa dal potere esecutivo federale o locale.

Con tale azione, il 16 giugno 1989, si fornisce il pretesto per la cattura immediata di 5 persone appartenenti all'UPVA, sebbene tra esse non vi sia Simitrio.

Ma gli interrogatori dei detenuti avvengono a base di pestaggi, comprovati durante il processo; li costringono ad autoaccusarsi e ad incolpare gli altri mediante una dichiarazione molto semplice; ciascuno dei detenuti diceva: "Io riconosco che queste armi e questa droga erano nel locale della UPVA, che si trovavano lì da prima che venissimo arrestati; io sono un membro della UPVA, riconosco in Tizio, Caio e Sempronio, le altre persone presenti; le armi e la droga appartengono a Ruben Sarabia Sanchez alias Simitrio". Questo breve discorso è pronunciato da ciascuno dei cinque accusati e con questo si ordina l'arresto anche di Ruben Sarabia Sanchez che, sapendo di essere perseguito, se ne va a Città del Messico. Ma elementi della polizia giudiziaria dello stato di Puebla, che lui identifica perfettamente in quanto conosciuti durante la sua lunga carriera politica come leader della UPVA ed in occasione dei numerosi negoziati al palazzo del governo o alla procura, nel corso di conflitti, vanno al D.F. per eseguire l'arresto (il che formalmente è proibito per legge, in quanto si tratta di stati differenti). Tuttavia è ovvio che i poliziotti non si presentano come polizia giudiziaria, ma operano in abiti civili, lo portano a Puebla e lo mettono in carcere. A questo punto avviano a suo carico non solo il procedimento penale prefabbricato, quello per detenzione di armi e marijuana, ma altri sette procedimenti, tutti derivanti da precedenti denuncie a suo carico. Ma giacché alla fin fine i procedimenti sembrano risultare poco fondati, si cerca di farlo apparire colpevole di ulteriori reati, mentre è già in carcere.

Il 17 febbraio 1990 muore crivellato, a colpi d'arma da fuoco ed in circostanze non ancora chiarite, Gumaro Amaro Ramirez, un altro leader di Puebla, leader di abitanti dei quartieri periferici, che vivono in aree insalubri ed in condizioni igieniche pessime. In quell'occasione il governo dello stato fa comparire un individuo, con precedenti 20 detenzioni per reati minori quali furto, rissa, ecc.. Questi si autodenuncia come l'esecutore materiale dell'omicidio di Gumaro, ma al tempo stesso afferma che il mandante è Simitrio il quale, a tal scopo, l'avrebbe pagato con 10 milioni di vecchi pesos. In questo modo crea e manipola non solo il caso giudiziario, ma anche l'opinione pubblica e una componente molto importante, quella giornalistica, per conquistare l'appoggio dell'opinione pubblica alle azioni del governo. Al caso viene data molta risonanza, attraverso tutti i mezzi d'informazione possibili: sui giornali, alla radio ed alla televisione. Si crea insomma un alone di criminalità intorno a Simitrio.

In prima istanza il processo si concluse con una condanna a 25 anni, in quanto il giudice lo considerò responsabile di omicidio; in seguito il Tribunale Superiore di Giustizia, vedendo quanto fosse stato assurdo, ottuso e mal fatto tutto la montatura che un ricorso legale stava confutando, fece marcia indietro e lo dichiarò assolto da quell'accusa. Rimanevano però tutte le altre, nelle quali predomina l'arbitrarietà dei giudici nell'interpretazione delle prove o, in loro mancanza, l'arbitrarietà del potere statale nel determinare le responsabilità.

Porto solo un esempio: tra le altre condanne, attualmente ne ha una a 25 anni per sequestro di persona. L'imputazione fu di aver sequestrato il tale, alla tal ora, in determinate circostanze; Simitrio si difese affermando che non poteva aver partecipato al sequestro, in quanto precisamente in quel momento si trovava a colloquio con il direttore della polizia stradale dello stato di Puebla. Questi è un funzionario pubblico, anch'egli dipendente dal sistema di potere esecutivo locale. Sebbene i testimoni da noi portati, ovvero gli altri partecipanti a quella riunione, avessero confermato la presenza di Simitrio, dichiarato con chi era stato e di quali temi avessero discusso, quando noi richiedemmo al direttore una relazione in proposito, la risposta fu assai scarna: "Quel giorno, ed a quell'ora, avevo effettivamente in agenda un appuntamento con quel signore, ma non venne". Posteriormente il giudice incaricato di valutare le prove apportate dichiarò: "Dal momento che non hai comprovato la tua difesa, sei colpevole".

Il principio che "nessuno è colpevole finché non si dimostri il contrario" qui non è valido. Di fatto qui è obbligo degli accusati dimostrare la loro innocenza: è un'inversione dei principi normalmente accettati da altre parti. Qui nemmeno il potere giudiziario è indipendente: chi ricopre la carica di presidente di uno dei tre poteri è nominato dal governatore, ovvero il titolare di un potere è designato dal titolare di un altro potere, pertanto perde la sua indipendenza. Ciò si realizza materialmente attraverso linee telefoniche, nel senso che basta una chiamata per dire ai giudici, o al Presidente del Tribunale Superiore di Giustizia, come devono risolvere un processo oppure che devono trovare un espediente giuridico, quale che sia.

Siamo convinti che il potere dello stato è stato usato per incarcerare quest'uomo. E le arbitrarietà non sono finite.

(parte II)

Nel 1993 venne trasferito dal carcere locale di Puebla ad uno federale di massima sicurezza. Il modo in cui avvenne è assolutamente detestabile: senza avvisare la moglie, i familiari o gli avvocati, ma attraverso un'operazione a sorpresa. Arriva il giudice federale, lo fa tirar fuori con violenza e lo trasferisce ad altro penitenziario. Stessa sorte tocca a tanti altri, insieme a lui, ma lui viene portato al carcere di massima sicurezza denominato "Centro Federale di Rieducazione Sociale n° 2", a Puente Grande nello stato di Jalisco. In quell'occasione abbiamo presentato il ricorso legale che si suppone di maggior efficacia nella legislazione messicana, il "ricorso in appello", per il fatto che né l'interessato, né altri, erano stati interpellati circa tale trasferimento. Per legge dev'essere garantito ad ogni cittadino il diritto a non subire prevaricazioni contro la propria persona se l'autorità non soddisfa previamente certi requisiti., ossia se l'atto dell'autorità non è motivato e fondato sul diritto. Su questa base presentammo il ricorso contro il trasferimento. L'autorità competente è un Giudice Distrettuale di qui (siamo nel distretto n° 5), che però si dichiarò non competente a ricevere gli atti, in quanto se il recluso si trova già a Guadalajara, tocca ad un giudice dello stato di Jalisco conoscere la faccenda. Si rimanda quindi la pratica ad un giudice del distretto nello stato di Jalisco, il quale lo analizza e dichiara: "Il caso non è di mia competenza, in quanto i fatti hanno avuto inizio a Puebla, pertanto rimando gli incartamenti al giudice di Puebla, perché si documenti sulla vicenda".

Che cosa fa quest'ultimo? "Dato che vi è un conflitto di competenza, rimando la pratica alla Suprema Corte di Giustizia Nazionale, affinché stabilisca a quale dei due giudici spetti la competenza". In circostanze che ancora non sono state chiarite, la nostra pratica si è persa in questi trasferimenti, e nessuno ce ne fornisce ragione, né al tribunale distrettuale di Puebla, né alla Suprema Corte di Giustizia. Tra il richiedere copia della pratica per poterla riproporre, e l'attesa del verdetto sulla competenza, sono passati due anni. Finalmente il documento riappare ed allora la Corte Suprema lo invia al Tribunale Collegiato di Circuito (decisione illegale perché gerarchicamente collegato ai giudici distrettuali del proprio circuito, cioè del proprio ambito territoriale giudiziario, ma non di distretti diversi).

Tale tribunale è competente in materie federali di secondo grado e supervisiona gli atti dei propri giudici distrettuali. Puebla, Tlaxcala e Oaxaca appartengono al 6° distretto, Jalisco al 9°. Il Tribunale del 6° distretto emette una risoluzione in cui dichiara competente in materia quello del 9°, a cui rinvia la pratica (decisione palesemente illegale, che contraddice la risoluzione della Corte Suprema), mentre quest'ultimo dichiara che la procedura seguita dal precedente tribunale non è conforme alla norma, ma che nonostante ciò la accetta. Pertanto, dal 10 dicembre 1993, data in cui Simitrio venne portato al penitenziario di massima sicurezza, rimane ancora senza risposta il nostro ricorso contro il trasferimento illegale. E sono passati quasi tre anni.

Tutto ciò non è più una questione soltanto legale, ma politica, che non si maneggia nei tribunali, ma nei palazzi di governo.

Abbiamo avuto colloqui con funzionari dello stato di Puebla per richiedere il ritorno di Simitrio al carcere di questo stato. Le ragioni umane sono la lontananza dalla famiglia, dai suoi amici e compagni di organizzazione; il costo elevato per andargli a far visita, il trattamento indegno cui sono sottoposti i detenuti in un carcere di massima sicurezza. Io lo confronto con il trattamento che già riservano a me, come avvocato, e non ho parole per definirlo.

Quando vado a trovare Simitrio, in primo luogo devo lasciare tutto nell'"area di lavoro sociale", non posso entrare con cintura, spille, oggetti, ma solo con camicia, pantaloni, calze e scarpe; quindi devo identificarmi a completa soddisfazione del personale del carcere, passare attraverso per lo meno quattro porte elettroniche il cui accesso è consentito solo alle guardie, che mi accompagnano sempre, fino a giungere ad un passaggio elettronico girevole; qui mi danno una chiave speciale che registra l'impronta digitale per poter attraversare la porta girevole, mi mettono un contrassegno visibile solo ai raggi ultravioletti, quindi mi fanno una perquisizione con l'aiuto del computer per rilevare se i miei vestiti o la mia pelle hanno qualche odore particolare (fanno spogliare completamente, uno deve spostare i genitali da un lato e dall'altro per dimostrare che non vi nasconde nulla); quindi verificano il marchio con i raggi ultravioletti ed io torno ad attraversare due o tre porte elettroniche fino a raggiungere il parlatorio, dove non esiste alcuna possibilità di contatto con l'interno. I vetri sono molto spessi e provvisti di alcuni fori attraverso i quali si parla e si ascolta, ma non ci si può toccare né salutare, il contatto è solo uditivo.

Questo è il trattamento cui vengo sottoposto io, come avvocato, già perfettamente registrato. Nonostante sia designato come suo avvocato, mi richiesero due referenze personali constatabili, dati che poi finiscono in possesso della Segreteria di Governo.

Figuriamoci quale può essere il trattamento dei detenuti...è inqualificabile. Chiedete a sua moglie a quanti esami medici ha dovuto sottoporsi, per avere il permesso di visitarlo. E questo vale non solo per Simitrio, ma per tutti i reclusi in un carcere di massima sicurezza: a tutti è affibbiata l'etichetta di criminali pericolosi, pericolosità determinata dal personale professionista in psichiatria e psicologia dipendente da tali "centri di rieducazione sociale".

Abbiamo sollecitato presso il Governatore dello Stato il trasferimento di Simitrio al carcere di Puebla in innumerevoli occasioni: è una prerogativa che la legge gli dà. Il principio legale è che il detenuto deve scontare la pena nel distretto in cui è stato condannato, quindi abbiamo semplicemente richiesto il rispetto della legge. Risposta: "Non è nelle nostre possibilità: l'imputato è sottoposto ad un processo di ordine federale, perciò si trova e resta nel carcere di Puente Grande". Per legge le pene comminate da un Foro Comune e da un Foro Federale non sono cumulabili, ed il periodo di detenzione inizia ad essere calcolato dal momento dell'arresto. Su quest'altra base, quindi, dal momento che l'ultima condanna a carico di Simitrio (quella per detenzione di armi e marijuana) era di 9 anni e 10 mesi e ne sono già trascorsi 7 e mezzo, abbiamo avanzato la richiesta di libertà anticipata, legalmente possibile, visti i tempi. Risposta della Direzione Generale di Prevenzione e Rieducazione Sociale: "Simitrio è a disposizione dell'autorità esecutiva dello stato di Puebla, e sta scontando 15 anni di carcere che gli ha comminato il Foro Comune di quello stato". Ovvero: Simitrio sta scontando una pena in un penitenziario federale, ma a disposizione di un'autorità locale: formalmente ciò è impossibile, a meno che non vi sia accordo previo tra le due autorità, cosa che non risulta da alcun documento.

Perciò sosteniamo che la faccenda non è più di tipo legale, perché la legge qui non serve a niente, non viene applicata.

L'obiettivo reale del trasferimento da Puebla ad Jalisco fu quello di togliere di mezzo una bandiera di lotta ai suoi compagni della UPVA. Dal momento del suo arresto, fino al trasferimento, il punto centrale di cortei, manifestazioni, presidi dell'organizzazione nella capitale è stata la libertà per Ruben Sarabia Sanchez. A giudizio del governo egli era diventato una bandiera di lotta e la soluzione più semplice fu trasferirlo a Guadalajara, dove non è conosciuto e dove la sua gente non può andare a manifestare. Si pensò così di aver eliminato un problema, ma finora continuano ad averlo, come problema politico dello stato.

Questa è la storia di Simitrio e questo è uno dei tanti motivi di lotta della "UPVA 28 di Ottobre".

- Le organizzazioni dei diritti umani sono informate di questa vicenda ed hanno fatto qualcosa?

Le ONG e le organizzazioni sociali, compresa la UPVA, secondo me, sono un po' carenti come capacità di diffusione dell'informazione. In parte giocano fattori di ordine culturale. Molti membri della UPVA, ad esempio, sono emigrati dalla campagna alla città e probabilmente non hanno neanche completato la scuola elementare, non sanno bene come esprimersi, a chi rivolgersi. Inoltre esiste un eccessivo controllo dei mezzi di comunicazione da parte del governo, che impedisce l'espressione delle idee delle organizzazioni sociali o, quando ne permette la diffusione, le censura. Capita che uno dica una determinata cosa, ma quando legge la notizia riportata si accorge che la sua dichiarazione risulta totalmente diversa, a causa della censura. Pertanto alla storia di Simitrio e della UPVA manca moltissimo la diffusione. Altro fattore è quello economico. Le organizzazioni sociali normalmente non si preoccupano tanto di creare possibilità al proprio interno per far fronte a questo tipo di necessità. In primo luogo manca moltissimo la diffusione dell'informazione.

Le ONG attualmente in Messico stanno rispondendo molto bene, ma indubbiamente se non ci mettiamo in contatto con loro, il problema viene accantonato. Posso dire che le organizzazioni a cui si sono avvicinati hanno fatto tutto il possibile per far conoscere il problema.

- Lei è stato perseguitato per aver assunto la difesa di queste persone?

Da quando assunsi la loro difesa, ebbi problemi come i seguenti: mi fecero aspettare quasi due mesi prima di permettermi l'acceso al penitenziario; in seguito la Procura Generale dello Stato assegnò un picchetto di polizia giudiziaria, una vigilanza, di fronte all'edificio in cui si trova l'ufficio in cui lavoro; sono stati innumerevoli gli ostacoli da affrontare col potere giudiziario: i giudici in casi come questo diventano davvero insopportabili, cercano di far bella figura con i loro superiori ed uno deve superare dei problemi perfino per consultare gli atti di un processo. Questa situazione si presentò fin dall'inizio. Repressione diretta no; probabilmente perché il nostro lavoro è stato chiaro; a noi, come avvocati, spetta la consulenza tecnica e giuridica, mentre è esclusivamente dall'organizzazione che scaturiscono le decisioni politiche, e noi ne abbiamo sempre rispettato l'indipendenza. Vi sono state poi delle occasioni in cui siamo stati invitati a riunirci, insieme ai membri della UPVA, con funzionari del governo a tutti i livelli, per chiarire gli aspetti tecnico-legali del conflitto. In tal senso penso che il governo sappia che il nostro lavoro è molto limpido, non abbiamo mai nascosto nulla e godiamo di un po' di rispetto professionale da parte dei funzionari. Anche perché quando ci mandarono il picchetto di polizia di fronte all'ufficio, parlai personalmente col governatore dello stato, dicendogli che non era necessario mandarmi spie della polizia giudiziaria, così come non sarebbe stato necessario mandarmi ad arrestare quando avessi avuto un problema con la giustizia, sarebbe bastata una semplice telefonata della sua segretaria perché io comparissi... Per questa ragione, credo, tolsero la vigilanza.

- Qual è la situazione giuridica degli altri 4 detenuti?

La UPVA continua ad essere un'organizzazione che si mobilita per richiedere la libertà per i propri compagni incarcerati e per le rivendicazioni relative al commercio ambulante, per cui le frizioni col governo statale sono continuate invariate. Quest'ultimo, come anche il governo federale, ha una concezione di tipo militare. Nonostante la Costituzione riconosca il diritto di manifestazione, quando è la UPVA a manifestare pubblicamente, ciò viene considerato un reato, che di volta in volta assume la forma di "lesione del diritto al libero transito", "attentato ai diritti di terzi", ecc. Tutto ciò a scopo intimidatorio, e per finire di decapitare l'organizzazione, incarcerandone i membri che si distinguono per essere i più propositivi, i più attivi, quelli che partecipano alle manifestazioni e sostengono i colloqui diretti con i funzionari. Il governo li individua immediatamente e verifica se non hanno già a loro carico qualche denuncia. Qui è una costante il fatto che, quando avviene qualche piccolo incidente in cui è intervenuta la UPVA, la parte lesa, o che si considera tale, si reca nell'ufficio del Pubblico Ministero, dove la disposizione è di chiedere al denunciante chi sono i colpevoli, cercando di ampliare la denuncia e di coinvolgere personaggi in vista della UPVA. Il governo approfitta della possibilità di carcerazione preventiva, mentre ancora si sta verificando se la persona è davvero coinvolta nel fatto oppure no, colpevole o innocente, sapendo che per uscire dovrà prima seguire un procedimento legale e che, molto probabilmente, nel frattempo sarà stata pestata o torturata dalla polizia giudiziaria. Attualmente i metodi di tortura sono divenuti più sofisticati per non lasciarne i segni: si impedisce il sonno per ore ed ore, non si somministra cibo, si fa ampio uso della tortura psicologica con minacce ai familiari ("Se continui così vedrai cosa ti succederà" "So già dove vivono tuo padre e tua madre" "So dove trovare i tuoi figli, può capitargli qualcosa..."), oppure si ricorre alla tortura diretta, la più comune e conosciuta, allo scopo di terrorizzare, far abbandonare la partecipazione politica e disgregare il movimento.

Nel 1995 avvenne l'arresto più recente di due militanti della UPVA: Crecencia Alcantarilla Orea ed Orazio Juarez Cordero, di età compresa fra i 50 ed i 60 anni, entrambi dotati di buona preparazione ed intelligenza politica, e dei quali abbiamo assunto la difesa nel processo in corso.

Attualmente i detenuti sono 4, gli altri due difesi da altri avvocati, per cui non potrei fornire elementi su di loro. Per i due nominati, sia le parti lese, sia i testimoni a carico, tanto di fronte ai giudici che nel confronto faccia a faccia, hanno concordato nell'escludere la partecipazione degli imputati ai fatti delittuosi di cui sono accusati. Nonostante ciò, la sentenza fu di condanna a quasi 29 anni per ciascuno. Contro di essa abbiamo presentato ricorso, ed ancora siamo in attesa che venga inoltrato.

La Costituzione Messicana è il massimo ordinamento del nostro paese.

Tuttavia a partire dal governo di Josè Lopez Portillo, ossia dal 1982 finora, si è attuata una serie di cambiamenti. Oggi si definisce come neoliberismo, la corrente filosofica adottata dal governo per modellare il paese, che implica il disegnare un progetto economico e politico per la repubblica; se la Costituzione nelle sue disposizioni si oppone a tale progetto, il meccanismo automatico ormai assunto dai governi è modificarla, per cui non si parla più di mancata osservanza della Costituzione, semplicemente si cambia il punto che intralcia. A questo fine esiste il controllo di un partito politico, che si esercita nelle camere e nelle sedute delle entità federative. Vi è un meccanismo per modificare la Costituzione che passa attraverso un'iniziativa di legge, che può partire dal presidente della repubblica, che dev'essere approvata dalle Camere del Congresso dell'Unione e ratificata dalle entità federative che compongono la repubblica. Dato che il PRI controlla tanto il Parlamento, quanto le legislature statali, non ha alcun problema a modificare la Costituzione quanto gli sia necessario.

(fine)


Grazie a Monica per il paziente lavoro di sbobinatura

Traduzione e sintesi del Collettivo Internazionalista - Torino

Tel./Fax.: 011/5617340 E-mail: alifer@inrete.it

Indice delle Notizie dal Messico