Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale - Messico
31 ottobre 1999
Fratelli e sorelle dei Coordinamenti di Contatto della Provincia Messicana:
Benvenute e benvenuti a La Realidad. Vogliamo ringraziarvi per aver accettato il nostro invito a questa riunione di lavoro. Abbiamo l'onore di incontrarvi con i nostri compagni e le nostre compagne di molti angoli del nostro paese. Chiedo a tutti voi di salutare il nostro essere qui come salutiamo noi zapatisti, cioè, con un applauso. Per questo chiedo un saluto per la Baja California Norte, la Baja California Sur, Chihuahua (specialmente per i nostri fratelli indigeni della Sierra Tarahumara, i compagni rarámuris), Michoacán, lo Stato del México, Puebla, Guerrero, Jalisco, Oaxaca, Querétaro, Guanajuato, Coahuila, Hidalgo, Quintana Roo, Campeche, Colima, Morelos, Tlaxcala, Chiapas. Mandiamo anche un saluto ai fratelli e alle sorelle di Veracruz e Tabasco, che non hanno potuto venire perché stanno aiutando le persone colpite dalle piogge. Un saluto anche per Tlanepantla-Atizapán che non partecipa a causa di un incontro pubblico che non ha potuto cancellare e tutti i compagni che non sono presenti per ragioni economiche.
Vogliamo presentare a tutti una piccola relazione su come vanno i coordinamenti a livello nazionale.
17 sono COORDINAMENTI STATALI: Aguascalientes (Aguascalientes), Baja California Sur (La Paz), Colima (Colima), Guanajuato (Irapuato), Guerrero (Chilpancingo e Acapulco), Hidalgo con contatti regionali nella Sierra-Centro, Sur, Valle de Mezquital, Antiplano e Huasteca (Pachuca, Tulancingo, Tula, Ixmiquilpan, Tizayuca, Huejutla, Ajacuba, Zapotlán), Michoacán, Morelos, Nuevo León, Oaxaca, Querétaro, Quintana Roo, Tabasco, Tlaxcala, Veracruz, Yucatán.
5 sono COORDINAMENTI MUNICIAPALI: Chihuahua-Aladama-Chihuahua, Chihuahua-Justicia y Dignidad-Chihuahua, Chihuahua-Chihuahua, Toluca-Estado de México, e Puebla-Puebla.
12 sono COORDINAMENTI REGIONALI: Baja California Norte-Tijuana, Baja California Sur-Marlin, Coahuila-Torreón, Chiapas-Región Altos, Chiapas-Zona Norte, Chihuahua-Rarámuri, Región Norte-Estado de México, Izúcar de Matamóros-Puebla, Norte-Sur-Centro-Puebla, Regional Rural de Puebla, Tamazunchale-SLP, Regional Mérida-Yucatán.
13 sono COORDINAMENTI SPECIALI: Álvaro Obregón-DF, Azcapotzalco-DF, Coyoacán-DF, Cuauhtémoc-DF, Iztapalapa-DF, Magdalena Contreras-DF, Tlalpan-DF, Venustiano Carranza-DF, Ecatepec-Estado de México, Naucalpan-Estado de México, Tlalnepantla-Estado de México, Nezahualcóyotl-Estado de México, Regional Suroeste-Estado de México.
Inoltre si sta discutendo la possibilità di trasformare in CONTATTO i compagni e le compagne di Zacatecas, Nayarit, Sinaloa (regione Guamuchil), Coacalco-Estado de México, Jalisco, y Ciudad Juárez-Chihuahua.
C'è molto da raccontare e molte informazioni da dare. La maggior parte di questo lavoro tocca a voi e vogliamo ascoltarvi con attenzione. Per questo vi abbiamo invitati a questa riunione, perché ci parliate e perché la parola che ognuno di voi porta sia anche un ponte verso gli altri che hanno lo stesso impegno e lo stesso mal di testa per colpa di questi 7 compiti.
Sappiamo bene che tutti e tutte avete dovuto sacrificare qualcosa per partecipare a questo incontro in questi giorni. Molti hanno sacrificato i propri giorni di riposo, altri hanno sacrificato lo stare vicino ai propri morti, per parlare loro e onorarli come parliamo e onoriamo i nostri morti in Messico. Sì, in questi giorni molti e molte messicane ci voltiamo a guardare i nostri morti e mandiamo alla terra i nostri ricordi, le memorie che ci hanno lasciato. Con i nostri morti chiacchieriamo, cantiamo e a volte ridiamo, forse è per questo che sembrano così tanto vivi i nostri morti.
Sappiamo anche che il viaggio è stato lungo e pesante e che i federali l'hanno fatto diventare ancora più lungo e pensante. Ma così è. Essi, quelli del governo, non vogliono vederci insieme, ci vogliono vedere soli e lontani da tutti, senza nessuno che dia spazio alla nostra parola, senza nessuna voce per le nostre orecchie. Questo vogliono, ma si vede che non ci riescono, perché voi siete qui e qui siamo noi. Ossia ci sono cuori per la nostra parola, e ci sono terre fertili per le parole che portate tutti voi.
Abusando della vostra pazienza, ma approfittando della ricchezza che portate, vorrei mi permetteste di raccontarvi una storia, una storia che ha a che vedere con il sette, con gli antenati, con la terra e con la parola.
La storia che sto per raccontarvi arriva da molto lontano. E non sto parlando di distanza, né di tempo, ma di profondità. Perché le storie che ci hanno dato la vita non percorrono il tempo e lo spazio, no, si fermano lì e basta, rimangono ferme e stando ferme la vita passa loro sopra e rende loro la pelle più dura, perché questa è la vita e questo è il mondo, la pelle insieme alla storia si coprono per rimanerci. Così, semplicemente, si uniscono le storie, una sopra l'altra e le più vecchie stanno molto all'interno, molto lontane. Per questo quando dico che la storia che sto per raccontarvi arriva da molto lontano non sto parlando di molti chilometri, non di anni, non di secoli. Quando i più vecchi dei vecchi dei nostri popoli parlano di storie che arrivano da lontano, indicano la terra per insegnarci che dentro di essa si trova la parola che percorre verità. Scura è la terra e scuro il luogo in cui riposa la parola prima, quella vera. Per questo i nostri primi padri e le nostre prime madri avevano la pelle scura. Per questo il volto di chi porta la storia sulle spalle ha il colore della notte.
La storia dei mondi che fanno questo mondo viene da lontano. Non si trova solo lì, attaccata a un libro o dipinta su un albero. Non va né con il passaggio del fiume né con il volo della nuvola. Non si legge la storia dei mondi che siamo facendo passare i calendari. La storia del come noi siamo nati e divenuti, non è nascosta dietro lettere e carta, no. Questa storia si trova molto lontano, molto in profondità quindi, molto all'interno. Ma non è la storia di questo mondo in cui camminano tutti i mondi che vi racconterò. O forse sì. Forse le storie sono figlie e madri della prima storia, della più lontana, della più profonda, della più vera.
Raccontano i più vecchi dei vecchi che vivono su queste montagne, che c'erano già molti uomini e molte donne che vivevano in questo mondo prima che esistesse il giorno. Grande era il numero della gente e tutto continuava ad essere notte e acqua. Il cielo era come addormentato, ed era così perché i più grandi dei, quelli che diedero vita al mondo, i primissimi, erano addormentati. A lungo avevano lavorato questi primi dei. E naturalmente dar vita a un mondo nuovo stanca. Quindi erano addormentati i più grandi dei e con loro dormiva il cielo. In un letto di notte e acqua i primi dei sognavano. Avevano già fatto le montagne, che furono le prime terre che tolsero dall'acqua. Alcune furono spianate, altre furono ferite e così nacquero le montagne, le valli e i crepacci. La prima terra fu montagna. Per questo i nostri vecchi dicono che è nella montagna dove vive la primissima storia, quella che si trova più lontano.
Quando gli uomini e le donne si stancarono di avere così tanta acqua e notte iniziarono a protestare e a lamentarsi molto. Molto chiasso fecero questi uomini e queste donne che erano molti e molte, ma erano i primi che andavano per il mondo ed erano già molti i colori che dipingevano le loro pelli e le loro parole. Con tanto rumore svegliarono i primissimi dei, i più grandi, i quali chiesero perché gli uomini e le donne che vivevano nel mondo dovessero gridare tanto. Tutti e tutte iniziarono a parlare allo stesso tempo, e a gridare, e a strapparsi la parola, e a litigare per vedere chi parlava di più e più forte e così andarono avanti.
Non capirono molto i primi dei, che erano grandi e che avevano dato vita al mondo, ma non potevano sapere cosa volessero gli uomini e le donne perché parlavano, ma facevano solo baccano e lite. E ancor meno potevano dormire i primi dei e allora chiamarono gli uomini e le donne che avevano fatto di mais, i veri, e chiesero loro cosa stesse succedendo.
Gli uomini e le donne di mais avevano il cuore della parole e sapevano bene che non è gridando o litigando che la parola commina per abbracciare gli uomini e le donne. Perché quando nacque il fiore della parola, i più grandi dei, quelli che diedero vita al mondo, i primissimi, la seminarono nel cuore di questi uomini e donne di mais, perché la verità è una terra buona perché la parola nasca e cresca. Pero questa è un'altra storia.
Risulta che furono questi uomini e queste donne di mais a parlare con i primi dei. "Siamo qui", dissero. E gli dei chiesero loro: "Perché gridano e litigano tanto questi uomini e queste donne? Non sanno che con tutto il rumore che fanno non lasciano dormire? Allora, cos'è che vogliono?"
"Vogliono la luce" dissero gli uomini e le donne vere ai più grandi dei.
"La luce" dissero i primi dei. "La luce" ripeterono gli uomini e le donne veri. Gli dei si guardarono tra loro e si vide chiaramente che si rabbuiarono perché capirono che a qualcuno di loro sarebbe toccato questo compito della luce, ma non dissero niente. "Aspettate" chiesero gli dei più grandi agli uomini e alle donne veri, e andarono a fare la loro assemblea e ci misero molto, perché naturalmente ci vuole molto a trovare grandi accordi, perché la luce non era cosa da poco, era la luce.
In seguito gli dei ritornarono e dissero agli uomini e alle donne vere: "La luce per esserci c'è, però non è qui".
"E allora dov'è la luce?" chiesero gli uomini e le donne di mais.
"Là" dissero gli dei e indicarono verso uno dei 7 punti che orientano il mondo. E i 7 punti che orientano il mondo sono il davanti e il dietro, un lato e l'altro, il sopra e il sotto e il centro che è il settimo punto e il primo.
Gli dei indicavano verso uno dei lati e continuarono a parlare: "La luce pesa molto, per questo non l'abbiamo portata. È rimasta là. Pesa molto. Nemmeno noi che siamo i primi dei possiamo portarla di peso, per questo è rimasta là". Rimasero zitti e addolorati i primi dei, perché anche essendo i più grandi, quelli che avevano dato vita al mondo, non avevano potuto portare in spalla la luce che gli uomini e le donne avevano bisogno per percorrere i mondi che formano il mondo. Il più addolorato di tutti era el Hurakán, chiamato anche Caculhá Hurakán, che significa "raggio di una gamba" o "fulmine", perché anche essendo molto grande e potente non aveva potuto portare la luce, perché aveva una gamba sola.
Gli uomini e le donne di mais, i veri, rimasero pensierosi, ma siccome era tanto il trambusto che facevano gli altri uomini e le altre donne, salirono sulla montagna e lì rimasero in silenzio per trovare la parola e, zitti, la trovarono. La parola parlò loro dicendo che quello che serviva era fare qualcosa che potesse caricare la luce, per quanto pesasse, e portarla fino a questo lato del mondo invece di rimanere solo dall'altro lato.
"Ecco fatto!" dissero gli uomini e le donne vere, "serve solo fare qualcosa che si carichi la luce in spalla e la porti fino qua". "Sì, chiaro" tornarono a dirsi gli uomini e le donne di mais.
Allora si misero a pensare a come fare questa cosa che potesse prendere la luce e portarla da molto lontano fino a questo lato. E pensarono con cosa avrebbero potuto fare questa cosa e videro che la terra era buona. Ma la terra franava appena ne mettevano un po' insieme. Allora le buttarono dell'acqua e durò un po', ma quando si seccava franava di nuovo. Allora presero un po' di terra, ci buttarono un po' d'acqua, l'avvicinarono al fuoco e divenne dura e resistente per un po', ma in seguito lo stesso fuoco la ruppe con il suo calore. Allora venne loro l'idea di soffiarci sopra mentre stava sul fuoco. E videro che così la terra durava abbastanza, aiutata dall'acqua, dal fuoco e dal vento. Fu così come, da allora, il fango serve per tenere insieme e per trasportare le cose. Gli uomini e le donne veri divennero molto contenti perché avevano trovato con che fare la cosa che avrebbe trasportato la luce che stava così lontano.
Allora si misero a pensare a che forma dovevano dare alla cosa che avrebbe portato la luce da questa parte. E pensarono che, di tutte le cose che andavano e si trovavano nel mondo, la miglior forma l'aveva l'essere umano e allora pensarono di dar alla cosa che avrebbe trasportato la luce per portarla nel mondo di tutti la forma di un essere umano. E così le fecero una testa, un paio di braccia e un paio di gambe. E a quel punto gli uomini e le donne di mais divennero contentissimi perché il mezzo che avrebbe portato la luce da lontano aveva forma e sostanza.
Ma la cosa era molto scura e sicuramente si sarebbe persa per il cammino perché dappertutto era notte e acqua e gli uomini e le donne veri divennero molto tristi. Ma a quel punto arrivò Hurakán, il cuore del cielo, come chiamano anche il fulmine, il tuono, la tormenta, che cammina con un solo piede ma è forte e brilla. E il cuore del cielo, chiamato anche "Hurakán" incise la pelle della cosa per unirvi il brillio del suo unico piede, e molto incise e grattò il cuore del cielo e alla fine la cosa brillò, ma la sua forma non era più quella di una testa con due braccia e due gambe, perché da tanto intagliare adesso aveva punte: una in cui stava la testa, due in cui stavano le braccia e altre due in cui stavano le gambe. La cosa a cinque punte brillava sempre un po' e gli uomini e le donne veri divennero felici perché sicuramente con quel brillare non si sarebbe persa per il cammino che doveva seguire per andare a prendere la luce che stava lontano e che tanto pesava.
Tutto sembrava essere pronto, ma la cosa non si muoveva. Sì, brillava, era forte ed era persino bellina con le sue cinque punte ma non camminava. Per quanto la spingessero gli uomini e le donne vere rimaneva lì e basta. "E adesso?" si chiesero gli uomini e le donne di mais? "Ma..." si risposero e si grattarono la testa per vedere se da lì veniva fuori un'idea, per questo da allora gli uomini e le donne, quando non sanno, si grattano la testa per vedere se l'idea non è rimasta lì attaccata o addormentata. Però per quanto si grattassero non trovavano la loro idea.
Andarono allora a chiedere ai vecchi più vecchi della loro comunità e questo fu quello che dissero loro i più vecchi tra i vecchi: "Questa cosa non cammina perché non ha il cuore, camminano solo le cose che hanno cuore".
A quel punto gli uomini e le donne vere divennero felici perché adesso sapevano perché quello che avevano fatto non camminava. E dissero: "Mettiamo il cuore a questa cosa che abbiamo fatto perché cammini e vada a prendere la luce che sta lontano e che tanto pesa.". Ma non sapevano come o di che cosa doveva essere fatto il cuore di questa cosa e allora si strapparono il cuore che ognuno di essi portava nel petto, unirono tutti i cuori e fecero un cuore molto grande e lo misero al centro delle cinque punte della cosa che avevano fatto. E la cosa iniziò a camminare e gli uomini e le donne di mais divennero molto felici, perché anche se si erano tolti il cuore era servito perché la cosa si muovesse.
Ma la cosa andava da una parte all'altra, e andava e veniva e faceva dei giri e saltava, e per quanto la spingessero e le segnalassero il lato verso cui doveva andare per portare la luce che tanto pesava e che lontano stava, non faceva altro che vagabondare e non riusciva a prendere il cammino. Dopo tanto grattarsi la testa, gli uomini e le donne vere persero un po' la pazienza e tornarono a chiedere ai vecchi più vecchi del loro villaggio: "Adesso si muove perché le abbiamo dato un cuore, però va da una parte all'altra, non prende il cammino che vogliamo, quindi cosa facciamo?" chiesero.
E i più vecchi tra i vecchi risposero loro: "Le cose che hanno cuore si muovono, ma solo quelle che hanno il pensiero possono dare rotta e destinazione al movimento".
Gli uomini e le donne di mais divennero contenti di nuovo e si dissero: "Adesso sappiamo come fare perché la cosa che abbiamo fatto abbia una destinazione e segua una rotta". "Sì" si dissero, "diamole pensiero da dove le abbiamo dato sentimento" e dal loro petto estrassero la parola buona, quella vera e così andarono e baciarono la cosa che continuava a muoversi e così, la cosa rimase un attimo quieta e dopo parlò e chiese: "Dove devo andare e cosa devo fare?"
Gli uomini e le donne vere applaudirono perché avevano dato vita alla cosa che avrebbe portato la luce che tanto pesava e che stava lontano per illuminare tutti gli uomini e le donne di tutti i mondi. E così rimase questa cosa, che era molto grande e potente, e sette furono gli elementi che la formarono: la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria, il fulmine, il cuore e la parola. E da allora, sette sono gli elementi che nascono e che rendono i mondi nuovi e buoni. A questo punto le donne e gli uomini di mais applaudirono e dissero alla cosa per dove doveva andare e quello che doveva fare, e le diedero persino un mecapal* tutto per lei per far meno fatica, perché sapevano bene che la luce era talmente pesante che nemmeno gli dei più grandi, quelli che diedero vita al mondo, i primissimi, avevano potuto sollevarla.
La cosa andò e ci mise del tempo. Seduti sulla montagna gli uomini e le donne vere passarono un tempo guardando di là, verso quel lato. E la notte continuava a rimanere e non si muoveva niente. E gli uomini e le donne di mais non si svegliarono, rimasero tranquilli perché sapevano che la luce sarebbe arrivata, perché per questo avevano dato il cuore e la parola a chi avrebbe dovuto sollevarla e portarla, non importa quanto fosse lontano e quanto pesasse.
E così dopo un po' di tempo da lontano si vide che arrivava piano la cosa. Passo a passo arrivò fino a questo lato, camminando, il cielo. E dopo il suo arrivo, passò ancora un po' e dietro arrivò la luce, e ci fu il sole, e ci fu il giorno e gli uomini e le donne del mondo si rallegrarono e continuarono il loro cammino così, cercando con la luce, cercano chissà cosa, perché ogni persona cerca qualcosa, ma tutti cercano.
Questa è la storia che vi volevo raccontare, la storia di come la luce arrivò a questo mondo. Forse voi pensate che è solo un racconto o una leggenda di queste che popolano le montagne del sudest messicano. Forse. Ma se voi vegliate la notte che abbraccia i nostri suoli, potrete vedere all'alba, verso oriente, una stella. Essa annuncia il giorno. Alcuni la chiamano "stella dell'alba" o "faro dell'alba". Gli scienziati e i poeti l'hanno chiamata "Venere". Ma i nostri antenati la chiamarono "ICOQUIH", che vuol dire "quella sulle cui spalle porta il sole" o "quella che porta il sole in spalla". Noi la chiamiamo "la stella del domani" perché annuncia che la notte sta per finire e che un altra mattina arriva. Questa stella, che fecero gli uomini e le donne di mais, i veri, cammina con sentimento e pensiero e arriva così come si deve, cioè, all'alba.
E se vi racconto questa storia non è per intrattenervi e togliervi il tempo di cui avete bisogno per vedere le cose che dovete vedere in questa riunione. No. Ve la racconto perché questa storia che arriva da così lontano ci ricorda che è pensando e sentendo il modo per portare la luce che aiuta a cercare. Con il cuore e il cervello dobbiamo essere il ponte attraverso cui gli uomini e le donne di tutti i mondi camminino dalla notte al giorno.
Fratelli e sorelle dei Coordinamenti della Provincia Messicana:
Benvenuti sulle montagne del Sudest Messicano. Le montagne dei nostri primi antenati, le montagne di tutti voi, le nostre montagne. Il luogo dove vive il guardiano della parola, il Votán-Zapata, come chiamano il guardiano e il cuore del popolo, il fango scuro che brilla molto poco, appena il sufficiente per non perdere il cammino per cui deve portare, caricato nel mecapal* della storia, la luce che tutte le notti viene cacciata sotto da quelli di sopra, ma che sempre torna, per rabbia dei potenti e gioia dei piccoli, da oriente, all'alba.
Benvenuti a La Realidad.
Benvenuti a questa riunione che cerca, con sentimento e ragione, trasformarci in ponti affinché i mondi che camminano la notte di questo mondo e che, come tutti noi, cercano il modo di portare il domani e di farlo nascere nell'unico modo possibile, cioè, collettivamente.
Benvenuti alla terra zapatista che vuol dire "terra degna e ribelle". Benvenuti in questa terra in cui la povertà è dolore e speranza ed è arma di lotta affinché tutte le messicane e tutti i messicani abbiano...
DEMOCRAZIA!
LIBERTÀ!
GIUSTIZIA!
Dalle montagne del Sudest Messicano
Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Subcomandante Insurgente Marcos
La Realidad del Messico, Ottobre 1999
Nota: * striscia di cuoio con due corde all'estremità che usano i lavoratori per portare i carichi: legano il carico con le corde e il peso viene sopportato dalla fronte su cui poggia la striscia di cuoio.
(tradotto da "si.ro" si.ro@iol.it Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)