La Jornada, 29-1-1999

LETTERA A DAVOS di Pablo Gonzalez Casanova

(*) A Samir Amin e Francois Houtart, con motivo della conferenza che hanno organizzato sull'Altro Davos, per trattare i problemi di una vera alternativa

Oggi (come ieri quando si scrisse la Carta delle Nazioni Unite) vogliamo un mondo che ci liberi dalla miseria e dalla paura. Vogliamo un mondo in cui i governi obbediscano alle nazioni e rispettino il mandato dei cittadini e dei popoli. Però questi desideri minimi e universali si scontrano non solo con una tendenza ciclica dell'economia chiamata crisi e non solo con la politica neoliberale che la scatena. Derivano da una guerra molteplice che occulta il suo carattere bellicoso e una strategia di dominio e di appropriazione del mondo. Questa guerra politica impone sistemi di governo deboli, autoritari e corrotti, menzogneri e repressivi.

Come la guerra economica e tecnologica ordisce sistemi di paesi indebitati che vengono regolati e obbligati periodicamente a trasferire parti immense delle proprie eccedenze: risorse naturali, energetiche, imprese pubbliche e private e a frenare o liquidare le conquiste tecnologiche raggiunte in tappe di sviluppo precedenti. Nel campo monetario, finanziario, fiscale e doganale pianifica quanto è necessario per un dimagrimento e indebolimento sistematico dei servizi pubblici e sociali, delle imprese strategiche e dei beni di consumo popolari; tutto a beneficio di un capitale privato straniero e nazionale con pochissimi favoriti. Nell'economia e nella politica lavorativa e contadina flessibilizza i diritti dei lavoratori fino ad annullarli e la fa finita con i diritti agrari e con quelli di comunità ed etnie che difendono i loro antichi territori.

Nel terreno democratico annulla le opzioni economico-finanziarie dei governi e la loro capacità decisionale - che s'avvicina allo zero - in materia di politiche economiche. Stabilisce sistemi elettorali e di partito in cui il voto si limita ad una porzione ridotta della cittadinanza e la rappresentanza e partecipazione del popolo li trasformano in spettatori e commentatori della dittatura neoliberista e dei saccheggi "legali" e illegali che questa impone dopo aver fatto cessare di fatto il diritto repubblicano e sociale così come quello dei medi e piccoli proprietari, degli abitanti urbani e dei contadini poveri. Sul terreno della cultura, spinge per "l'opzione razionale"; cioè, l'egoismo individualista e la lotta interna tra fratelli, di tutti contro tutti, o i suicidi collettivi di poveri, l'auto distruzione fisica e morale con alcool, "colla", droga, coltello e mitraglia. Anima il razzismo vergognoso, il cinismo ridente, il triste conformismo e spiegazioni e giudizi vani dei problemi come fatti attribuibili a delinquenti individuali, oppure a crimini organizzati in cui non si includono i responsabili del sistema di dominio e appropriazione regnante né i loro principali gaudenti beneficiari. Nel campo educativo e della ricerca scientifica e umanistica, privatizza, elitizza, schiavizza e funzionalizza le istituzioni di insegnamento- apprendimento e diminuisce, disillude, perseguita, annulla le risorse umane, economiche, tecniche e scientifiche della ricerca, della docenza e della diffusione della cultura.

La guerra multipla viene librata nelle periferie del mondo, nelle vaste zone del Terzo Mondo e in quelle sempre più popolate dei paesi metropolitani. Però mentre in questi la politica di mediazione riesce ad avere una grossa importanza, in quegli altri, la non-mediazione violenta e la politica repressiva e genocida occupano un posto preponderante teatralmente occultato; mentre le cooptazioni e mediazioni si riducono alla compra-vendita di cose e persone, e si limitano a un numero minimo di individui e di posti che vengono utilizzati come rappresentanti popolari o come guardie bianche.

Mediazione e repressione si combinano in tutti i campi: quello della cultura con la tortura, quello della politica con la persuasione, quello della famiglia con la comunità, quello del mercato con il saccheggio e gli sgomberi. La violenza viene esercitata in forme aperte e velate, scoperte e nascoste mediante un terrorismo di Stato che diventa parte del senso comune di governare e di risolvere i problemi nazionali o internazionali come in Irak, in Sudan, nel Kossovo o ad Acteal.

La guerra di bassa intensità è il succedaneo mondiale della guerra fredda. I suoi precetti e strategie, le sue teorie e tattiche sono state ampiamente sperimentate e pubblicate dai dipartimenti di guerra delle grandi potenze, dall'Inghilterra agli Stati Uniti, passando per la Francia. Come politica di dominazione e appropriazione a base di "sistemi schiavizzati" si approfitta dell'indebitamento estero, dei disequilibri e delle minacce di destabilizzazione per imporre misure crescenti di deregolation e ristrutturazione di mercati, governi e Stati, che collocano questi in una condizione sempre più debole, rispetto alle azioni calcolatamente successive. Impone la logica del dare un poco più di sé ogni giorno per vivere un po' di meno un altro giorno. E continua ad imporre questa logica fino all'estinzione della vittima per inanizione, o grazie al necessario colpo di grazia darwiniano. Instaura "il pensiero tragico della persona che si subordina al mercato" e agli ordini che dallo stesso riceve attraverso i seri funzionari del Fondo Monetario Internazionale. Ogni volta che questi rinnovano un prestito per il pagamento degli interessi accumulati, mettono come condizione al paese indebitato una terapia d'urto che provoca un'ulteriore caduta alla sua sovranità finanziaria, monetaria, produttiva, tecnologica, cognitiva, militare, doganiera, informativa, territoriale. I sopravvissuti delle popolazioni che vengono distrutte fisicamente e moralmente, ideologicamente e culturalmente "vengono condannati alla scomparsa totale" (parole queste ultime del grande vescovo don Samuel Ruiz). Le etnie e gli africani sono le vittime principali.

La possibilità di fermare questa guerra multipla e le conseguenze devastatrici che i suoi stessi autori aspettano al varco dipenderà dall'organizzazione e dall'articolazione democratica dei popoli per una pace con giustizia, sicurezza e democrazia. Solo i popoli organizzati, articolati, coscienti, potranno fermare la guerra contro la vita e obbligare le forze dominanti a un nuovo dialogo ed a un nuovo negoziato in cui s'imponga un programma minimo: quello della sopravvivenza dell'umanità con il rispetto della persona umana. Se questo non accade, i popoli dovranno prepararsi ad un lungo periodo di resistenza economica, politica, culturale e morale che in mezzo a dolori e sofferenze immense imponga il trionfo della libertà, dell'amore e della vita.


(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico - Brescia)



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