La guerra

Carlos Montemayor

Il sostegno e lo sviluppo della guerra non è cosa semplice, bensì di immaginazione, opportunità, decisione, intelligenza. La guerra non sempre ha il volto scoperto. Inventa discorsi, immagina cause e spiegazioni, cambia i nomi alle cose. La guerra non sempre appare dicendo che il suo nome è proprio questo.

La guerra dice che non uccide né minaccia né brucia né distrugge; sono gli altri, sono i popoli stessi che si scontrano e combattono fra loro. Quando la violenza cresce in alcune regioni, essa argomenta che questa violenza è generata dalle stesse comunità e giustifica il suo intervento come forza di pacificazione tra le parti. Si pone al margine delle popolazioni stesse. Si presenta con altri nomi, quello della pace, per esempio, o della legge, ed assicura che essa è l'unico fattore che può risolvere queste lotte intercomunitarie.

L'analisi militare disconosce la causalità sociale e come unica spiegazione della ribellione riconosce solo un nucleo armato principale. Questo nucleo recluta nuovi miliziani e raccoglie la simpatia delle comunità. Ma questo nucleo armato deve contare su un appoggio politico invisibile. La risposta scelta dall'analisi militare è stata la Chiesa.

Quindi, per arrivare al nucleo armato principale, la guerra doveva disarticolare dapprima l'appoggio di questo gruppo invisibile. La sparizione della Conai (Commissione per il dialogo presieduta dal Vescovo Samuel Ruiz) e la pressione e neutralizzazione di molti quadri della Diocesi di San Cristóbal era un passo necessario. L'altro passo doveva assicurare la disarticolazione dei gruppi e delle comunità simpatizzanti. Si sta facendo anche questo passo, in maniera complessa e disarticolata. Ma con questo, oltre che intensificare gli scontri armati nell'attuale conflitto, si stanno gettando le basi per future sollevazioni.

Devo ripetere che la guerriglia campesina ed indigena, cresce con il complice silenzio di un'intera regione. Un pugno di uomini armati non potrebbe sopravvivere senza l'appoggio di questa rete famigliare delle zone indigene. I nuclei armati o con preparazione militare sono solo la punta di un iceberg. Gli estesi e complessi legami famigliari penetrano nei villaggi e nelle fattorie attraverso un sistema di comunicazione impossibile da decifrare per l'esercito o da anticipare senza incorrere in distruzioni indiscriminate. Questo supporto indigeno e campesino al guerrigliero è il circuito che l'esercito vuole disattivare ed è ciò che l'ufficialità politica di turno non vuole vedere, e la più cruenta delle risposte militari è stata soffocare queste guerriglie campesine o indigene. La barbarie, l'assalto ad interi villaggi, la distruzione del territorio, di fattorie o di piccole comunità famigliari, migliaia di profughi, è stata la maledetta risposta che l'esercito ed i governi hanno dato a queste insurrezioni.

Dietro al nucleo guerrigliero ci sono centinaia o migliaia di bambini, di anziani, di uomini e donne silenziosamente complici o attivamente fornitori di informazioni, cibo, strade, abiti, armi, medicine, corrispondenza. La guerra deve essere fatta contro di loro.

Si squalificano i movimenti armati campesinos riducendo le loro cause e identificandole con individui che una volta annientati darebbero come conseguenza logica l'estinzione del movimento. Quando si scopre che l'insurrezione era il risultato della confluenza di una stessa aspirazione da parte di comunità intere, interi villaggi, quasi sempre è troppo tardi.

L'accerchiamento militare nelle Cañadas era la misura efficace per neutralizzare la capacità di fuoco dell'EZLN. In termini militari, l'EZLN diventava un nemico vinto; non c'erano ragioni per negoziare con lui. In termini regionali, i gruppi paramilitari avrebbero bloccato lo sviluppo e la mobilitazione delle basi sociali zapatiste nel Nord e ne Los Altos del Chiapas. Entrambe le misure erano sufficienti, le uniche per assicurare la sconfitta militare e sociale dell'EZLN. La sua sconfitta militare si sarebbe ottenuta con l'esercito; la sua sconfitta sociale con i gruppi paramilitari e le lotte intercomunitarie. Restava solo da pianificare la sconfitta politica dell'EZLN. Questo richiedeva altri elementi congiunturali. Ma la sconfitta sociale mediante i gruppi paramilitari (o gruppi di autodifesa, come li definisce tecnicamente l'esercito o come si autodefiniscono organizzazioni come Paz Y Justicia) provoca effetti devastanti. Può aprire ferite più gravi e prolungate nel tempo.

Il massacro di Acteal è solo un esempio estremo e pubblico. Lo strappo sociale è quotidiano ed incessante.

Ora sappiamo che la strategia militare per soffocare l'EZLN e le sue basi sociali ha esteso la violenza armata ad oltre 30 municipi attraverso almeno dodici gruppi paramilitari e che l'esercito stesso ha ampliato il suo raggio di azione su oltre 70 comunità.

La guerra ha bisogno di privacy. Vuole inventare da sola come avvengono le cose, e la versione della realtà che essa semina deve provenire solo da sé stessa. Nessuno deve avvicinarsi a guardare. Per questo dobbiamo guardarla. Non dobbiamo perderla di vista. Non dobbiamo credere che il dialogo si sia interrotto. Dobbiamo capire che è in corso una guerra.


[Fonte: La Jornada 27 agosto 1999]


(tradotto dal Comitato Chiapas "cap. Maribel" - Bergamo - maribel@uninetcom.it)



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home