La consulta
da La Jornada del 27 marzo 1999, di Enrique Calderón Alzati
Quando i tempi della consulta convocata dall'Esercito Zapatista si avvicinavano, il governo ha fatto fare alcuni studi che permettessero di stimare il possibile grado di successo che avrebbe avuto ed i rischi politici che rappresentava.
I risultati ottenuti da questi studi hanno tranquillizzato gli alti funzionari degli Interni; solo una percentuale marginale della popolazione era a conoscenza degli accordi di San Andrés ed ancora meno ne conoscevano i contenuti. La capacità di convocazione degli zapatisti era ridotta in modo sostanziale e quella economica rendeva impensabile che l'annunciata uscita dei 5 mila indigeni che avrebbero promosso la consulta in tutto il paese si potesse realizzare.
Anche nel caso in cui gli indigeni uscissero, l'assenza di una campagna di media avrebbe fatto sì che si scontrassero con l'apatia della società. La sconfitta della consulta si sarebbe resa palese e la sua amplificazione per mezzo di alcuni media avrebbe costituito la preparazione per il colpo definitivo. Gli zapatisti sarebbero caduti nella loro stessa trappola, per questo il miglior modo di agire era quello di lasciarli andare avanti. Per quello che sappiamo oggi, il costo degli studi è stato maggiore di quello della stessa consulta, ed i suoi principali risultati sono stati la creazione di un numero importante di impieghi temporanei che sicuramente saranno inclusi nelle prossime relazioni di governo.
Ma le cose sono andate diversamente ed hanno costituito una lezione, o meglio varie lezioni per tutti. Per noi, abituati al fatto che le consulte della società civile si facessero con l'appoggio di grandi reti di organizzazioni sociali, che lavorano per mesi alla preparazione, l'invito della Comandancia Zapatista a farci carico del calcolo delle risposte, che abbiamo ricevuto solo cinque settimane prima della consulta, costituiva una sfida di dimensioni sconosciute. La capacità di organizzazione dimostrata dalle migliaia di uomini e donne di tutto il paese, che si sono messe ai tavoli, che hanno contato le risposte, che le hanno comunicate con precisione a chi le stava aspettando, per sommarle e comunicarle ad altri, formando così l'enorme rete che ci ha permesso di conoscere in poche ore i risultati della consulta, ci ha lasciato felicemente sorpresi. Oggi sappiamo che la formazione di una rete cittadina capace di utilizzare l'infrastruttura di comunicazioni di cui oggi dispone il paese, può essere raggiunta in tre settimane, se c'è la necessità, e la motivazione.
Le altre lezioni importanti sono state la capacità che le diverse delegazioni indigene hanno dimostrato nel convincere studenti, lavoratori, imprenditori e donne della validità delle loro richieste, così come la creatività dei gruppi che li hanno accompagnati e che hanno organizzato una varietà di azioni che hanno superato le aspettative della società, generando in uguale misura risa ed entusiasmo, rabbia e tristezza. Il risultato è stato inedito. Le leggi della modernità dicevano che per raggiungere la partecipazione cittadina bisognava contare su una campagna dei media che la motivasse. La consulta ci ha insegnato che a volte la partecipazione cittadina può mobilitare i media e metterli al proprio servizio, a volte contro la volontà degli stessi media, come alla fine ha dimostrato il notiziario Hechos, con le sue interviste e gli interventi dei suoi simpatici inviati.
L'altra lezione è arrivata dal governo, con l'unica critica seria che è stata fatta in questi giorni, anche se più per l'EZLN che per la consulta. E' stata fatta da una maestra che ha detto "E' sbagliata, questa frase è costruita male, cosa vuol dire comandare obbedendo? Manca il soggettodiretto"; credo abbia ragione.
(tradotto dall'Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)
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