Gesuiti: il neoliberismo è peccato

180 milioni di poveri, 40 in miseria

El Universal, 26 gennaio 1999 - Carlos Ramirez

Dopo aver analizzato il neoliberismo in America Latina, i sacerdoti latinoamericani della Compagnia di Gesù hanno fatto circolare alla fine dell'anno scorso una lettera in cui criticavano severamente il neoliberismo nella regione. Per loro il neoliberismo è peccato perché va contro le credenze religiose di giustizia ed in più è ingiusto perché ha provocato 180 milioni di poveri e 40 milioni di persone in miseria.

La lunga lettera pastorale dei gesuiti, pubblicata integralmente nella rivista La Crisis di questa settimana e che aiuta a spiegare il discorso antineoliberista del Papa in Messico, è circolata diffusamente nelle strutture religiose dell'America Latina. Il documento raccoglie le preoccupazioni della Chiesa cattolica sugli effetti politici, sociali, ideologici e di credenze religiose del neoliberismo sulla popolazione latinoamericana. Il documento assume, anche, come si è già visto in Messico, la linea di riflessione pastorale del papa Giovanni Paolo II contro il neoliberismo in quanto socialmente ingiusto.

La lettera dei gesuiti riprende i dati dell'ultima relazione sullo Sviluppo Umano del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo: Il 20% degli abitanti del pianeta si accaparra dell'82,7% delle entrate mondiali, mentre l'80% della popolazione deve dividersi solo il 5,6% delle entrate globali. In più include il dato riguardante disuguaglianze e restrizioni dei mercati internazionali e la condizione di soci diseguali che costa ai paesi in via di sviluppo 500 mila milioni di dollari annui, cioè 10 volte di più di quanto ricevono come aiuto esterno. Nei mercati finanziari il 20% più povero della popolazione mondiale gode dell'8,2% dei prestiti internazionali della bilancia commerciale.

Per i gesuiti il neoliberismo non è il pensiero unico. Dicono: "Siamo restii ad accettare tranquillamente che le misure economiche applicate negli ultimi anni in tutte le nazioni latinoamericane e dei Caraibi siano l'unico modo possibile di orientare l'economia e che l'impoverimento di milioni di latinoamericani sia un costo irrimediabile per una futura crescita". Se le politiche di mercato hanno aiutato a migliorare alcuni indicatori macroeconomici, a lungo raggio "sono lontane dal compensare gli immensi squilibri e le perturbazioni che causa il neoliberismo in termini di concentrazione di entrate, ricchezza e proprietà della terra; di moltiplicazione delle masse urbane senza lavoro e che sopravvivono con impieghi instabili e poco produttivi; di fallimento di migliaia di piccole e medie imprese; di distruzione e di sfollamento di popolazioni indigene; di espansione del narcotraffico in settori rurali, i cui prodotti tradizionali rimangono fuori dalla concorrenza".

I gesuiti dicono che il neoliberismo ha dato in America Latina e nei Caraibi una dimostrazione del deterioramento sociale: "Scomparsa della sicurezza alimentare, aumento della criminalità provocata non poche volte dalla fame, destabilizzazione delle economie nazionali per i liberi flussi della speculazione internazionale e sconvolgimento delle comunità sociali a causa dei progetti delle imprese multinazionali che prescindono dagli abitanti".

In questo scenario i gesuiti concludono che il neoliberismo ha disegnato un doppio scenario: da una parte una crescita economica moderata; dall'altra un aumento in quasi tutti i paesi del malessere sociale che si esprime in proteste cittadine e scioperi. "Torna a prendere forma in alcuni luoghi la lotta armata che non risolve nulla" aggiungono. E il neoliberismo "aumenta il rifiuto verso un panorama economico generale che, lungi dal migliorare il bene comune, approfondisce le cause tradizionali dello scontento popolare: la diseguaglianza, la miseria, la corruzione".

Il documento dei gesuiti è una straordinaria analisi del profilo antisociale del neoliberismo. Enumera quattro effetti negativi del neoliberismo nel sociale:

  1. La cattiva distribuzione della ricchezza e dei guadagni. I gesuiti dicono che quasi la metà degli abitanti dell'America Latina e dei Caraibi non hanno i soldi sufficienti per vivere con dignità. "Opponendosi all'intervento ridistributivo dello Stato, il neoliberismo perpetua la diseguaglianza economica tradizionale e l'accresce". Il neoliberismo ha troppa fiducia nel mercato e "abbandona gli sforzi volti a raggiungere la giustizia sociale" attraverso politiche fiscali e di spesa.
  2. La precarietà del capitale sociale (cultura, conoscenza, educazione, risorse naturali, vie e comunicazioni). Il neoliberismo ha abbandonato il capitale sociale: l'offerta educativa è scarsa e di cattiva qualità, l'investimento in scienza e tecnologia è marginale, le condizioni di salute sono cattive, c'è un vuoto di infrastrutture nelle zone contadine. Avanza la distruzione della ricchezza naturale.
  3. I mercati senza controllo sociale. Non controllando la produzione del capitale sociale, il mercato rimane "al servizio dei più colti, di chi possiede infrastrutture e di chi mette le infrastrutture al proprio servizio". "Stabilendo la deregulation lavorativa e finanziaria, il mercato sposta facilmente il valore prodotto verso i nuclei di accumulazione nazionale e internazionale. In molti casi non si è inserita la popolazione nella produzione del valore aggiunto".
  4. La crisi sociale generale. Per i gesuiti, il neoliberismo ha acuito i vecchi problemi della disuguaglianza sociale in America Latina e nei Caraibi. "Siamo pericolosamente spinti da una cultura che radicalizza l'ambizione di possedere, accumulare e consumare e che sostituisce la realizzazione delle persone in comunità partecipative e solidali dal successo individuale nei mercati". Il neoliberismo porta alla "scomparsa del bene comune come obiettivo centrale della politica". Contrario alla dottrina sociale della Chiesa, "che considera che ci deve essere tanto Stato quanto richiede il bene comune", il neoliberismo riduce lo Stato al funzionamento macroeconomico e "all'impulso degli affari privati".

Per quanto riguarda le proposte la lettera dei gesuiti ne elenca alcune:

  1. Costruzione della società civile. La chiesa deve aiutare la cittadinanza a costruire uno spazio del pubblico.
  2. Rinvigorimento della vocazione politica. La politica come vocazione aiuterà a superare la crisi di governabilità, a dare dignità al servizio pubblico e a porre i mercati sotto il controllo sociale che protegge il bene comune.
  3. Trasformazione dello Stato. Ristudiare lo Stato come agente per un modello alternativo di sviluppo sostenibile, equo e in cui l'essere umano sia il centro.
  4. Elaborazione di un'etica pubblica. I popoli poveri hanno bisogno di verità, di giustizia, dei diritti umani, di lotta contro la corruzione e della protezione dell'integrità della creazione.

"Sempre", conclude la lettera dei gesuiti, "gli uomini e le donne saranno minacciati dalla brama di ricchezza, dall'ambizione di potere e dalla ricerca insaziabile di soddisfazioni sensibili. Oggi questa minaccia si concretizza nel neoliberismo e domani troverà altre espressioni ideologiche e appariranno nuovi idoli.

cramirez@mexico.com


(tradotto dall'Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)



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