Indigenismo e cattolicesimo

La Jornada del 26 gennaio 1999 - Luis Hernández Navarro

L'esortazione apostolica Chiesa in America ha reso evidente il relativo vantaggio della Chiesa cattolica sull'élite dirigente del continente sulla questione etnica. La sua comprensione della posta in gioco è molto superiore a quella che esiste nei circuiti della politica istituzionale. Il suo riconoscimento che i popoli indigeni sono i popoli originari ed il suo invito a rispettare le loro terre e i patti presi, sono in sintonia con il programma del movimento indigeno.

Nell'ora dei diritti, della mobilitazione politica su basi etniche e della gestione di un pensiero politico proprio del mondo indigeno nell'America Latina, l'istituzione ecclesiastica ha un radicamento sociale e una diagnosi che la collocano in un terreno privilegiato per capire il nuovo fenomeno. In cambio le classi dirigenti del continente si trovano troppo compromesse con le politiche di aggiustamento e di stabilizzazione ed ancorate a una visione del "meticcio" come destino finale dei popoli che formano l'America Ispanica, per capire la posta in gioco nella nuova lotta indigena.

Le relazioni tra il mondo indigeno e la Chiesa cattolica sono ben lontane dall'essere semplici e armoniose, e i religiosi che hanno procurato di modificare radicalmente questa situazione sono stati spesso criticati all'interno della loro istituzione. Una parte delle nuove dirigenze indigene considera che il lavoro evangelizzatore è etnocida, poiché attenta contro la cosmovisione, le credenze, i costumi sociali e le forme di organizzazione dei loro popoli.

Lo stesso papa Giovanni Paolo II ha sofferto sulla propria pelle questo disaccordo. Durante la sua visita in Perù nel 1985 un gruppo di indigeni gli restituì la Bibbia e gli disse: "In cinque secoli non ci ha dato amore, né pace, né giustizia. Per favore prenda la sua Bibbia e la renda di nuovo ai nostri oppressori, perché essi hanno bisogno dei suoi precetti morali più di noi. Perché dall'arrivo di Cristoforo Colombo sono stati imposti in America, con la forza, una cultura, una lingua, una religione e valori propri dell'Europa".

Nel mondo indigeno si è sviluppato negli ultimi quattro decenni un pluralismo religioso inusitato. A lato del cattolicesimo sono fiorite diverse chiese cristiane, denominazioni paracristiane e si sono recuperate le religioni tradizionali. Il celibato dei suoi sacerdoti non ha aiutato a tener viva la fiamma del cattolicesimo nelle culture in cui l'autorità è associata all'adempimento delle responsabilità familiari. I profondi cambiamenti vissuti dalle comunità indigene, come risultato dell'azione dei mercati, dei mezzi di comunicazione, della costruzione di strade, della scolarizzazione e della riforma agraria, hanno trovato sul terreno della religiosità uno spazio privilegiato per esprimersi. L'influenza della Chiesa cattolica su queste popolazioni è diminuita.

Nella gestione di questo nuovo movimento indigeno, l'istituzione ecclesiastica ha svolto un ruolo molto rilevante. La trasformazione di catechisti in animatori e organizzatori popolari è un fenomeno che sorpassa le frontiere della diocesi di San Cristóbal de las Casas. Prima dell'impulso della teologia della liberazione, il lavoro sociale di alcune parrocchie aveva già costruito le basi di organizzazioni rivendicative. Tuttavia la maggioranza di questi movimenti si è laicizzata a tal punto che, senza rinunciare alla propria fede, i dirigenti indigeni operano al di fuori dell'autorità ecclesiastica: sono una forza autonoma.

La Chiesa cattolica in questi anni ha anche sofferto un cambiamento significativo. Tra la seconda Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, celebrata a Medellín, Colombia, nel 1968 e la quarta conferenza tenutasi nel 1992 a Santo Domingo, si è avuto un forte cambiamento nella sua visione di ciò che è indigeno. Gli indios hanno smesso di essere coloro che dovevano essere liberati dai loro pregiudizi e dalle loro superstizioni, dai loro complessi e dalle loro inibizioni, dai loro fanatismi, dalla loro timorosa incomprensione del mondo e dalla loro sfiducia e passività, e sono diventati la base della cultura attuale, i propulsori di un progetto di vita che deve essere conosciuto e favorito, come esempio da seguire, per imparare da loro il loro modo di vivere in sobrietà, la loro saggezza per quanto riguarda la cura della natura, la loro mentalità sul valore della terra. Gli indigeni sono, a partire da Santo Domingo, interlocutori della chiesa, e con loro si deve mantenere un dialogo interculturale tra uguali.

La vigorosa emergenza del protagonismo indigeno di grande respiro è il dato centrale che spiega le trasformazioni all'interno della dottrina e della struttura della Chiesa cattolica. Per quanto le resistenze al cambiamento persistano, alcuni gerarchi dell'istituzione si sono resi conto di questo. Non succede così con la maggioranza dei politici latinoamericani. Essi continuano ad essere ancorati a una visione dello Stato-nazione del diciannovesimo secolo.


(tradotto dall'Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)



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