da La Jornada del 23 gennaio 1999 - Jaime Avilés - El tonto del pueblo
Breve messaggio al Papa
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A: Giovanni Paolo II
Da: Serapio Bendoya
Sia benvenuto a Città del Messico, perché è arrivato al momento giusto e con il bel tempo.
Da ieri, lei si trova nel cuore di un paese materialmente distrutto per la pigrizia e la corruzione dei suoi governanti. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, nel maggio del 1994, e la prestigiosa rivista Foreign Affairs, la settimana scorsa, hanno detto, quasi con le stesse parole, che il Messico corre "il pericolo della disintegrazione". Il Foreign Affairs ha aggiunto: "La situazione è così grave che gli Stati Uniti dovrebbero contemplare la possibilità di un intervento per evitare maggiori problemi". La Banca Mondiale, da parte sua, segnala che "l'80% della popolazione messicana si trova in povertà" (relazione del settembre 1998). La Presidenza della Repubblica pronostica che il 1999 "non sarà un anno difficile". E la gente, sentendo questo, si mette a tremare. Per questo le ripeto con allegria che è arrivato al momento giusto e con il bel tempo. Nella Selva Lacandona si dice, e si ripete, e si torna a dire, che quando lei se ne andrà dal Messico il "governo" federale scaglierà una nuova offensiva militare contro le comunità indigene, cioè, contro donne, anziani, uomini, bambini e nascituri assolutamente indifesi, esseri umani sprovvisti di tutto, ma pieni di speranza nella forza simbolica della loro pacifica ribellione. Per l'amor di Dio, estenda sul Chiapas il manto protettore della sua parola e salvi, come hanno fatto tanti altri viaggiatori illustri, le abbandonate teste di chi non ha nulla, perché le vogliono uccidere. Non permetta che il Messico entri nel club dei paesi, come Algeria o Colombia, in cui ogni settimana si commette un massacro. E' tutto quello che chiedo. Non è poco. E' un favore grande come il mondo. Senza altro da aggiungere, desidero sinceramente che la sua permanenza in Messico sia più piacevole che nelle altre occasioni (e scusi se ci sono tante strade e tanti passaggi bui; è che il "governo" federale, il suo partito e la destra cattolica si rifiutano di concedere sufficienti fondi al governo democratico di Cuauthémoc Cárdena).
Con affetto, Serapio Bedoya Arteaga
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Oggi, durante la cerimonia religiosa che presiederà nella Basilica di Guadalupe, il papa Giovanni Paolo II riceverà il saluto e stringerà le mani di quattro donne indigene appartenenti al gruppo Las Abejas di Chenalhó, sopravvissute al massacro del 22 dicembre 1997. Le abejitas gli offriranno una copia del libro che hanno stampato i gesuiti di Chenalhó, che da qualche tempo svolgono il ruolo di padre Michel Chanteau, da quando il Ministero degli Interni l'ha espulso dal paese, secondo loro per sempre, accusandolo di partecipate ad attività politiche. Secondo gli osservatori della regione, senza l'espulsione del padre Chuanteau non ci sarebbe stato il massacro, che ha compiuto ieri 13 mesi, esattamente all'ora in cui il 747-400 dell'Alitalia, chiamato Giuseppe Verdi, atterrava all'aeroporto internazionale Benito Juárez di Città del Messico. Preparando l'incontro del pontefice con le abejitas, gli organizzatori hanno pensato, all'inizio, di regalargli un cofanetto con terra di Acteal, ma dopo aver discusso il tema in un'assemblea plenaria, Las Abejas, hanno deciso che non era conveniente perché in questa terra, hanno detto, "c'è il sangue dei nostri morti e questo non si regala".
(...)
tonto@jornada.com.mx
(tradotto dall'Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)
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