Da La Jornada, 21 gennaio 1999

Zedillo e il Papa parleranno del Chiapas, dicono i vescovi

Persecuzione e chiusura di chiese, fra i temi

Juan Balboa, corrispondente, San Cristòbal de las Casas, Chiapas, 20 gennaio

La Chiesa cattolica del Chiapas ha confermato che papa Giovanni Paolo II parlerà con il presidente Ernesto Zedillo delle chiese chiuse dal gruppo paramilitare Paz y Justicia nei municipi del nord dello stato e della persecuzione a religiosi, secondo quanto ha pubblicato El Caminante, organo ufficiale della diocesi di San Cristòbal de las Casas.

Nel bollettino interno, che è riapparso dopo vari anni, il vescovo di Tapachula, Felipe Arizmendi, ritiene che a causa della visita del Papa e come segno di "buona volontà", il governo potrebbe ridurre il numero dei militari nello stato e ha assicurato che Giovanni Paolo II "è ben informato su ciò che avviene in Chiapas".

"Il Papa certamente parlerà del Chiapas, ma in modo indiretto. Parlerà dei diritti umani e degli indigeni", ha spiegato.

Da parte sua, il vescovo di Tuxtla Gutiérrez, Felipe Aguirre Franco, ha confermato che i quattro vescovi del Chiapas informeranno il Papa sulle chiese che sono state chiuse nello stato e del mancato compimento della legge. Nella stessa pubblicazione, ha pronosticato che Giovanni Paolo II difenderà la diocesi di San Cristòbal nella riunione privata con Zedillo.

La diocesi di San Cristòbal de las Casas, che è presieduta dal vescovo Samuel Ruiz, considera "molto importante" la visita del Papa perché egli parlarà con il presidente messicano sulla persecuzione religiosa nello stato, puntualizza El Caminante (nome con il quale si conosce anche Ruiz Garcìa fra gli utenti della radio a onde corte).

Parallelamente agli incontri fra il governo federale e l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), da cinque anni la diocesi di San Cristòbal de las Casas si è scontrata con una aggressione strisciante che fino ad oggi ha lasciato un saldo di 36 chiese chiuse, distrutte o profanate.

Dal 1995 la diocesi ha denunciato al Ministero degli Interni numerose aggressioni: chiese bruciate, chiuse, occupate, profanate, distrutte, nelle quali è proibito celebrare la messa e alcune occupate dall'Esercito Messicano e dalla Polizia di Sicurezza Pubblica dello stato in comunità indigene di otto municipi della Selva Lacandona, Altos e Nord del Chiapas.

La chiesa di Chenalò si è unita da dieci mesi alla lista delle chiese dove militanti del PRI hanno impedito ai sacerdoti della diocesi di Samuel Ruiz Garcìa di realizzare il loro lavoro pastorale.

I quattro vescovi del Chiapas: Samuel Ruiz Garcìa, Raùl Vera Lòpez, Felipe Aguirre Franco e Felipe Arizmendi, questo giovedì andranno nella capitale del paese per essere presenti il giorno dell'arrivo di Giovanni Paolo II.

Andranno al Distretto Federale anche alcune vedove della strage di Acteal e dirigenti dell'organizzazione civile Las Abejas, che consegneranno al Papa una lettera di ringraziamento per le preghiere da lui recitate dopo il massacro, uno scrigno con "la terra sacra di Actel" e una copia del libro Acteal, una ferita aperta pubblicato recentemente.

Marìa Vasquez, che ha perso nove dei suoi famigliari, sarà presente alle messe di Giovanni Paolo II, ha confermato il parroco di Chenalhò, Pedro Arriaga, che sarà uno dei sacerdoti che concelebreranno con il Papa una delle messe nel Distretto federale. Nella comitiva della diocesi di San Cristòbal ci sono i vicari Felipe Toussaint e Gonzalo Ituarte Verduzco.


Viene ad ascoltare il Messico: Lona

Vìctor Ruiz Arrazola, corrispondente, Oaxaca, Oax., 20 gennaio

Il vescovo di Tehuantepec, Arturo Lona Reyes, ha sostenuto oggi che se pure è certo che "il papa Giovanni Paolo II viene a portare un messaggio pastorale da Roma all'America Latina, non credo che sia così disattento da non ascoltare altri temi". Ha aggiunto che il Papa va in Messico "per ascoltarlo, poiché è uno dei paesi più emarginati e isolati".

Gli è stato chiesto se con l'intervento del Papa si potrebbe risolvere il conflitto in Chiapas. "Io credo di sì; non proprio una soluzione al cento per cento, però sicuramente darebbe una guida, delle luci verso dove si possa camminare per arrivare ad una soluzione rapida di questo conflitto che sta colpendo in modo così forte non solo gli abitanti del Chiapas, ma il Messico intero".

Ha aggiunto che Giovanni Paolo II ha sempre dimostrato una "grande sensibilità sociale". Se gli si faranno queste domande, "darà il suo punto di vista", ha confidato.

Il vescovo Lona Reyes, 73 anni d'età, ha commentato che la visita papale non si deve analizzare solo da un punto di vista religioso, perché ciò "impoverisce il messaggio di Cristo; non si deve separare dal sociale, dal politico e dal culturale".

Ha inoltre sostenuto che il vescovo di San Cristòbal de las Casas, Samuel Ruiz Garcìa, e il suo coadiutore, Raùl Vera, "son profeti e un profeta autentico non è mai stato ben visto dalle classi privilegiate. Questa è la situazione di Samuel e di Raùl, amici e fratelli nel vescovato, di noi che abbiamo innalzato la bandiera del signore Gesù, quella dell'opzione per i poveri e questa opzione ci è costata molto".

Lona Reyes, che lascerà la diocesi di Tehuantepec al compimento dei 75 anni d'età, in accordo con il Diritto Canonico, si è scontrato lo scorso ottobre con una richiesta di rinuncia inviatagli dal nunzio apostolico, Justo Mullor, per supposte differenze con il suo coadiutore, Felipe Padilla. Questa petizione non è stata ratificata dal Vaticano.


Chierici si rifiutano di ricevere una lettera di prigionieri politici

Maribel Gutiérrez, corrispondente, Acapulco, Guerrero, 20 gennaio

L'arcivescovo di Acapulco, Rafael Bello Ruiz, e il vicario dell'arcidiocesi, Angel Martìnez, si sono rifiutati di ricevere i familiari di 23 prigionieri politici reclusi ad Acapulco, che volevano consegnare loro una lettera perché la facessero arrivare a papa Giovanni Paolo II.

Il manoscritto è firmato dai 23 prigionieri politici: il dirigente della Uniòn de Organizaciones de la Sierra del Sur e segretario per i Diritti Umani del PRD dello stato, Bertoldo Martìnez Cruz, il dirigente della Organizaciòn Campesina de la Sierra del Sur, Benigno Guzmàn Martìnez, l'avvocato delle vedove di Aguas Blancas, José Sànchez, la studentessa Erika Zamora, il dirigente del PRD di Cruz Grande, Efrén Cortés, sei contadini mixtechi incarcerati per il massacro di El Charco, sei militanti della OCSS e sei simpatizzanti del PRD.

Nella lettera dicono: "Ci troviamo in prigione per difendere i principi cristiani, per difendere gli umili, per praticare l'amore verso gli uomini" ed aggiungono: "Il governo attuale è al servizio dei privilegiati e contro i poveri, appoggia la politica neoliberale e mente sempre al popolo, pratica la tortura e l'assassinio, viola le garanzie individuali e i diritti umani". I prigionieri, "come cattolici", chiedono al Papa che "esiga dal governo che rispetti i principi cristiani".

La moglie dell'avvocato José Sànchez, Yolanda Jaimes Garcìa, ha reso noto che i familiari sono stati oggi a mezzogiorno nell'ufficio dell'arcivescovo Bello Ruiz, che non li ha potuti ricevere. E' stato detto loro che ritornassero alle sei del pomeriggio per vedersi con il vicario Angel Martìnez, ma anche lui si è rifiutato di dare loro ascolto e di ricevere la lettera dei prigionieri.


(tradotto da <patrgior@tin.it>)



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