Il Manifesto 20 Agosto 1999

La guerra dei Monti Azzurri

Messico: lotte sociali e scontri politici

E l'esercito attacca gli zapatisti

- GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL, CHIAPAS

Negata dai portavoce del governo, l'occupazione militare della comunità di Amador Hernández, all'entrata della riserva ecologica dei Montes Azules, ha tutte le caratteristiche di un accerchiamento. Amador Hernández, invasa giovedì scorso da centinaia di paracadutisti, si trova a poche decine di chilometri da La Realidad, considerata la capitale zapatista nel cuore della Selva Lacandona, ed è uno delle decine di municipi autonomi fondati dalle comunità indigene nei territori dov'è presente l'Esercito zapatista di liberazione nazionale. Questa azione bellica, che sta provocando manifestazioni di protesta in Messico - oltre che una lettera di condanna dei congressisti statunitensi - aumenta la pressione sulla zona controllata dagli zapatisti e può essere l'annuncio di un blitz per decapitare lo stato maggiore dell'Ezln.

Dopo cinque giorni di fronteggiamento, tra esercito e indigeni, spalleggiati da studenti e docenti di Città del Messico, la situazione nel villaggio è estremamente tesa. Picchetti di campesinos controllano tutti gli accessi al villaggio, e tra loro non vi sono solo zapatisti, ma anche membri di altre organizzazioni contadine democratiche. Scontri sarebbero avvenuti, e i feriti sarebbero una quindicina. Reti di filo spinato sono state piazzate dai militari. La possibilità di un nuovo massacro è tutt'altro che distante.

Caserme nella selva

Già dal mese scorso, lo schieramento di cinquemila soldati nella selva - con compiti di rimboschimento, secondo le autorità militari - aveva sollevato forti perplessità nonché la preoccupata denuncia delle comunità zapatiste. L'occupazione di Amador Hernández viene ora giustificata dall'esercito come una semplice operazione di polizia, che dovrebbe permettere la costruzione di una strada a cui peraltro la comunità si oppone. La propaganda governativa, riecheggiata dalla stampa del regime e dalle due principali reti televisive, cerca di presentare gli zapatisti come nemici del progresso e sottolinea la funzione "sociale" delle nuove strade, che servono in realtà a facilitare un penetrazione sempre più capillare nella selva. Sulle nuove strade asfaltate, di fatto, transitano solo camion militari e i vecchi Hummers, i veicoli multifunzionali di fabbricazione nordamericana, residuati della guerra del Golfo.

Durante questi ultimi cinque anni, la presenza dell'esercito federale messicano nelle zone di influenza zapatista è aumentata enormemente (c'è chi calcola in sessantamila il numero dei militari presenti nello stato del Chiapas), le basi e gli accampamenti crescono come funghi e nel nord del Chiapas le bande paramilitari, spalleggiate e addestrate dall'esercito, impongono la loro legge. In spregio agli accordi di San Andrés, firmati nel febbraio 1996 dai rappresentanti del governo e dai delegati dell'Ezln, sono aumentate le persecuzioni e le azioni giudiziarie. Dall'aprile del 1998 ad oggi, il governatore del Chiapas, Roberto Albores, ha smantellato numerosi municipi autonomi, spiccando ben trecento mandati di cattura contro simpatizzanti zapatisti, in aperta violazione alla Legge di concordia e pacificazione, votata nel 1995 dal Parlamento. Migliaia di rifugiati vivono ormai stabilmente in campi profughi in condizioni disumane.

Gli effetti della "guerra sporca" o "di bassa intensità", ricalcata dai manuali di controinsurrezione del Pentagono, stanno letteralmente strangolando le comunità filozapatiste. La libertà di transito è continuamente calpestata dai militari, che esercitano una costante azione di spionaggio e intimidazione. E' illuminante, a questo riguardo, un recente comunicato delle autorità del municipio autonomo Flores Magón (dal nome di un anarchico messicano d'inizio secolo), costrette alla latitanza da più di un anno. "Se i soldati incontrano un campesino lo fanno perfino spogliare, gli tolgono e buttano a terra il suo carico, mais o legna, lo insultano e lo perquisiscono. Siccome noi indios e campesinos di queste terre siamo una minaccia per il loro progetto di nazione escludente e neoliberale, hanno bisogno anche della presenza di centinaia di effettivi della polizia statale e giudiziaria. Sanno che la loro presenza viola la Costituzione". E' una delle innumerevoli testimonianze che le organizzazioni dei diritti umani inanellano e presentano pubblicamente.

Incontri a La Realidad

L'intensificazione delle ostilità da parte dell'esercito e l'occupazione della comunità di Amador Hernández - dove, per la prima volta, sono stati utilizzati paracadutisti, piovuti a centinaia sulla testa della popolazione - avveniva mentre era in corso a La Realidad un incontro per la difesa del patrimonio culturale, minacciato da una recente proposta di legge.

Davanti a centinaia di partecipanti, è apparso il subcomandante Marcos, accompagnato da un'insolita scorta, per denunciare l'attacco militare.

Da San Cristóbal è partito immediatamente un gruppo di trenta osservatori democratici per evitare che nella foresta, lontano dagli occhi di tutti, fosse perpetrato un massacro di civili. Nel frattempo, gli abitanti della comunità stavano già organizzando la prima risposta all'invasione, opponendosi pacificamente con una barriera umana all'entrata dei militari, che hanno risposto con gas lacrimogeni all'inaspettata resistenza.

Quanto alla costruzione della strada, le ragioni invocate dagli zapatisti, che ne sottolineano l'uso strategico, risultano ben più plausibili delle dichiarazioni governative. E' molto probabile, in effetti, che la scoperta di ingenti giacimenti petroliferi nella Selva Lacandona renda necessaria la creazione di una strada per il trasporto dei convogli militari destinati a proteggere i futuri cantieri di estrazione.

A San Cristóbal circolano insistentemente anche altre ipotesi. La prima è che la nuova offensiva militare sia un diversivo per distogliere l'attenzione dai movimenti di protesta che occupano le prime pagine dei giornali messicani. L'occupazione dell'Unam, la maggiore università di Città del Messico e del paese, continua da quattro mesi e, anche se è entrata in un momento di stallo, ha ormai risvegliato un movimento studentesco come non si vedeva dal 1968.

La solidarietà degli studenti con il movimento zapatista e, più in generale, con la rivendicazione dei diritti indigeni comincia a diventare troppo scomoda per il regime, dilaniato dalle lotte intestine in vista delle elezioni presidenziali del 2000. Fra i quattro candidati del Pri, il Partido Revolucionario Institucional al potere da 70 anni, il clima è talmente rissoso che potrebbe sfociare in una rottura del partito.

Le presidenziali del 2000

La possibile alleanza fra le due principali forze di opposizione - il Partido de la Revolución Democrática, di centro-sinistra, e il Partido de Acción Nacional, di centro-destra - attualmente in piena trattativa, significherebbe quasi sicuramente un crollo del regime e questa possibilità, vista di buon occhio dalla maggioranza dei messicani e dallo stesso capitale finanziario, sta producendo nel Pri un pericoloso isterismo.

L'attuale offensiva militare del governo è considerata da altri commentatori politici come un tentativo di spezzare il collegamento sempre più solido fra i vari movimenti di lotta, cui si è aggiunto ultimamente quello, guidato dal sindacato messicano degli elettricisti, contro l'annunciata privatizzazione dell'energia elettrica. Ma, appunto, come non bastassero l'occupazione della Unam (che le reiterate minacce non sono riuscite a far cessare, e anche l'ultimatum del 16 agosto, data fissata dal rettorato per la ripresa delle lezioni, non ha sortito effetti); la lotta degli elettricisti contro le minacce di privatizzazione, cioè di vendita agli americani, di Pemex, la compagnia nazionale del petrolio; naturalmente, la contraddizione permanente rappresentata dall'Esercito zapatista, che da cinque anni e mezzo continua ad esistere e a operare; come se tutto questo non bastasse, si è aggiunto anche - come si accennava - il fronte della cultura.

E a La Realidad, "capitale" zapatista, sono passati in questi ultimi due mesi gli studenti del Cgh (Comité general de huelga, di sciopero) della Unam, nonché molti studenti e docenti di altre università in agitazione, come la Universidad pedagogica nacional, e, pochi giorni fa, studiosi, archeologi e lavoratori dell'Inah, anch'esso in via di privatizzazione.

A questi ultimi il subcomandante Marcos ha esposto, in due lunghi comunicati (letti per altro di persona, altro fatto che indispettisce il governo), la posizione zapatista attorno alla difesa della memoria nazionale, contro la "decisione ufficiale di mettere in vendita tutto quel che il paese possiede": "Chi governa ora in Messico - ha detto tra l'altro Marcos - pretende di mettere l'etichetta del prezzo alla storia culturale del Messico e di convertire il patrimonio storico nazionale in un pezzo da collezione privata, fare un bagno asettico alla storia per, dopo averla ornata di effetti speciali, trasformarla in una Disney World dell'Antichità, visto che il neoliberismo non concepisce altrimenti il passato. Per chi ci governa, se la storia non è quotata in borsa non ha alcun valore. E se il patrimonio culturale non si può vendere, è qualcosa di inutile e fastidioso, e per di più ha un pericoloso potenziale sovversivo".

L'assommarsi e il connettersi di tante lotte sociali, nonché le ripetute apparizioni pubbliche del subcomandante Marcos, insieme a una serie di interessi strategici (come il petrolio) hanno infine deciso le autorità a premere il piede sull'acceleratore: le comunità zapatiste assediate dall'esercito federale sono ora una trentina; altre sono state invase, come Taniperlas; altre ancora, come la stessa Realidad, dove i convogli militari di passaggio sono negli ultimi tempi raddoppiati, sono nel mirino. E le proteste dei parlamentari della Cocopa (la commissione incaricata del dialogo) o della diocesi di San Cristóbal non sembrano per il momento fermare l'offensiva.


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