La consulta indigena e i nodi del discorso

da La Jornada del 20 marzo 1999, di Adolfo Regino Montes

Di fronte a una consulta inedita, che sta scatenando un processo di mobilitazione cittadino plurale ed ampio per il riconoscimento dei diritti indigeni e per la fine della guerra nel sud est messicano, il governo federale - attraverso il suo coordinatore per il dialogo in Chiapas, Emilio Rabasa - ha spolverato dei vecchi argomenti contro la proposta della COCOPA sulle riforme costituzionali in materia indigena, affermando che viola la Costituzione.

In questo contesto, Rabasa sostiene che "imponendo la proprietà collettiva sulla proprietà delle terre ejidali, che in questo momento corrisponde solo all'11% del totale nazionale, si creerebbe un serio problema sociale... per la terra. In più si dovrà togliere agli ejidatari che li hanno, indigeni e contadini, i titoli legittimi".

La precedente affermazione è totalmente infondata e manca della minima serietà per varie ragioni.

Partiamo dall'articolo quarto, V comma della proposta della COCOPA, stabilisce che "I popoli indigeni hanno il diritto alla libera determinazione e, come espressione di questa, all'autonomia come parte dello Stato messicano, per: (...) accedere in modo collettivo all'uso ed all'utilizzo delle risorse naturali delle loro terre e territori, intesi come la totalità dell'habitat che i popoli indigeni usano ed occupano, tranne quelli il cui dominio diretto appartiene alla nazione".

Analizzando questa redazione è molto importante ricordare che gli operatori deontologici (obbligazione, diritto soggettivo e proibizione giuridica) il modo in cui funziona tutto il sistema normativo. E in questo senso è rilevante precisare che la proposta della COCOPA su questo aspetto, non propone altro che un diritto soggettivo che i popoli indigeni secondo la propria volontà potranno esercitare o no. Detto in altro modo, a nessun popolo indigeno si potrà imporre l'uso e lo sfruttamento collettivo delle sue terre, visto che non si tratta di un obbligo giuridico, ma di un diritto soggettivo che dipende fondamentalmente dalla volontà degli stessi interessati. In questo modo l'accesso all'uso ed allo sfruttamento collettivo delle terre indigeni - nei termini della proposta della COCOPA - non è un'imposizione.

In accordo a quanto detto sta il fatto secondo cui le nostre comunità indigene hanno come forma essenziale dell'uso e sfruttamento della terra il sistema comunale. All'interno dei nostri popoli ci è stato insegnato ad usare la terra in modo comune e senza che nessuno la possieda in modo privato. Anche questo non è un'imposizione, ma una ferma volontà delle nostre comunità, che si è resa esplicita sotto il meccanismo del "riconoscimento e il titolo dei beni comuni". Al darsi questo riconoscimento giuridico, molte delle nostre comunità hanno assicurato legalmente le proprie terre ed hanno ricevuto i titoli di proprietà collettiva. Questi titoli sono la base fondamentale per assicurare la proprietà collettiva della terra, di fronte alle intenzioni privatizzatrici del governo messicano, poste in pratica oggi. Quindi non si tratta di creare nuovi documenti o titoli comunali che disconoscano quelli già esistenti, ma di rafforzare quelli che già ci sono per dargli maggiore efficacia.

Inoltre l'associazione dei municipi non entra in contraddizione con i postulati costituzionali attuali. Di fatto, a livello federale, l'articolo 115 stabilisce che "i municipi di uno stesso stato, previo accordo tra gli stessi municipi e nel rispetto della legge, potranno coordinarsi ed associarsi per la più efficace prestazione dei servizi pubblici che gli corrispondono".

Allo stesso modo, l'articolo 94 della Costituzione di Oaxaca stabilisce la libera associazione dei municipi prendendo in considerazione la loro filiazione etnica e storica, per promuovere in modo globale lo sviluppo regionale.

Viste così le cose non sembrano esserci argomenti validi da parte governativa per squalificare la consulta o in ogni caso per delegittimare le rivendicazioni dei popoli indigeni del paese. Con questo, la pretesa governativa sembra essere volta a continuare a sostenere argomentazioni che ostacolino il processo di pace già fermo da più di due anni, questione che deve preoccupare tutti i messicani in questo difficile momento per tutti. Speriamo che la voce della società messicana sia adesso più forte per dare impulso alla pace definitiva nello stato del Chiapas.


(tradotto dall'Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)



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