L'ora dei piccoli
Prima parte: Il ritorno di...
Per Don Emilio Krieger, che è stato sempre con i piccoli.
Per i bambini di "El Molino" (del Fronte Popolare Francisco Villa) che hanno perso le loro case in un incendio.
"Nella cassetta delle lettere del tempo ci sono allegrie
che nessuno vuole esigere / che nessuno mai
reclamerà / e finiranno appassite
rimpiangendo il sapore delle intemperie
e senza alcun dubbio / dalla cassetta delle lettere del tempo
partiranno presto le lettere effimere
disposte a radicarsi in qualche sogno
dove si custodiscono gli spaventi della sorte".
Mario Benedetti
Piove appena una brezza umida e fredda. Davvero così tanto forte è stato il picchiettio della pioggia sulla montagna nei giorni scorsi, che le ha lasciato non poche ammaccature e ci sono cicatrici che le rovinano tutta la gonna. Però bene, dopo tanta tormenta, questa pioggerella è gradevole. È tempo di pioggia. Tempo dei piccoli.
Un uomo buono è morto. Che si dice quando un uomo buono muore? Alcuni bambini, che ieri avevano aperto senza paura le loro case per ricevere mille cento undici senza volto, hanno perso la loro casa. Che si dice quando un bambino perde la sua casa? Niente si dice, solo si tace. Perché molte volte i dolori sono da tacere. Allora, tentando di alleviare il dolore, i piccoli di questo lato dell'accerchiamento tendono i loro ponti come mani fino a dove manca l'uomo buono e fino a dove mancano porte e finestre che si aprano all'altro dimenticato e piccolo, all'altro degno e ribelle. Si tendono per accompagnare, per stare vicino, per non dimenticare. Qualche volta perciò, senza fretta, l'ombra s'infila con tenerezza nella prima parte della quarta epistola, cercando di strappare un sorriso tra tanto dolore che là duole.
Laggiù la candela ribadisce la sua vocazione di faro per questo marinaio nella montagna che, perduto, naviga nelle ombre del mattino presto. Sì, andiamo, però faccia lei attenzione con il fango e quelle pozzanghere. Va piano lei? Bene, io la precedo e da là dentro la avviserò. Bene, sono qui. Sì. C'è di nuovo quell'ombra sola. No... Un momento... Sembra che ci sia qualcun altro... Questa candela che non smette di agitarsi! No, non riesco a vedere chi altro c'è, ma è evidente che c'è qualcuno perché l'ombra gli parla. No, anzi rifiuta, perché non fa che ripetere "no, no e no". Poi tace e io vado verso quell'angolo per vedere meglio. Eccola. Mmhh. Credo che la nostra ombra prediletta sia impazzita. Non si vede nessun altro intorno! Solo lui con il suo "no, no e no". Insomma, c'era da aspettarselo, tanta pioggia e tante albe finiscono per far impazzire tutti. Che? Ma se le ho già detto che non c'è nessuno! Mi devo avvicinare? Così vedo meglio? Bene, sì, piano e con discrezione. No, insisto, non c'è nessuno. Un momento! Aspetti! Sì, distinguo qualcosa... Lì, in un angolo! Sì! Che sollievo! Non è diventato pazzo, no. E' che è così piccolo che non lo si notava... Che? Con chi parla? Bene,... lo vedrà pure lei... davvero vuole saperlo? Si? Insomma... vabbè... con uno scarabeo!
Durito!
Lettera 4ª
- No, no e no! - dico a Durito per l'ennesima volta.
Sì, Durito è ritornato. Però prima di spiegarvi il mio "no" reiterato, devo raccontarvi la storia completa.
Quando l'altro mattino all'alba la pioggia aveva formato un ruscello che si è messo a scorrere giusto in mezzo alla capanna, è arrivato Durito a bordo di una scatoletta di sardine che aveva una matita in mezzo e, attaccato, un fazzoletto o qualcosa del genere, che ho saputo dopo, era una vela. Nella parte più alta del palo maggiore, pardon, della matita, ondeggiava una bandiera nera con un cranio feroce che riposava su un paio di tibie incrociate. Non era proprio un nave pirata, però sì, era insomma, una scatoletta di sardine pirata. Vuole il caso che la nave, ossia la scatoletta, abbia colpito giusto il piede del tavolo e lo ha fatto con in tale strepito che Durito se n'è volato via ed è atterrato giusto nel mio scarpone. Come ci riesce, Durito si ricompone ed esclama:
- Il giorno d'oggi... oggi... - si volta a guardarmi e mi dice: - Ehi tu, naso di carota! Dimmi subito la data!
Io ho un attimo di dubbio, un po' per la voglia di abbracciare Durito dato che è tornato, un po' per la voglia di dargli una pedata per il "naso di carota", e per altro ancora per... per... la data?...
- Sì! La data. Cioè, giorno, mese e anno in corso. Svegliati mentecatto, sembra che tu sia al dibattito per i presidenziabili! Dimmi la data!
Io guardo l'orologio e dico: - 12 ottobre 1999
- 12 ottobre? In fede mia come la natura imita l'arte! Bene. Oggi, 12 ottobre 1999, dichiaro scoperta, conquistata e liberata questa bella isola caraibica che risponde al nome di... di... Svelto, il nome dell'isola!
- Che isola? - chiedo io ancora sconcertato.
- Come che isola, mentecatto? Insomma questa! Quale può essere? Non c'è pirata che può dirsi tale senza un'isola per nascondere il tesoro e le pene...
- Isola? Io ho sempre pensato che fosse un albero, una seiba per essere più precisi - dico mentre mi affaccio al bordo della gonfia chioma.
- Visto che ti sbagli, è una isola. Dove si è sentito che un pirata sbarchi su una seiba? Allora mi vuoi dire il nome di quest'isola o il tuo futuro sarà servire da colazione agli squali - dice Durito minaccioso.
- Squali? - dico io, inghiottendo saliva. E aggiungo tartagliando: Non ha nome...
- "Non ha nome". Mmh. In fede mia, è un nome molto degno per una isola pirata. Bene, oggi, 12 ottobre 1999, dichiaro scoperta, conquistata e liberata l'isola "Non ha nome" e nomino questo individuo di ovvio naso mio nostromo, primo ufficiale, mozzo e vedetta.
Io cerco di non far caso sia all'insulto che alla moltitudine di incarichi conferiti, e dico:
- Ma allora... adesso sei un pirata!
- "Un pirata". No! Sono IL PIRATA!
Però adesso devo spiegare la figura di Durito. Una benda nera gli copre l'occhio destro, un fazzoletto rosso gli copre la testa, ad uno dei suoi molteplici bracci un pezzettino di ferro ritorto gli fa da uncino e in un altro splende il bastoncino che tempo fa era Excalibur, adesso non sono sicuro, ma potrebbe essere una specie di spada, o di sciabola, di quelle che usano i pirati. Inoltre, legato ad una delle varie zampette porta un pezzettino di ramo come se fosse... come se fosse... mmh... una gamba di legno!
- Bene, che te ne sembra? - dice Durito mentre fa mezzo giro su se stesso perché possa apprezzare tutta l'eleganza con cui ha confezionato il suo abito da pirata.
Con attenzione gli chiedo: - Così adesso ti chiami...?
- Black shield! - dice Durito pomposamente ed aggiunge: - Però per quelli che non sono globalizzati può andare Scudo negro.
- Scudo negro?, ma...
- Chiaro! Non ci sono già stati un Barbarossa e un Barbanera?
- Bene, sì, però...
- Non c'è però che valga! Io sono Scudo Negro! Se li confronti a me Barbanera arriva solo al grigio e il tal Barbarossa è più scolorito del tuo vecchio paliacate"
Durito ha detto questo brandendo spada e uncino allo stesso tempo. Adesso fermo a prua della sua scatoletta di sardi..., pardon, della sua imbarcazione, inizia a declamare la canzone del pirata...
- "Con dieci cannoni per banda..."
- Durito.... - cerco di richiamarlo in senno.
- "Vento in poppa a tutta vela..."
- Durito...
- "Non taglia il mare ma vola..."
- Durito!
- Che cosa? Qualche galeone reale si trova a nostra portata? Presto! Dispiega le vele! Preparati all'abbordaggio!
- Durito! - grido già disperato.
- Calma, non gridare che sembri un bucaniere disoccupato. Che ti succede?
- Potresti dirmi dove sei stato, da dove vieni e che cosa ti ha portato in queste terre, pardon, isole? - chiedo già un po' più calmo.
- Sono stato in Italia, in Inghilterra, in Danimarca, in Germania, in Francia, in Ginevra, in Olanda, in Belgio, in Svezia, nella penisola iberica, nelle Isole Canarie, in tutta l'Europa - Durito mi risponde distribuendo sciabolate a destra e a manca.
- A Venezia ho mangiato con Dario una di quelle paste che tanto entusiasmano gli italiani e che mi lasciano i-n-a-m-o-v-i-b-i-l-e.
- Un momento! Quale Dario? Non vorrai dire che sei stato a mangiare con Dario...?
- Sì, Dario Fo. Bene, mangiando, mangiando, no. Lui mangiava, io lo guardavo mangiare. Perché guarda, quegli spaghetti mi fanno venire mal di stomaco, e ancor di più quando ci mettono il "pasto".
- Pesto - lo correggo.
- "Pasto" o "pesto", sa solo di erbaccia. Come ti dicevo, sono arrivato a Venezia proveniente da Roma, dopo essere scappato da uno di quei "Centri di Detenzione Temporanea (per Immigrati)", che sono una specie di campo di concentramento, dove le autorità italiane isolano, prima di espellere dal loro paese, tutti quelli che provengono da altri paesi e, pertanto, sono "altri differenti". Uscire non è stato facile, ho dovuto capeggiare una rivolta. Chiaro: è stato fondamentale l'appoggio di quegli uomini e di quelle donne che in Italia sono contro questo razzismo istituzionalizzato. Bene, il caso ha voluto che Dario chiedeva che lo aiutassi con alcune idee per una sua opera di teatro e non ho avuto cuore di dirgli di no.
- Durito...
- Dopo sono stato alla marcia contro l'ONU per la guerra in Kosovo.
- Sarà contro la OTAN...
- È lo stesso. Fatto sta che, dopo una serie di peripezie, mi sono imbarcato in direzione dell'Isola di Lanzarote.
- Un momento! L'Isola di Lanzarote? Non è dove vive José Saramago?
- Sì, bene, io lo chiamo Pepe. Dato che Pepe mi ha offerto un caffè perché gli raccontassi le mie esperienze nell'Europa dell'Euro. È stato magnifico...
- Sì, immagino che sarà stato magnifico chiacchierare con Saramago...
- No, mi riferisco al caffè che ci ha preparato la Pilarica. Fa davvero un caffè magnifico.
- Ti riferisci a Pilar del Rio?
- Sì, proprio lei.
- Così un giorno mangi con Dario Fo e un altro prendi il caffè con José Saramago.
- Sì, in quei giorni giravo solo con puri premi Nobel. Però ti dicevo che con Pepe ho avuto una brutta discussione.
- E il motivo?
- Quello del prologo che ha scritto per il mio libro. Mi è parso molto di cattivo gusto che riducesse me, il grande e equanime Don Durito della Lacandona, al mondo dei coleotteri lamelleicornei". (Durito si riferisce al prologo di José Saramago del libro "Don Durito della Lacandona", Ed. CIACH A.C.)
- E com'è finita la discussione?
- Bene, dato che l'ho sfidato a sangue, così come dicono le leggi della cavalleria errante.
- E...?
- E niente, ho visto che alla Pilarica si sarebbe spezzato il cuore, dato che era ovvio che io avrei vinto, e così lo perdonai...
- Tu perdonasti José Saramago?
- Bene, non del tutto. Dato che non mi sono dimenticato dell'affronto, lui dovrà venire in queste terre e fare a voce spiegata la seguente dichiarazione: "Ascoltate tutti. Tremate tiranni. Sospirate donzelle. Allegri infanti. Festeggiate voi, tristi e indaffarati. Ascoltate tutti. Di nuovo per queste terre va il sempre grande, il portentoso, l'ineguagliabile, il benamato, l'insperato, l'onomatopeico, il migliore dei cavalieri andanti, Don Durito de La Lacandona".
- Tu hai fatto promettere a José Saramago di venire in Messico a dire queste...queste... queste cose?
- Sì, anche se mi sembra un castigo leggero. Però dopo tutto è un premio Nobel e magari è necessario che scriva il prologo del mio prossimo libro.
- Durito! - lo rimprovero, e aggiungo: - Bene, però com'è stato che ti sei trasformato in pirata, pardon nel PIRATA.
- La colpa è stata del Sabina... - dice Durito come se parlasse di un compagno di baldoria.
- Ossia hai visto pure Joaquín Sabina?
- Chiaro! Voleva che lo aiutassi con gli arrangiamenti musicali per il suo prossimo disco. Però non interrompermi. Il fatto è che stavamo il Sabina ed io andando a zonzo per bar e donne a Madrid, quando siamo arrivati alle Ramblas.
- Ma se le Ramblas sono a Barcellona!
- Sì, lì sta il mistero. Perché un momento prima eravamo in una Taverna di Madrid, imbambolati da una femmina dalla pelle oliva, andalusa di Jaén per darti un'idea, e io ho dovuto andare a soddisfare una di quelle necessità biologiche che chiamano "primarie". Ed è qui che sbaglio la porta e, al posto di quella del water, ho aperto quella della via. E salta fuori che ero nelle Ramblas. Sì, non c'erano più né Madrid, né Sabina, né taverna, né pelle d'oliva, però io continuavo ad aver bisogno di un "water", perché un cavaliere non può andare a fare quelle cose in un angolo qualsiasi. Ergo, ho cercato un bar, tentando di ricordarmi di quando ero andato a zonzo con Manolo...
- Immagino che tu ti riferisca a Manuel Vázquez Montalbán - chiedo disposto ormai a non stupirmi più di niente.
- Sì, però è un nome troppo lungo, così io lo chiamo solo Manolo. Allora stavo cercando angustiato, inquieto ed affannato, un luogo con un water, quando mi appaiono di fronte, in un oscuro vicolo, tre ombre gigantesche...
- Banditi - l'ho interrotto trasalendo.
- Negativo. Erano tre bidoni della spazzatura, alla cui ombra ho calcolato di poter fare, in intimità e con discrezione, ciò che pensavo di fare nel water. E così ho fatto. E con la soddisfazione del dovere compiuto, ho acceso la pipa ed ho ascoltato chiaramente le 12 scampanate del Big Ben.
- Ma Durito, se sta a Londra, in Inghilterra...
- Sì, anche a me è parso strano, però che cosa non era strano quella notte? Ho camminato fino ad arrivare di fronte ad una scritta che diceva: "Pirati. Si necessitano. Non si richiede esperienza previa. Preferenza a Scarabei e Cavalieri erranti. Informazioni nel bar "La Mota Nera" - Durito accende la sua pipa e continua:
- Ho continuato a camminare, cercando la scritta "La Mota Nera". Ho camminato a tentoni, indovinando appena angoli e muri, così tanto dura era la nebbia che cadeva quel mattino all'alba sui vicoli di Copenaghen...
- Copenaghen? Ma non eri a Londra?
- Guarda, se continui ad interrompermi con delle frasi così scontate, ti mando sulla plancia e di lì in bocca agli squali. Ti ho già detto che tutto era molto strano e dopo aver letto la scritta che sollecitava pirati a Londra, stavo già cercando il bar "La Mota Nera" in Copenaghen, Danimarca. Mi sono perso per un po' nei giardini di Tivoli, però ho continuato a cercare. Dopo poco, in un angolo, l'ho trovato. Una luce funerea distillata da un solitario lampione, appena graffiava la nebbia ed illuminava una scritta che annunciava: "La Mota Nera. Bar & Tavoli da Danza. Sconti Speciali per Scarabei e Cavalieri Erranti". Non senza aver prima apprezzato l'alta stima e simpatia che hanno in Europa per gli scarabei ed i cavalieri erranti...
- Sarà perché non li soffrono... - mormorai appena.
- Non credere che mi scappi l'ironia dei tuoi mormorii - dice Durito -. Però per il bene dei tuoi lettori, continuerò con la mia narrazione. Verrà il tempo per aggiustare i conti con te.
Dicevo che, dopo aver apprezzato la grande intelligenza degli europei nel riconoscere ed ammirare la grandezza che noi pochi esseri possediamo, sono entrato in questo bar del quartiere di Montmartre, vicino al Sacré-Coeur...
Durito sta in silenzio un momento, aspettando che io lo interrompa dicendo che è a Parigi in Francia, però io non dico niente. Durito assente con soddisfazione e continua:
- Dentro una nebbiolina invadeva l'ambiente, mi sono seduto ad un tavolo nell'angolo più scuro. Non è passato nemmeno un secondo che un cameriere, in perfetto tedesco, mi ha detto: "Benvenuto a Berlino Est" e, senza dire altro, mi ha lasciato quello che ho pensato fosse il menù, l'ho aperto ed era composto da una sola frase: "Pirati in erba, secondo piano". Sono salito per una scala che stava giusto alle mie spalle. Sono arrivato in un lungo corridoio fiancheggiato da alcune finestre. Per una di queste si potevano apprezzare i canali ed i 400 ponti che elevano Amsterdam sulle 90 isole. Da lontano si vedeva la Torre Bianca, che ricorda ai greci di Salonicco gli estremi dell'intolleranza. Sempre lungo il corridoio, più avanti, un'altra finestra dava sulla curva cupola del Matterhorn svizzero. Più in là, s'indovinavano le pietre miracolose del Castello irlandese di Blarney, che danno a chi le bacia il dono della parola. A sinistra, s'innalzava il campanile della Piazza Maggiore di Brujas, in Belgio. Seguendo il corridoio, prima di arrivare ad una porta sgangherata, una finestra guardava verso Piazza dei Miracoli e allungando un poco la mano si poteva toccare l'indebolito inclinarsi della Torre di Pisa.
- Sì, questo corridoio si affacciava su mezza Europa e non mi sarei sorpreso se sulla porta ci fosse stata una scritta che recitava "Benvenuti al Trattato di Maastricht". Però no, la porta non aveva nessuna scritta. E inoltre, non aveva nemmeno una maniglia. Ho bussato e niente. Ho spinto il pesante pannello di legno ed ha ceduto senza problema. Un lugubre cigolio ha accompagnato l'apertura della porta...
- Sono entrato così in una stanza che era parzialmente nell'oscurità. In fondo, su un tavolo pieno di carte, una lampada illuminava a malapena la faccia di un uomo d'età indefinita, una benda gli copriva l'occhio destro e un uncino gli faceva da mano e con questo si accarezzava le lingue di barba. Lo sguardo dell'uomo era fisso sul tavolo. Non udivo niente e il silenzio era tanto denso, che si incollava come polvere alla pelle..." - Durito si scuote la polvere dal suo abito da Pirata.
- Ecco lì un pirata, mi sono detto, avanzando verso il tavolo. L'uomo non si è mosso. Io ho tossicchiato, come facciamo noi cavalieri educati per richiamare l'attenzione. Il pirata non ha alzato lo sguardo. Invece, un pappagallo (che fino ad allora non avevo notato sulla sua spalla sinistra) ha iniziato a declamare, con una così bella intonazione che perfino Don José de Espronceda avrebbe applaudito, quel canto che dice: "Con dieci cannoni per banda, vento in poppa a tutta vela, non taglia il mare ma vola, una barca a vela brigantino".
- "Si sieda", ha detto, non so se l'uomo o il pappagallo, però il pirata o quello che io supponevo un pirata mi ha allungato un foglio senza proferire parola. L'ho letto. Non voglio annoiare i tuoi lettori né te, così riassumendo si trattava di una richiesta per entrare nella "Grande Confraternita di Pirati, Bucanieri e Terrori Marini, A.C. di C.V. di R.O.". L'ho compilata subito, sottolineando la mia condizione di scarabeo e di cavaliere errante. Ho consegnato il foglio all'uomo e questi l'ha letto in silenzio.
- Alla fine, mi ha guardato col suo unico occhio e mi ha detto: "Io la aspettavo Don Durito. Sappia lei che sono l'ultimo dei pirati autentici ancora in vita. E dico di quelli "autentici" perché adesso ci sono un'infinità di "pirati" che rubano, uccidono, distruggono e saccheggiano nei centri finanziari e nei grandi palazzi governativi, senza toccare altra acqua che quella della tinozza. Questa è la sua missione (e mi consegna un plico di pergamene vecchie). Trovi lei il tesoro e lo metta al sicuro. Adesso mi scusi, però devo morire". E dicendo questo, ha lasciato cadere la testa sopra la tavolo. Sì, era morto. Il pappagallo s'è alzato volo e se n'è andato per la finestra dicendo: "Via libera all'esiliato di Mitilene, via libera al figlio bastardo di Lesbos, via libera all'orgoglio del mare Egeo. Apri le tue 9 porte temuto inferno, che là va a riposare il grande Barbarossa. Ha trovato chi continua i suoi passi e dorme adesso chi ha fatto dell'oceano appena una lacrima. Con Scudo Negro navigherà adesso l'orgoglio dei Pirati autentici". Sotto la finestra si stendeva il porto svedese di Göteborg e da lontano un nyckelharpa piangeva...
- E tu che hai fatto? - ho domandato, calato in pieno nella storia (benché un po' nauseato da tanti nomi di posti e località).
- Senza aprire nemmeno il plico di pergamene, ho girato sui miei passi. Ho ripercorso il corridoio e sono sceso al bar-tavoli da danza, ho aperto la porta e me ne sono andato nella notte, giusto sulla passeggiata di Pereda, in Santander, sul Mare Cantabrico. Mi sono diretto verso Bilbao, addentrandomi in Euskal Herria. Ho visto dei giovani ballare Eurresku e Ezpatadantza al ritmo del txistu e del tamburo, vicino a Donostia-San Sebastián. Son salito sui Pirinei e ripreso l'Ebro tra Huesca e Zaragoza. Lì mi sono ingegnato per farmi una imbarcazione e ho continuato fino al delta in cui il Mediterraneo riceve l'Ebro, in mezzo al ruggito del Vento di Dalt. A piedi sono risalito fino a Tarragona e di lì a Barcellona, continuando per dove ci fu la famosa Battaglia di Montjoïc. - Durito fa una pausa come per prendere fiato.
- In Barcellona mi sono imbarcato su una nave cargo che mi ha portato a Palma di Maiorca. Siamo andati in direzione sudest, costeggiando Valencia e, più al sud, Alicante. Abbiamo avvistato Almeria e, da lontano, Granada. Per tutta l'Andalusia, un canto flamenco aleggiava intorno a palme, chitarre e tacchi alti. Una gazzarra festosa e gigantesca ci ha accompagnato fino a che, dopo aver doppiato Algesiras, abbiamo attraversato Cadice e all'imbocco del Guadalquivir, "voci di morte suonarono" venendo da Cordoba a Siviglia. Un canto gitano diceva "Dormi ora, Durito, figlio diletto del mondo, lasciati andare senza meta, e col tuo bel passo". Siamo riusciti ad avvistare Huelva e dopo ci siamo diretti alle 7 isole maggiori delle Canarie. Lì siamo sbarcati e ho raccolto un poco di saggezza dall'albero che chiamano Drago, buona, dicono, per i mali del corpo e dell'anima. Così è stato come sono arrivato all'Isola di Lanzarote e ho avuto con don Pepe l'alterco che ti ho già riferito.
- Uffa! Sei andato dappertutto - dico, stanco al solo racconto del periplo di Durito.
- E tutto quello che non ho detto! - dice lui, borioso.
Io ho domandato: Allora, non sei più un cavaliere errante?
- Chiaro che sì! Quello di pirata è solo passeggero. Solo mentre compio la missione che mi ha raccomandato il defunto Barbarossa.
Durito si zittisce guardandomi.
Io penso: "quando Durito si zittisce guardandomi così è sempre perché... perché...".
- No! - gli dico.
- No che cosa? se non ti ho detto niente - dice Durito fingendo sorpresa.
- No, non mi hai detto niente, però quello sguardo non significa niente di buono. Qualsiasi cosa tu mi stia per dire, la mia risposta è "no". Ho già abbastanza problemi come guerrigliero, perché adesso debba diventare un bucaniere. E non sono così pazzo da imbarcarmi su una scatoletta di sardine!
- "Pirata", e non "bucaniere". Non è lo stesso, mio caro e nasone mozzo. E non è una scatoletta di sardine, è una fregata e si chiama "Metti la tua barba a mollo".
Io faccio finta di non aver sentito l'insulto e replico:
- Metti la tua barba a mollo? Mmh, strano nome. Però insomma, "Bucaniere" o "Pirata", significa solo altri problemi.
- Come vuoi, ma prima di qualsiasi cosa, devi rispettare il tuo dovere - dice Durito solenne.
- Il mio dovere? - chiedo abbassando la guardia.
- Sì, devi comunicare a tutto il mondo la buona nuova.
- Quale "buona nuova"?
- Che sono ritornato. E non si deve trattare di uno di quei lunghi, densi e noiosi comunicati con cui torturi i tuoi lettori. Così, per non correre rischi, ti ho portato il testo scritto - detto questo, Durito preleva da una delle sue tasche, un foglio.
Io leggo e poi rileggo. Mi volto verso Durito e inizio con quel "no, no e no" con cui inizia questo racconto.
Per non annoiarvi troppo, vi dirò che Durito pretendeva che io tirassi fuori una lettera o un comunicato, con la società civile nazionale e internazionale come destinatari, annunciando che lui era già tornato.
Naturalmente mi sono rifiutato, dato che dovevo rispondere alla lettera che ci hanno inviato quelli che partecipano alla Commissione Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani (Ccidoldh), sollecitando la stessa fiducia che avevamo loro concesso nel 1998, che li riceviamo e che diamo la nostra parola, dato che verranno in una nuova visita in una prossima data. Così ecco:
Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Messico, ottobre 1999
Alla Comunità Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani
Fratelli e sorelle:
A nome di bambini, donne, uomini e anziani dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e delle comunità indigene in resistenza, vi comunichiamo che sarà un onore per noi che visitiate queste terre. Avete la nostra fiducia, sarete trattati con il rispetto che meritate come osservatori internazionali e non avrete, da parte nostra, nessun impedimento nel vostro lavoro umanitario. Parleremo anche con molto piacere con voi. Vi aspettiamo.
Bene. Salute e vi ricordo che qua, oltre alla dignità, abbonda il fango.
Dall'isola "Non ha nome", pardon. Dalle montagne del Sudest Messicano
Subcomerrante Insurgente Marcos
Messico, Fregata "Metti la tua barba a mollo". Ottobre 1999
Occhio: seguono i postscriptum.
P.S. Che dà filo da torcere. E' successo poi che, nonostante il mio reiterato rifiuto, Durito è riuscito a convincermi, offrendomi una parte del tesoro. Sì, abbiamo guardato per bene le pergamene e c'è una mappa del tesoro. Naturalmente dobbiamo ancora decifrarla, però la sfida è irresistibile.
E il testo di Durito? Dopo un arduo negoziato, ci siamo accordati che sia un postscriptum. Ergo, segue...
P.S. Per la società civile nazionale e internazionale
"Signora:
"È per me un onore comunicarle la super-duper (così dice il testo di Durito) buona nuova, il regalo che farà la felicità di piccoli e grandi. Che tremino i grandi centri finanziari! Che arrivi il panico nei palazzi dei grandi e falsi signori! Che festeggino quelli in basso! Che le più belle donzelle preparino i loro migliori vestiti da gala e sospirino le primavere dei loro ventri! Che si scoprano la testa gli uomini buoni! Che ballino allegri gli infanti! E' tornato il più grande e il migliore dei pirati (copiato dall'originale), pardon, dei cavalieri erranti che sono stati nel mondo! Don Durito della Lacandona! (copyrights reserved) (così dice il testo di Durito). Giubilo per l'umanità! Il nostro più sincero cordoglio per il neoliberismo. Sta qui, è tornato il grande, che dico 'grande, il gigante, il meraviglioso, il superlativo, l'hiper-mega-plus, il supercalifragilisticoespiralidoso (così dice il testo di Durito), l'unico, l'ineguagliabile, lui. IL, Don Durito de La Lancandona! Sììììì! (così dice il testo di Durito)".
Fine del testo di Durito (dal quale prendo totalmente le distanze).
Bene, insomma. E' già ritornato Durito. (Sospiro). Non so perché ha incominciato a venirmi mal di testa.
Bene. Saluti e qualcuno ha per caso un'aspirina?
Il Subpirata (bellissimo con la sua benda sull'occhio destro) (giocatori, astenersi)
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)