La Jornada, 16 dicembre 1999
Chiapas: la quotidianità della controinsurrezione
di Gilberto López y Rivas
Una volta ancora le recenti visite in Chiapas del presidente Ernesto Zedillo e del ministro degli Interni Diódoro Carrasco hanno confermato lo strumento locale della strategia di constoinsurrezione, Roberto Albores Guillén rimarrà al potere Esecutivo dello stato, nonostante i suoi ripetuti eccessi, provocazioni e violazioni della legge.
Questo appoggio è un altro passo nella crescita delle contraddizioni nella regione e un segno inequivocabile del fatto che il dottor Zedillo non ha la volontà politica di trovare una soluzione al conflitto attraverso la via del dialogo e della negoziazione. La realtà dei fatti e delle azioni del governo federale e di quello locale si impongono sulla retorica ufficiale delle frequenti dichiarazioni in sede nazionale e internazionale. La proposta del ministero degli Interni per riprendere il dialogo, alla luce di quanto veramente viene fatto o non fatto, rimane lettera morta della demagogia presidenziale.
A quasi sei anni dall'inizio della ribellione maya zapatista, si continua con la politica di amministrare il conflitto, logorando militarmente, economicamente e politicamente le comunità indigene che costituiscono le basi di appoggio dell'EZLN. L'incremento dei posti di blocco, degli accampamenti, delle pattuglie di vigilanza, dei voli rasenti, della costruzione di strade per la penetrazione militare, delle violazioni di domicilio, degli interrogatori, della stesura di liste nere e reti di leader, delle voci, delle minacce, delle azioni di diversione e penetrazione della seconda sezione dell'esercito (spionaggio militare), delle attività di vessazione, degli attacchi di paramilitari reclutati nel partito ufficiale, della gestione faziosa delle risorse governative; questo forma l'ampia gamma di azioni controinsurrezionali che formano la quotidianità degli indigeni che hanno adottato la ribellione dello zapatismo, che fa ovviamente impressione sui bambini, gli uomini e le donne dei villaggi e delle comunità della zona del conflitto.
Si tratta, come hanno tentato le guerre di controinsurrezione di questo secolo, di distruggere la morale, corrompere le coscienze, inculcare la paura e la delazione, vincere il collettivismo, la disciplina e la solidarietà che prevale tra i membri del movimento ribelle; isolare queste basi di appoggio, provocare la dissidenza interna.
Questa è la quotidianità della controinsurrezione che i media non pubblicano, abituati come sono alla logica per cui le notizie si fanno con fatti o accadimenti straordinari o singolari. In questi sei anni, il regime militare è riuscito a sconvolgere la vita quotidiana di migliaia e migliaia di indigeni e ha fatto passare per "normale" la virtuale invasione di soldati e poliziotti nelle loro terre e nei loro territori, al punto che alcuni analisti e non pochi politici considerano la presenza massiccia dell'esercito non solo "naturale", ma persino "necessaria".
Il Chiapas e la guerra che non esiste sono passati ad occupare un luogo secondario nell'attenzione dell'élite politica del paese che se ne ricorda solo quando il sensibile sguardo di Saramago sottolinea l'ostinata persistenza della dignità ribelle di fronte all'accerchiamento e all'aggressione; o quando l'osservazione pertinente della Robinson segnala la sistematica violazione dei diritti umani dei popoli indigeni con i processi di militarizzazione.
Di nuovo si "naturalizza" la condizione indigena con tutta la sua crudezza e drammaticità. Lo sguardo dell'altro come eterno soggetto vittima minimizza i processi dell'etnocidio militarista e, per omissione, provoca la complicità.
Sei anni di guerra e le cause che diedero origine al conflitto sono tuttora laceranti e aggravate dall'occupazione militare. Quello che il potere tenta e dimostrare che la ribellione si paga cara e che solo la sottomissione produce i dividendi della carità governativa nella sua lotta contro la povertà estrema.
Anche così non si sono ammainate la bandiere, né si è chiesta una tregua.
Anche la ribellione mantiene la coerenza della sua quotidianità.
(tradotto da "si.ro" si.ro@iol.it Associazione Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - Lombardia)
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