La Jornada 3-8-99
Diritti umani: il fuoco e l'allarme
di Luis Hernandez Navarro
L'edificio s'incendia. Suona l'allarme. Invece di permettere che i pompieri facciano il loro lavoro, l'amministratore dell'immobile, che si crede suo padrone, cerca di disattivare il segnale d'allarme. Afferma: "è un'esagerazione; non sta succedendo niente, tutto è sotto controllo".
L'edificio si chiama Messico. Il fuoco è la situazione in cui versano i diritti umani dentro il paese. L'allarme sono i dossier che gli organismi difensori hanno elaborato. L'amministratore dell'immobile è il governo federale.
Nonostante i tentativi di sottostimare l'incendio, questo cresce dentro l'edificio. Il governo può far sì che l'allarme si senta poco nel territorio nazionale e può dilapidare il prestigio accumulato dalla diplomazia messicana in azioni che la rimpiccioliscono come fare pressione sulla comunità internazionale perché si confonda sulla situazione dei diritti umani, però le fiamme e il fumo si vedono da tutti gli angoli del pianeta.
Le raccomandazioni del 30 luglio 1999 del Comitato dei Diritti Umani dell'ONU sono la prova più recente del fallimento dei tentativi ufficiali di camuffare la realtà nazionale. Altri anelli che testimoniano la sconfitta della strategia governativa, sono: - il rapporto del 23 luglio di quest'anno, di Asma Jahangir, relatrice speciale dell'ONU sulle esecuzioni extragiudiziarie, che ha provocato una bollente risposta del Ministero degli esteri (SRE); - la risoluzione del 14 agosto 1998 della Sottocommissione per la Prevenzione della Discriminazione e Protezione delle Minoranze dell'ONU sulla situazione dei diritti umani in Messico e in particolare in Chiapas; - i successivi rapporti delle organizzazioni dotate di una indiscutibile autorità morale e politica come Amnisty International o Human Rights Watch. Tutti questi rapporti sono stati sistematicamente squalificati o messi in discussione dall'amministrazione del presidente Zedillo, nonostante fossero sostenuti da solide prove.
Il Comitato dei Diritti Umani dell'ONU ha visionato il livello di compimento del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Durante questa sessione di lavoro, Cambogia, Romania, Corea del Nord sono state esaminate, come il Messico, sul quale era stato presentato un rapporto dal 1997, che poi è stato aggiornato. Il nostro paese ha inviato alla riunione una commissione composta da funzionari del Ministero degli Interni (SEGOB), dalla SRE e dall'Istituto Nazionale Indigenista (INI), con funzionari come Alicia Perez Duarte ed Alan Arias. Una rete di organismi difensori dei diritti umani nel nostro territorio ha consegnato a sua volta un contro-rapporto dove ha documentato e analizzato una moltitudine di abusi e violazioni, e si è riunita con gli esperti dell'organismo multilaterale per chiarire dubbi e approfondire l'informazione consegnata.
Negli incontri con l'ONU, i rappresentanti dell'Esecutivo Federale hanno negato l'esistenza di gruppi paramilitari, però hanno riconosciuto l'attività di gruppi di civili armati. "Hanno spiegato" le esecuzioni extragiudiziarie come un prodotto della "violenza collaterale delle comunità". E, al colmo del razzismo, hanno sostenuto che esiste nelle comunità indigene una lunga tradizione di espulsioni e vendette sanguinose. Il massacro di Acteal, secondo loro, è il risultato della violenza intercomunitaria.
Con tali argomenti, non bisogna stupirsi che gli esperti delle Nazioni Unite abbiano espresso forti critiche alla delegazione ufficiale e che il rapporto finale, anche se non riflette del tutto il tono delle affermazioni fatte durante gli incontri, contenga giudizi molto severi verso il governo messicano. Per il Comitato dell'organismo multilaterale sono motivo di una "profonda preoccupazione": - la militarizzazione di Chiapas, Oaxaca e Guerrero; - la limitazione del lavoro di osservatori stranieri; - le limitazioni alla libera circolazione imposte alla popolazione in zone di conflitto; - l'inesistenza di ordinamenti legali che proteggano le vittime delle violazioni militari e delle corporazioni di polizia.
Nel polverone sollevato dalle élite politiche nella loro corsa precipitosa alla successione presidenziale, l'incendio dei diritti umani sembra non vedersi. Non appare neppure come parte centrale della piattaforma delle opposizioni partitiche. Comunque, l'incendio è lì, anche se il segnale d'allarme non si sente dentro il paese. Almeno, così dicono i cittadini di dentro e di fuori del paese preoccupati del fatto che le fiamme ci divorino tutti, abilitati come pompieri.
(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico-Brescia ezlnbsit@tin.it)
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