Intervista de La Jornada a membri della CCIODH

Esiste una guerra contro i popoli

Aumentano le violazioni dei diritti in Chiapas

Sequestri di bambini e sterilizzazione forzata di donne

Jesus Ramirez Cuevas, inviato speciale per La Jornada

2-12-1999

Le violazioni ai diritti umani in Chiapas si sono aggravate negli ultimi due anni; "abbiamo trovato indici che è in atto una guerra contro i popoli indigeni", hanno affermato i componenti della Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (CCIODH).

"Oltre alle gravi conseguenze della militarizzazione dei villaggi indigeni, abbiamo testimonianze di casi gravissimi, come il sequestro di bambini indigeni e la sterilizzazione forzata di donne nelle zone con forte presenza dell'Esercito; ciò indica un etnocidio", sostengono i membri della CCIODH, Iñaki García, Toni Tena e Sigfrido Mirailles durante un'intervista con La Jornada poco prima di partire per ritornare al loro paese.

"Il discorso del governo messicano che tenta di minimizzare quanto accade in Chiapas, si è indebolito. Nonostante l'impegno ufficiale nel voler dimostrare che non c'è guerra, che l'Esercito compie un'opera sociale nelle comunità, le questioni nello stato si acutizzano e le condizioni di vita degli indigeni peggiorano", afferma Toni Tena. I membri della commissione comunque avvertono che il loro punto di vista sulla situazione in Chiapas "è ancora preliminare, dato che deve essere ancora elaborato il Dossier per poter avere un panorama completo. Siamo stati testimoni di come in nostra presenza il governo abbia ritirato posti di blocco, sospeso pattugliamenti e sorvoli aerei".

Sigfrido Mirrailles aggiunge: "Abbiamo visto più militari, più accampamenti e caserme ed una presenza maggiore dell'Esercito. Tutto ciò contraddice la visione governativa. C'è maggiore impunità riguardo alle violazioni dei diritti umani e abbiamo trovato le comunità in una situazione peggiore che due anni fa".

Iñaki García parla delle denunce fatte loro da decine di donne delle regioni della Selva e Los Altos. "Ci hanno raccontato casi molto gravi, come il rapimento di molti bambini nei villaggi militarizzati; le sterilizzazioni delle donne indigene promosse da istituzioni del governo: in cambio di 200 pesos del programma Progresa, il personale sanitario fa iniezioni a molte donne per sterilizzarle. Ci hanno parlato di elicotteri militari che spandono sostanze nell'aria che distruggono le coltivazioni dei contadini".

Le denunce raccolte dalla CCIODH dimostrano che quest'anno tutte le azioni di violenza si sono centrate contro le comunità indigene, come nel caso di San José de La Esperanza, dove nell'agosto scorso l'Esercito sparò contro civili disarmati. "Abbiamo parlato con le persone colpite ed è risultato chiaro che esiste una strategia controinsurrezionale; conoscere le vittime di questa politica ci ha molto colpito. Si è parlato della tensione quotidiana, di come danneggia la vita personale, familiare e comunitaria; degli effetti inumani della guerra", dice Iñaki. "Abbiamo avvertito la stessa paura di due anni fa".

Durante il loro viaggio all'interno dello stato gli osservatori hanno vissuto momenti di grande commozione. Iñaki García ricorda: "Ci trovavamo nella zona nord insieme al padre di José Tila López (indigeno assassinato nel 1998 pochi momenti dopo aver reso testimonianza a questa commissione), quando gli assassini di suo figlio ci sono passati davanti a cavallo. Abbiamo provato paura; è stato qualcosa di molto forte vedere faccia a faccia i paramilitari che avevamo denunciato. È come se quel momento fosse il simbolo di ciò che succede in Chiapas: c'è violenza, e nonostante venga denunciata, c'è impunità".

Il deterioramento delle condizioni di vita delle comunità ha provocato negli stranieri della CCIODH una forte impressione. "Abbiamo visto come vivono i più di 20 mila indigeni rifugiati a causa della violenza paramilitare. La loro situazione si è drammaticamente deteriorata, soprattutto nel caso della popolazione più vulnerabile: bambini, donne ed anziani. Vedere la gente soffrire provoca un forte impatto emotivo", descrive con tristezza Sigfrido Mireilles.

Toni Tena aggiunge: "I rifugiati dopo due anni sono ancora lì. Appena una settimana prima del nostro arrivo, 20 famiglie di Canolal furono obbligate a rifugiarsi ad Acteal, per paura delle minacce dei paramilitari; è inammissibile che continui ad accadere questo genere di cose. Gli episodi di violenza non sono isolati, ma si tratta di una strategia generale che coinvolge tutte le regioni del Chiapas".

"La situazione sanitaria dei rifugiati a Polhò è grave; le morti per malattie curabili e per le condizioni precarie sono frequenti. La vita dei rifugiati ci ha commosso. Tutto ciò succede malgrado la presenza della Croce Rossa Internazionale. I rifugiati sono denutriti e questa zona si trova in costante emergenza umanitaria", puntualizza Tena.

Gli osservatori hanno potuto constatare che "con il pretesto della costruzione di nuove strade, l'Esercito sta entrando nelle comunità. Abbiamo riscontrato casi di comunità isolate dall'accerchiamento militare, come a Moisés Gandhi, dove i soldati impediscono agli indigeni zapatisti di uscire dalla zona, neppure per recarsi all'ospedale. Lì potrebbe svilupparsi una situazione analoga a quella della comunità di Amador Hernández", afferma Mireilles.

Ad Amador Hernández gli osservatori sono stati testimoni di una delle lotte zapatiste più emblematiche di questo periodo. Ricorda Toni Tena: "Ad Amador, gli indigeni zapatisti, che protestano contro l'accampamento militare installato sulla loro terra, sono isolati. Tuttavia, mantengono il loro presidio da oltre quattro mesi. Uno di solito è abituato che le manifestazioni vengono fatte perché ti veda più gente, ma quando vedi questi indigeni protestare in questo angolo sperduto della Selva, ti commuove la loro convinzione e fermezza.

"Abbiamo visto come gli ufficiali dell'Esercito mantengono a distanza la truppa. I soldati, entrando in contatto con gli indigeni, provano una simpatia naturale. I comandanti, allora, devono ricorrere ad altoparlanti affinché i soldati non possano udire la voce degli indigeni".

Tena specifica: "Ci ha impressionato la tenacia degli indigeni che fanno ciò che devono per difendere i loro diritti".

La CCIODH ha visitato i penitenziari di Cerro Hueco e Yajalón, dove si sono incontrati con i prigionieri zapatisti del collettivo La Voz de Cerro Hueco. "Abbiamo visto che il numero dei prigionieri si è duplicato dal 1998. Quest'anno ha raggiunto la cifra di 110, anche se il governo ne ha liberati alcuni per mancanza di prove, ci sono ancora più di 80 zapatisti incarcerati per motivi politici.

"L'Esercito non ha voluto parlare con noi. Abbiamo richiesto un'intervista con il Ministero della Difesa (Sedena), con la Settima Regione Militare e con il capo dell'accampamento di Amador, ma si sono rifiutati. Non abbiamo ricevuto risposta, semplicemente ci hanno ignorato", spiega García.

La sorveglianza internazionale è vitale per evitare che la guerra si scateni.

Mentre le comunità esigono che il governo mantenga gli Accordi di San Andrés, smilitarizzi il loro territorio, liberi gli zapatisti prigionieri e sospenda la campagna di pressione sui villaggi, il governo messicano parla solo di riprendere i dialoghi senza altre condizioni; "è come un dialogo tra sordi", afferma Toni Tena.

Iñaki dice che "la sorveglianza internazionale è stata mantenuta, e ciò infastidisce il governo, dato che rompe con l'immagine che vuole dare: che in Chiapas non sta succedendo niente. La visita della Robinson è il prodotto di questa pressione mondiale. Si spiega così la presenza della Croce Rossa Internazionale, che è arrivata grazie a questa preoccupazione. La CCIODH ha chiesto due anni fa un relatore speciale dell'ONU e ci sono state due visite di alto livello.

"Quello che resta da fare ora è mantenere la sorveglianza internazionale, consegnare il dossier ai parlamenti dei nostri paesi, alle istanze mondiali affinché ci sia un monitoraggio sulle violazioni dei diritti. Questa è la forza della commissione e sua responsabilità". Sottolinea l'importanza della creazione della CCIODH: "Abbiamo aperto uno spazio all'osservazione civile non professionale, che è stata riconosciuta dalle istanze internazionali".

Due anni fa, la CCIODH ha visitato per la prima volta il Chiapas. Da allora sono stati espulsi dallo stato più di 200 stranieri. Nel maggio del 1998 il Ministero degli Interni (Segob)ha approvato nuove norme per restringere l'osservazione internazionale e limitarne la permanenza. "Ciò è stato parte del nuovo panorama riscontrato in questa visita. Nonostante che alla metà della delegazione non sono stati concessi i visti di osservatori, e che a un compagno nicaraguense è stata impedita l'entrata nel paese, siamo riusciti a fare il nostro lavoro", segnala Iñaki García.

Abbiamo coperto tutte le regioni visitate in precedenza, oltre ai nuovi punti di tensione, come Amador Hernández, il municipio autonomo Ricardo Flores Magón, Moisés Gandhi ed El Bosque. A differenza della nostra precedente visita, stavolta non c'è stata la campagna xenofoba, anche se abbiamo avuto poca attenzione da parte dei media.

"In questa visita non abbiamo solo ricevuto informazione sulla situazione in Chiapas, ci siamo anche incontrati con i rappresentanti della società civile e delle ONG che ci hanno visto come interlocutori. Abbiamo parlato con dei gruppi che hanno denunciato le uccisioni di donne a Ciudad Juárez; ci siamo incontrati anche con il figlio del generale Gallardo; con rappresentanti degli alluvionati, e con gruppi degli stati di Oaxaca e Guerrero. Abbiamo la denuncia del caso di un militante del FZLN a Tijuana assassinato dalla polizia. Abbiamo parlato con il Congresso Nazionale Indigeno della situazione dei popoli indios del Messico. Ci sono pervenuti casi da tutto il paese. Tutte queste denunce e punti di vista compariranno nel dossier come allegati. Anche se il nostro obiettivo era limitato all'osservazione in Chiapas, le voci della gente oppressa ci ha condotto oltre e ci è stato anche richiesto di dare eco a queste situazioni. Tutto ciò dimostra che ci sono più problemi e denuncie di violazioni dei diritti umani in tutto il Messico".

[fonte: http://unam.netgate.net/jornada/pol2.html]


(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico - Brescia)


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