Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale Messico

1° gennaio 1999

Al popolo del Messico

Ai popoli ed ai governi del mondo

Fratelli e sorelle

Oggi si compie il quinto anniversario dell'insurrezione delle truppe zapatiste per richiedere democrazia, libertà e giustizia per tutti i messicani. Per questa ragione, il CCRI-CG dell'EZLN dice la sua parola.

I. Acteal: l'etnocidio e l'impunità come politiche di Stato

Il 1998 è stato l'anno della guerra governativa contro le comunità indigene del Messico. Quest'anno di guerra cominciò il 22 dicembre 1997 con il massacro di Acteal. Quel giorno bande paramilitari armate, addestrate e dirette dai governi federale e statale, assassinarono 45 bambini, donne e uomini, tutti indigeni. Quest'azione brutale ha segnato l'inizio di una lunga offensiva militare e di polizia contro i popoli indios del Chiapas.

Acteal sintetizza l'esempio migliore del modo di fare politica del governo di Ernesto Zedillo. I crimini compiuti dal potere hanno garanzia di impunità e copertura da parte di tutto l'apparato dello Stato. Il cosiddetto "Libro Bianco" della Procura Generale della Repubblica non ha altro obiettivo che quello di garantire l'impunità alle menti malate che concepirono, progettarono ed ordinarono il massacro di Acteal. Sarà inutile.

I responsabili morali diretti del massacro di Acteal hanno nome e cognome. La lista è capeggiata da Ernesto Zedillo Ponce de Léon, segue Emilio Chuayffet, Francisco Labastida, il generale Enrique Cervantes, Julio César Ruiz Ferro e Adolfo Orive. Nel lavoro di insabbiamento si sono aggiunti Rosario Green, Emilio Rabasa Gamboa, Roberto Albores Guillén e Jorge Madrazo Cuéllar. Questi criminali occupano ed occupavano diversi incarichi governativi nell'ambito federale e statale e, presto o tardi, dovranno comparire di fronte alla giustizia e rispondere del loro livello di coinvolgimento in questo fatto brutale e sanguinario che ha segnato la fine del secolo in Messico.

L'attivazione di gruppi paramilitari costituisce la colonna vertebrale della guerra sporca del governo Zedillo contro gli indigeni messicani. Dal febbraio 1995, quando fallì l'offensiva militare scatenata dal tradimento governativo, Ernesto Zedillo ha approvato e lanciato la strategia paramilitare per dare soluzione, mediante l'uso della forza, alla lotta zapatista. Mentre il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) metteva la mano d'opera in quest'impresa di morte e l'Esercito federale forniva armi, munizioni, attrezzature, assistenza ed addestramento, il governo di Zedillo iniziava il simulacro di un dialogo ed un negoziato che non cercavano né cercano la soluzione pacifica del conflitto. Infatti, i diversi gruppi "negoziatori" del governo avevano ed hanno una sola consegna: "Simulare disponibilità al dialogo, rimandare continuamente il raggiungimento di accordi ed il loro adempimento ed impedire la firma conclusiva della pace". Esteban Moctezuma Barragán, Marco Antonio Bernal, Jorge del Valle, Gustavo Iruegas e Emilio Rabasa Gamboa sono i vari nomi che ha avuto l'ipocrisia governativa. Nessuno di loro ha avuto il coraggio, pur sapendosi usato per la guerra, di rifiutarsi di essere complice degli omicidi, che sono l'unico saldo del governo nel conflitto del sudest messicano.

Un nome riassume la posizione governativa rispetto al Chiapas: Acteal, l'etnocidio che vuole essere occultato con ipocrisia, l'impunità garantita dalla legalità istituzionale.

II. Gli attacchi contro la pace in Chiapas

Al crimine di Acteal è seguita una catena di fatti violenti, tutti con il governo come protagonista, la cui volontà era chiara: rompere tutte le iniziative di pace, distruggere qualsiasi speranza di una soluzione pacifica del conflitto e rinnovare ancora una volta il canto di guerra e di morte contro gli abitanti originari di queste terre.

a) Attacchi ai municipi autonomi. Riconosciuti dagli accordi di San Andrés, firmati dai rappresentanti di Zedillo al tavolo del dialogo, i municipi autonomi sono stati gli obiettivi militari delle forze armate federali e del branco di lupi che finge di governare lo stato del Chiapas. Tani Perla, capoluogo municipale di Ricardo Flores Magón, e Amparo Aguatinta, capoluogo del municipio Tierra y Libertad, sono stati occupati col sangue e col fuoco dalle truppe congiunte dell'Esercito federale, della Polizia Giudiziaria federale e della polizia dello stato del Chiapas. Più di mille uomini armati hanno distrutto case comunitarie, farmacie e biblioteche, colpendo e torturando bambini, donne, uomini e vecchi. Soli, il governo ed alcuni mezzi di comunicazione che lo affiancano nella sua perdita di legittimità, hanno applaudito se stessi. In nome di una legalità costruita sulla simulazione e sulla corruzione, si colpiva e si distruggeva la speranza di una pace reale e rapida alla guerra nel sudest messicano.

Ogni nuova azione repressiva di questo miscuglio di cagnolino di lusso e di cane da caccia che si chiama Albores Guillén, è stata accompagnata da uno Zedillo disposto ad avallare personalmente la guerra contro gli indigeni.

Il municipio autonomo di San Juan de la Libertad, negli scontri armati di Chavajeval, è stato segnato dal marchio insanguinato, come promesso ad Acteal. Tre indigeni furono assassinati e in Unión Progreso cinque indigeni furono catturati ed uccisi con un'esecuzione sommaria dalle truppe congiunte dell'Esercito federale e della polizia di Sicurezza dello stato del Chiapas. Così, Ernesto Zedillo Ponce de León aggiungeva al suo lugubre attivo altre morti dalle facce indios.

b) Attacchi alla Conai ed alla Cocopa. Anche le istanze di mediazione e di coadiuvazione sono state definite obiettivi da distruggere nella guerra vergognosa del governo messicano.

Gli attacchi alla Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) hanno seguito la logica del "regolamento dei conti" della classe politica al potere. Seguendo il pericoloso gioco del "ora sì, ora no", il governo dapprima accettò il progetto di legge elaborato dalla commissione legislativa e poi lo rinnegò. Con la soluzione pacifica a portata di mano, Zedillo ha dato un calcio al tavolo del dialogo ed ha presentato unilateralmente un'iniziativa di legge indigena al Congresso dell'Unione, disconoscendo così quello che i suoi rappresentanti avevano firmato al tavolo di San Andrés. Dopo aver tentato di annullare politicamente la Cocopa, il governo federale ha tentato di costringerla a dichiararsi a suo favore (cioè, a favore della guerra). I parlamentari si rifiutarono e da allora il governo vuole metterli da parte e trasformarli in un ornamento inutile ed appariscente. L'Esecutivo federale non ha altro modo per concepire il Potere Legislativo: o lo segue incondizionatamente nelle sue avventure belliche o è solo d'ostacolo.

Per questa volta il Congresso dell'Unione ha fatto valere la sua indipendenza come Potere della Federazione e voci dignitose e ragionevoli all'interno delle diverse fazioni parlamentari hanno bloccato l'iniziativa dell'Esecutivo federale e fermato così quello che si celava dietro l'iniziativa di legge: la ripresa della guerra aperta contro gli zapatisti.

La sconfitta dell'iniziativa di Zedillo nel Congresso non preoccupa il governo. Quello che lo ha sempre preoccupato e continua a preoccuparlo è di non avere consenso ed appoggio, nemmeno da parte del partito di Stato, per il suo progetto di guerra.

Se Acteal e gli sleali attacchi contro i municipi autonomi sono la dimostrazione che il governo Zedillo non vuole altro che l'annientamento degli indigeni messicani, la presentazione dell'iniziativa di legge di Zedillo è un sintomo della sua decisione definitiva di non rispettare nemmeno la propria parola e della sua disperazione per riuscire a dare una parvenza di legalità alla guerra illegittima che porta avanti.

Parallelamente al ridicolo cui ha ridotto la Cocopa, Zedillo ha sviluppato una vera campagna di attacchi (compresi dei tentati omicidi) contro la Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai) ed in particolare contro il suo presidente, il vescovo Samuel Ruiz García. Alle imboscate fallite realizzate dal braccio militare della Segreteria di Sviluppo Sociale, cioè dalla banda denominata "Paz y Justicia", il governo ha aggiunto un'intensa campagna di diffamazione attraverso la stampa, la radio e la televisione, la persecuzione congiunta della Segreteria di Governo e dell'alto clero cattolico ed i golpe polizieschi dell'Istituto Nazionale di Migrazione.

La distruzione della Commissione Nazionale di Intermediazione si consumò solo alcune ore prima del vile omicidio di cinque indigeni a Unión Progreso e di altri tre nello scontro armato a Chavajeval. La morte della Conai è stata insomma seguita immediatamente dalla sua conseguenza logica: la morte violenta di indigeni e la ripresa dei combattimenti.

Se la riduzione all'immobilità della Cocopa e l'invio unilaterale della sua iniziativa di legge furono i segnali che Zedillo inviò al Congresso perché fosse chiaro che non accettava che il Potere legislativo impedisse la sua guerra, la distruzione della Conai ha significato lo smantellamento dell'unico ponte di dialogo e di comunicazione tra le parti.

Attaccando il Congresso dell'Unione e la società civile nazionale, rappresentata simbolicamente dalla Conai, il governo federale ha ribadito il messaggio che aveva scritto con il sangue ad Acteal.

c) Attacchi agli osservatori internazionali. L'evidente decisione di guerra di Ernesto Zedillo non ha soltanto ricevuto il rifiuto del Potere Legislativo Federale e la ferma opposizione della società civile nazionale. La comunità internazionale ha visto con orrore il genocidio che queste misure governative annunciavano e prontamente si è mobilitata per fare il possibile per impedire la morte che si stava seminando in terra indigena. Osservatori del Nord, del Centro e del Sud America, così come d'Europa ed Asia, hanno attraversato migliaia di chilometri ed oceani interi per arrivare fino alle montagne del sudest messicano con un solo messaggio: pace con giustizia e dignità. Allora il governo ha decretato che la guerra di sterminio contro gli indigeni era una dimostrazione della sovranità nazionale e ha preteso che non fossero presenti testimoni ma solo complici. Così tutti quelli che non fingevano e non approvavano la guerra sono stati e sono tuttora accusati di essere "turisti rivoluzionari" e di "ingerenza negli affari interni". Alle accuse sono seguite le espulsioni ed il risultato oggi è chiaro: in Chiapas sono benvenuti solo gli stranieri che applaudono alla guerra ed alla distruzione, mentre quelli che cercano la pace e la costruzione sono perseguitati ed espulsi.

Ubriaco di sangue, il governo non solo disprezza il Congresso dell'Unione ed il popolo del Messico, ma ignora pure il clamore internazionale che si fa eco della stessa richiesta a Zedillo: fermi la sua guerra e s'impegni per la pace.

Questo è stato il 1998 per il governo federale nel conflitto del sudest messicano: il massacro di indigeni, l'attacco ai municipi autonomi, la ripresa dei combattimenti, la distruzione della Conai, l'immobilismo della Cocopa, il mancato rispetto degli accordi di San Andrés, il disprezzo per il Congresso dell'Unione e l'espulsione di osservatori internazionali.

Questo è il riassunto di un anno, il 1998, per il governo federale: guerra di sterminio contro gli indigeni messicani, impunità per i criminali, non rispetto degli accordi presi, distruzione dei ponti di dialogo e di negoziato e sfida all'opinione pubblica nazionale ed internazionale.

Nel 1998 il governo messicano non ha offerto altro agli indigeni messicani che guerra e distruzione.

III. La politica economica del governo: l'altra guerra di distruzione

Mentre il governo proseguiva nella sua guerra di sterminio contro i popoli indigeni, un'altra guerra stava continuando. La politica neoliberista che il signor Zedillo impone con il sostegno di un manipolo di complici e contro la volontà della stragrande maggioranza dei messicani, ha continuato a distruggere le basi materiali dello Stato nazionale. Vittima di una crisi finanziaria internazionale che è stata appena annunciata, l'economia messicana promette di essere ogni giorno peggiore per i messicani più poveri ed assicura un posto tra i diseredati alla cosiddetta "classe media". Né la piccola, né la media impresa hanno la minima possibilità reale di sopravvivere all'interno di questo modello economico. Anche le grandi imprese nazionali hanno affrontato ed affronteranno condizioni svantaggiose nella competizione sui mercati.

L'aumento smisurato dei prezzi dei prodotti base, i tagli di bilancio, i debiti insanabili a causa degli interessi usurai, l'impunità per i banchieri delinquenti, l'aumento delle tasse, l'insicurezza pubblica come patrimonio, tutto fa parte di un modello economico importato che agisce in Messico come un crudele livellatore sociale. La maggioranza dei messicani vive in condizioni di vita ugualitarie, ma non nell'abbondanza o nei livelli minimi di una vita dignitosa. No, al contrario, la povertà oggi eguaglia la classe media di ieri ai poveri di sempre. L'unica cosa che cresce in maniera apprezzabile in questo modello economico sono gli indici di povertà, il numero dei diseredati e la quantità di imprese nazionali ridotte alla bancarotta.

Nel 1998 i segnali che indicavano che il modello economico neoliberista è criminale ed inefficace non sono venuti solo dall'interno. Dai punti più lontani della geografia mondiale sono arrivate, una dopo l'altra, ondate di crisi finanziarie che hanno finito per mandare in rovina l'impresa nazionale, svalutato il peso messicano e ridotto ulteriormente le già rachitiche aspettative di recupero. Ma né le proteste ed il malcontento dei cittadini nazionali, né i seri avvertimenti delle crisi finanziarie in Asia, Europa e Sud America convincono il ridotto gruppo di ciechi illuminati che dirigono i destini di questo paese. Contro tutti i cittadini, contro la storia e contro la realtà, gli zedillisti hanno deciso di non modificare la loro rotta verso il naufragio.

Sulla malconcia nave dell'economia nazionale, l'ebbro timoniere ha già deciso chi sacrificare per primo nell'imminente naufragio. Decine di milioni di messicani vedranno ridursi le loro condizioni di vita a livelli al di sotto del minimo, i governanti privatizzeranno anche la bandiera e lo scudo nazionali, i ricchi saranno di meno ma più ricchi ed alla radio, alla televisione e sulla stampa ci assicureranno che tutto questo è per il benessere nostro... e della nostra famiglia.

La gestione dell'impunità nel crimine economico, che si chiama neoliberismo, nel 1998 ha avuto l'opportunità di splendere in tutta la sua putredine. Con il Fobaproa non solo si sono condannate intere generazioni di messicani a pagare l'arricchimento illecito di banchieri e governanti, ma si è anche manifestato il vero obiettivo della politica economica governativa: proteggere il ricco ed il potente, a qualunque costo.

Il cambiamento di nome dato al Fobaproa dal PRI e dal PAN, non riesce a nascondere la sua vera natura: nonostante le prove evidenti di violazioni della Costituzione da parte dell'Esecutivo, nonostante che il denaro sia stato usato per finanziare delinquenti dai colletti bianchi e nonostante sia innegabile la responsabilità del gabinetto economico in questo sporco affare, il tradimento legislativo si è consumato ed ha dimostrato che il cittadino comune si trova indifeso di fronte alle azioni del mal governo.

In quest'oscuro tunnel neoliberista non c'è via d'uscita. L'unica uscita reale, possibile e necessaria, è il cambiamento di modello economico.

IV. Una chiara dimostrazione della crisi del sistema politico messicano

L'ultima delle istituzioni dello Stato messicano che continuava a sopportare il crollo, l'Esercito federale, nel 1998 ha avuto la conferma che la sua crisi non è solo una crisi di legittimità. Grazie alle decisioni ed agli ordini del suo "comandante supremo" (Ernesto Zedillo), l'Esercito federale si è trovato a svolgere il lavoro di "pompiere" dei politici. Là dove la politica sbaglia, si ricorre all'Esercito. E siccome la politica sta sbagliando da tutte le parti ed a tutti i livelli, i militari si sono trovati su un terreno che non è istituzionalmente il loro. I risultati non si sono fatti attendere: oltre alle evidenti violazioni dei diritti umani in Chiapas, Oaxaca, Guerrero, la Huasteca e Jalisco, il contagio del narcotraffico è aumentato e il malcontento interno è tornato a manifestarsi.

Dopo una costosa campagna pubblicitaria, che cercava di ricomporre la sua malconcia immagine, l'Esercito federale ha visto crollare in pochi minuti quel poco che aveva guadagnato. Il 2 ottobre 1998, 30 anni dopo un crimine che credevano dimenticato, la storia ha presentato il conto e l'Esercito ha pagato, ed ha pagato caro. Solo una settimana dopo, alla vigilia del primo anniversario del massacro di Acteal, quando si tornavano a mettere i militari sul banco degli accusati, un gruppo di militari dissidenti con il nome di "Comando Patriottico per la Coscientizzazione del Popolo" ha preso la parola ed è sceso in strada per denunciare una serie di irregolarità tra le fila militari.

I militari del Comando Patriottico di Coscientizzazione del Popolo hanno ricevuto, come risposta alle loro richieste, ciò che abitualmente ricevono da parte del potere tutti i messicani che individualmente o in gruppo reclamano i loro diritti: condanne, campagne pubblicitarie contrarie, diffamazioni, discredito, accuse di tradimento, persecuzione, silenzio.

Sicuramente il Comando Patriottico risveglia non pochi dubbi ed il cammino che dovrà percorrere per guadagnarsi legittimità di fronte al popolo è ancora lungo.

Staremo a vedere.

V. EZLN: contro la guerra di sterminio, la resistenza

L'offerta governativa di morte non è stata accettata dagli zapatisti. Alla guerra di sterminio non abbiamo opposto la nostra guerra. Alla distruzione non abbiamo risposto con la distruzione. Alla morte non abbiamo risposto con la morte.

Una parola sintetizza un anno di silenzioso eroismo di decine di migliaia di indigeni, uomini, donne, bambini e vecchi: resistenza.

Tutto lo sforzo organizzativo dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si è rivolto all'interno. Silenziosi verso l'esterno, noi zapatisti ci siamo rivolti al nostro interno ed abbiamo organizzato la resistenza dei nostri popoli. Tutte le nostre risorse umane e materiali sono state dedicate non alla guerra ma alla resistenza contro la guerra. Tutta la nostra forza è stata orientata non alla distruzione ma alla costruzione. La nostra bandiera non è stata la morte ma la vita.

Una serena analisi delle azioni governative ci ha fatto comprendere che il loro obiettivo era la guerra aperta. Quindi abbiamo deciso non solo di non accogliere il suo invito all'orrore, ma ci siamo sforzati di farlo fallire sicuramente.

Una guerra non si sconfigge con iniziative di guerra. Si sconfigge con iniziative di pace. Per preparare queste iniziative di vita ci siamo chiusi in noi stessi ed abbiamo sollevato l'arma del silenzio. Protetti da questa, abbiamo guardato al recente passato ed abbiamo visto i nostri impegni, abbiamo guardato al passato lontano ed abbiamo visto le nostre esperienze e conoscenze, abbiamo guardato al futuro collettivo ed abbiamo visto il domani di tutti. Così abbiamo deciso per la resistenza, così l'abbiamo vissuta, così la sosteniamo.

Per non cadere nel gioco della morte, in questa trappola sanguinosa della guerra tra indigeni, migliaia di zapatisti hanno lasciato tutto quello che avevano e sono diventati desplazados di guerra. Uomini, donne, bambini e vecchi, tzotziles, tzeltales, tojolabales, choles e mames hanno abbandonato le loro case e terre perché vogliamo la pace con giustizia e dignità. Non vogliamo né la resa, né la pace simulata, né la guerra tra poveri.

Per questo i nostri non fanno la guerra contro indigeni né civili, e neppure accettano le elemosine governative. Non ci siamo ribellati per ottenere benefici per noi soli. La nostra lotta è per tutti, tutto, niente per noi. Questa è la nostra resistenza. Una scommessa su un domani migliore, sì, ma per tutti.

Dopo aver trascorso questo quinto anno di guerra contro l'oblio, noi zapatisti possiamo affermare che siamo più forti. Lo siamo perché il nostro cuore e la nostra forza principale, i popoli zapatisti, hanno resistito con pazienza e saggezza ad una delle peggiori offensive contro di noi. Non è la prima. Non sarà l'ultima. Ma presto o tardi le nostre richieste dovranno essere accolte ed allora, solo allora, la pace sarà vera.

Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale oggi rivolge un riconoscimento pubblico ai popoli indigeni zapatisti. Loro sono i nostri veri capi, il nostro sangue, la nostra arma e la nostra bandiera.

Dopo aver dimostrato che pure il silenzio è un'arma nelle mani dei diseredati, fortificati e lucidi, noi zapatisti abbiamo lanciato a giugno di quest'anno la quinta Dichiarazione della Selva Lacandona. Con essa abbiamo chiamato il popolo del Messico ed i popoli del mondo ad una mobilitazione per il riconoscimento dei diritti dei popoli indios e per la fine della guerra di sterminio.

Nonostante abbiamo ricevuto da parte del governo solo messaggi d'invito alla guerra, noi zapatisti abbiamo risposto con un'iniziativa politica che è, essenzialmente, un nuovo sforzo di dialogo e di pace.

Comprendendo che nel governo non c'è né la volontà, né l'intenzione, né l'impegno sincero di assumere la via del dialogo con tutte le sue conseguenze, l'EZLN continua a rivolgersi agli elementi della società messicana che desiderano e promuovono la pace come cammino, percorso e destinazione.

La società civile nazionale, questa nuova forza politica e sociale disprezzata in tutti i tempi e luoghi che non siano quelli elettorali, è invitata a diventare l'architetto principale e la protagonista, non solo del processo di pace, ma anche delle trasformazioni fondamentali che faranno di questo paese una nazione democratica, libera e giusta. Questa è la società civile che l'EZLN riconosce come interlocutore in un nuovo dialogo.

Il Congresso dell'Unione è l'altra parte dello Stato messicano che ha l'opportunità di costruire la pace. Il Potere Legislativo è questo: il potere di fare leggi che apportino benefici, riconoscimenti, che facciano giustizia. Verrà l'ora del Congresso e in quell'ora dovrà rispondere ad una domanda importante, più di qualsiasi legge di entrate ed uscite di bilancio, e dichiararsi a favore della pace.

Come parte della mobilitazione alla quale invita la quinta dichiarazione, è stata lanciata l'iniziativa di una consulta di tutti i messicani circa il riconoscimento dei diritti dei popoli indios e per la fine della guerra di sterminio. Questa Consulta si terrà domenica 21 marzo 1999 in tutto il paese ed in tutti i luoghi del mondo nei quali messicani e messicane si organizzino per partecipare e far conoscere la propria opinione.

Per promuovere e realizzare questa Consulta, 5 mila delegati zapatisti (2 mila 500 uomini e 2 mila 500 donne) si mobiliteranno per visitare tutti i municipi del paese. La Consulta si farà sulla base di quattro domande: due sui diritti indigeni, una sulla guerra ed una sul rapporto tra governanti e governati.

Composta da varie tappe, la Consulta è ora in via di diffusione e promozione. Oggi ripetiamo il nostro invito a tutti i messicani e messicane affinché formino brigate di promozione e diffondano la realizzazione di questa mobilitazione democratica che cerca solo due cose: il riconoscimento dei diritti indigeni e la pace in Messico.

VI. Il riconoscimento dei diritti dei popoli indios, principale richiesta

Oggi, a cinque anni dall'inizio della nostra insurrezione, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ripete: il nostro obiettivo non è la presa del potere, né ottenere posti governativi né trasformarci in un partito politico. Non ci siamo sollevati per elemosine o crediti. Non vogliamo il controllo di un territorio o la separazione dal Messico. Non puntiamo alla distruzione né a guadagnare tempo.

Le nostre richieste principali sono il riconoscimento dei diritti dei popoli indios e democrazia, libertà e giustizia per tutti i messicani e le messicane.

In queste richieste ci accompagnano non solo più di dieci milioni di indigeni messicani, ma camminano con noi milioni di uomini e donne operai, contadini, disoccupati, maestri, studenti, artisti, intellettuali, cittadini, casalinghe, omosessuali e lesbiche, handicappati, sieropositivi, pensionati, religiosi e religiose, autisti, ambulanti, piccoli impresari, piloti e scaricatori, deputati, senatori, messicani che vivono all'estero, organizzazioni non governative, bambini e bambine, uomini, donne, vecchi.... e militari.

Con il riconoscimento dei diritti dei popoli indios, la pace sarà possibile. Senza questo riconoscimento nessun punto della già lunga agenda di affari in sospeso nazionali potrà essere risolto. Con la democrazia, la libertà e la giustizia per tutti i messicani sarà possibile un altro paese, migliore, un paese più buono.

VII. 1999: la vecchia e la nuova politica

Fratelli e sorelle:

Questo è il Messico che abbiamo all'inizio di questo 1999. In quest'anno, il sesto di guerra, si affronteranno di nuovo due modi di fare politica.

Da un lato, i partiti politici ufficiali dovranno definire i loro candidati alla Presidenza della Repubblica e al Congresso dell'Unione. Attraverso la selezione di questi candidati si sceglieranno, esplicitamente o implicitamente, le diverse proposte di nazione, i progetti economici, le posizioni politiche.

Per la classe politica messicana, il 1999 è l'anno dei partiti politici, dei regolamenti interni (e nel caso del PRI potranno portare di nuovo all'omicidio), della preparazione e delle elezioni interne. Questa è la vecchia politica, quella che si decide tra professionisti e che si fa vedere al cittadino solo quando gli serve come elettore. Da quel momento in poi gli sequestrano la capacità di decisione, lo sostituiscono nei suoi diritti di cittadino ed oppongono la macchina dello Stato al suo chiaro dissenso, alla sua ribellione ed al suo disaccordo. Questa politica ha dimostrato la sua inefficacia, la sua esclusione, il suo autoritarismo.

I partiti politici sono certamente necessari. Quello che non è necessario è un modo di fare politica, che non comanda obbedendo né possiede i meccanismi per comandare obbedendo.

D'altro lato, le forze sociali, cittadine ed individuali, dovranno definire il proprio spazio di partecipazione politica. Non soltanto per l'anno 2000, ma anche per il 2000. A partire da questo primo gennaio e fino al 21 marzo 1999 si è aperto uno spazio per tentare di costruire un altro modo di fare politica, che includa e tolleri, che ascolti permanentemente, che si costruisca verso i lati e guardi in alto con dignità ed anche con gli strumenti necessari per obbligare quelli in alto a guardare continuamente in basso.

Con un nuovo sforzo di dialogo, come dimostrazione della nostra disposizione ad una soluzione pacifica, come riaffermazione del nostro impegno con i popoli indios, come reiterazione del nostro desiderio di vita, come collaborazione nella lotta per aprire spazi di partecipazione cittadina, come una lotta ancora per costruire un nuovo modo di fare politica con la gente, attraverso la gente e per la gente, questo primo gennaio 1999, anno sesto della guerra contro l'oblio, noi zapatisti chiamiamo tutti e tutte a partecipare alla consulta per il riconoscimento dei diritti dei popoli indios e per la fine della guerra di sterminio, che si terrà domenica 21 marzo.

Per questo 1999 non chiamiamo il popolo alla guerra, ma neppure lo chiamiamo al conformismo né all'immobilismo.

Lo chiamiamo alla mobilitazione pacifica, alla lotta per i diritti di tutti, alla protesta contro l'ingiustizia, alla pretesa di spazi di partecipazione democratica, alla richiesta di libertà.

Chiamiamo tutti e tutte non a sognare, ma a qualcosa di più semplice e definitivo, li chiamiamo a svegliarsi.

Democrazia! Libertà! Giustizia!

Dalle montagne del sud - est messicano

Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale


(tradotto dal Comitato Chiapas "capitana Maribel" - Bergamo)

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