Il presidente Ernesto Zedillo ha concesso l'11 di febbraio una intervista ai giornalisti Sam Dillon e Julia Preston del New York Times.
Riproduciamo la parte in cui si affronta la situazione del
Chiapas.
Versione del giornale EL NACIONAL /13-feb-98.
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D.- Parliamo del Chiapas. La mia impressione stando li è che ora nello stato ci siano due forze armate irregolari al posto di una, quella degli zapatisti.
In molti luoghi, le basi del PRI si sono convertite in una forza
armata. Mi chiedo come pensa lei che sia successo questo?
R. - Vedo che lei ha fatto un sforzo per semplificare le cose, ciò è buono, però non sono d'accordo con la sua interpretazione. Credo che la situazione sia molto più complessa. Se mi permette, mi piacerebbe dare una visione contestuale per arrivare alla sua domanda. Credo che dobbiamo ritornare agli inizi del 1994 e ricordare che cos'era l'EZLN all'inizio: era un gruppo che è apparso repentinamente con un proclama rivoluzionario. Hanno detto che erano li per buttar giù il governo e per stabilire una repubblica socialista in Messico. All'inizio hanno utilizzato la violenza. Hanno ammazzato un numero considerevole di persone nei primi giorni della loro apparizione, ed il governo ha reagito utilizzando la forza contro loro.
Fortunatamente, dopo alcuni giorni, il governo si è reso conto che questa modalità non era la più appropriata per risolvere il problema, ed il governo ha dichiarato unilateralmente che non avrebbe usato la forza ed ha invitato l'EZLN a sedersi a negoziare.
Questo si è riuscito a fare per un periodo. Un fatto fondamentale è che non c'è stata violenza tra il governo federale e l'EZLN. Quando ho assunto la Presidenza, ho detto molto chiaramente che non avremmo utilizzato la violenza. Di fatto, da ché sono stato eletto Presidente, ho iniziato negoziati personali con l'EZLN. Sono tornato a tentare la via del negoziato, però più volte questo gruppo non onorava i suoi impegni o la sua parola e ci siamo resi conto che continuavano a comprare e fabbricare armi. Di fatto abbiamo scoperto alcuni posti dove immagazzinavano armi e munizioni. In quel momento ho deciso che dovevamo cambiare le condizioni per il negoziato, facendo ricorso alla legge e dichiarando che li avremmo processati.
Credo che la decisione fu corretta, perché poco dopo, loro hanno deciso ritornare al tavolo dei negoziati. Abbiamo iniziato a negoziare e lo abbiamo fatto per vari mesi. Siamo arrivati ad accordi importanti, però allora l'EZLN ha utilizzato varie scuse per abbandonare il tavolo dei negoziati. E da allora, non ci sono stati più negoziati. È falso che il governo messicano non abbia rispettato i suoi impegni. Credo che abbiamo rispettato tutti gli impegni presi ed abbiamo dato tutte le prove della nostra volontà di negoziare e di non utilizzare la violenza per affrontare la situazione.
Questo deve essere sottolineato sempre, dato che in certe occasioni
c'è un po' di confusione.
D.- Perché se esiste violenza tra gruppi in Chiapas, questa
violenza è attribuita in qualche modo al governo?
R.- Quando si fa il nome di gruppi che sono basi del PRI, il passo
successivo è quello di dire che il governo sta dietro a
quei gruppi. Credo che questo non sia la verità. Non è
che voi lo stiate dicendo davvero così, però altre
persone lo fanno. In mezzo a tutto questo, quello che abbiamo
visto è una strategia di questo gruppo di alzare un bastione
contro l'autorità in questa zona del Chiapas. Si rifiuta
la presenza delle istituzioni messicane lì e una conseguenza
che il governo abbia agito con prudenza è che, non essendoci
presenza delle nostre istituzioni in quei luoghi, allora l'EZLN
ha la possibilità di colpire gli altri membri delle comunità.
Sfortunatamente un effetto indiretto di questa situazione è
quello di cui lei parla: alcune persone - non adesso però
da molto tempo - hanno acquistato armi e hanno cercato di fare
quello che dovrebbero fare le autorità, provvedere alla
giustizia. E devo ammettere che per favorire i negoziati, ho deciso
che il governo non avesse una forte presenza in questa regione.
Adesso devo pentirmene e sono pienamente convinto che se il governo
fosse stato presente in Chenalho, non sarebbe successo il terribile
massacro che abbiamo sofferto nel dicembre passato.
D. - Però c'erano poliziotti lì, poliziotti statali...
R. - Sì, poliziotti statali, però non c'era la presenza
del governo federale. Se lei legge il giornale oggi, o di qualsiasi
giorno, l'EZLN dichiara costantemente che il governo federale
non deve stare lì. Capisco le loro ragioni perché
loro credono che se non restiamo li, quello sia un fermento per
la violenza, e penso che loro credono, in modo erroneo, che la
violenza favorisca la loro causa. Dopo Chenalho, prendo la decisione
di avere presenza delle istituzioni del governo federale lì,
e, allo stesso tempo, di cercare sempre il negoziato. Diventa
sempre più difficile, perché odiano questa vigilanza.
Non piace loro, però mi rincresce, non posso permettere
un altro Acteal. Ed ho detto che non permetterò violazioni
della legge. Credo che in alcune occasioni siamo stato troppo
dolci per il bene dei negoziati, e credo che i drammatici fatti
accaduti in dicembre dimostrano che ciò non è più
conveniente.
D. - Prevede che le Forze Armate diventino più attive?
R. - Loro rimarranno come hanno fatto dal 1995. Se lei analizza la storia, non si sono registrati fatti violenti lì dove c'è stato l'Esercito. Gli eventi violenti più dolorosi che abbiamo avuto in questa zona del Chiapas, si sono verificati precisamente dove c'è stato un vuoto d'autorità.
È una decisione difficile; mi piacerebbe stare nella posizione
in cui si possa mettere sul tavolo tutte le condizioni che loro
vogliono per ritornare ai negoziati. Però dato che non
sono convinto che vogliano sinceramente la pace, davo prendere
altre misure, sempre sotto la condizione che non useremo la violenza.
D. - Gli zapatisti hanno organizzato una serie di quelle che chiamano
"comunità autonome". Lei cercherà di sopprimere
questi villaggi?
R. - Non esistono legalmente, e a tempo vedremo se queste figure
che appaiono come una forma di organizzazione non governative,
sono violente o se stanno violando la legge. Spero che non violino
la legge, perché altrimenti, ci obbligherebbero ad agire
conforme al Diritto.
D. - Lei ha fatto una serie di tentativi da dicembre per cercare
di rilanciare il processo di pace.
R. - Non da dicembre, da prima ancora di essere Presidente. Lei
può controllare le pratiche e praticamente ogni mese, da
quando sono Presidente, ho posto sul tavolo offerte, iniziative,
gesti amichevoli. Non credo che ci sia stato un solo mese in cui
il governo federale non abbia fatto un gesto o una offerta per
facilitare il dialogo.
D. - Gli zapatisti hanno reagito sempre con una sfuriata di retorica
irosa. E' successo qualcosa che la porti a pensare che si sta
avvicinando la possibilità di parlare con loro di nuovo.
R. - Io lo spero, però non sono convinto che loro vogliano
realmente risolvere il conflitto. Quindi spero solo che si stanchino
e si rendano conto che se stanno cercando violenza non l'avranno.
Hanno provocato il governo federale con molti mezzi, alcuni violenti,
all'inizio. Però dovrebbero aver capito ormai...
D. - Che pensa l'Esercito rispetto a tutto ciò?
R. - Appoggia totalmente il mio punto di vista. Posso dirle che
nel dicembre del 1994, a questo tavolo, consultai molto seriamente
il segretario della Difesa, chiedendogli se dal suo punto di vista,
questo fosse un problema militare; e lui mi ha detto di no, che
non è un problema militare, è un problema politico,
e lei ha ragione, non si va a risolvere il problema con l'Esercito.
Così appoggio totalmente il suo punto di vista e ha tutto
l'appoggio dell'Esercito. Lei dovrebbe vedere l'esercito là.
Sono esemplari, sono insultati, colpiti, mandano i bambini e
le donne a insultarli ed a colpirli, e loro sopportano tutte queste
provocazioni perché sono molto coscienti della situazione.
Noi messicani siamo molto fortunati perché possiamo contare
su un esercito che è totalmente differente, e lo dico con
tutto il rispetto, totalmente differente da altri eserciti dei
paesi Latino Americani. Abbiamo molta fortuna.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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