il manifesto

13 Gennaio 1998


LA SPERANZA COME VIRTU' LAICA

MANUEL VA'ZQUEZ MONTALBAN

CONOSCIUTA PRATICA del Potere è stato provocare un fattore di disordine per poi in nome dell'ordine massacrare i dissidenti.

Molte volte, nella storia, il terrorismo di Stato è stato un pretesto per giustificare la repressione di quelli che lottavano per la trasformazione della società. Nella Barcellona rosa di fuoco, le bombe che la polizia collocava servivano come pretesto per massacrare gli anarchici, e il pistolerismo fascista di falangisti e militari è servito come occasione per il colpo di stato del generale Franco e per la sua guerra di sterminio.

Attenzione al Chiapas. Là sta succedendo lo stesso, un'altra volta. La strage di indigeni ad opera di macellai paragovernativi ha giustificato l'avanzata dell'esercito e una operazione di incalzamento degli zapatisti, questo molesto rumore rivoluzionario che si è interposto nel messaggio della fine della Storia fabbricato dall'ex presidente Salinas e dagli Stati uniti.

Attenzione al Chiapas, perché là si sta giocando il senso etico di questa fine di millennio, come un referente simbolico, come un immaginario, se si vuole, della Speranza come virtù laica.

Scriveva Kalfon nel suo saggio sul Che Guevara, che così come l'argentino-cubano è stato il prototipo dell'eroe rivoluzionario occulto, il subcomandante Marcos è l'esempio del rivoluzionario mediatico che ottiene un sostegno universale mediante un messaggio tanto carico di verità da essere incontestabile, come se il vecchio sogno dei sapienti, la Verità come Evidenza, si fosse compiuto.

Gli scritti di Marcos rivelano uno spirito contemporaneo che non rappresenta né il post-marxismo né il post-terzomondismo né una supposta post-modernità di sinistra.

Rappresenta il risultato dell'essere tornati a osservare faccia per faccia il disordine del mondo in cerca delle sue cause, cercando di fare un inventario e recuperando il significato dell'essere umano alla scopo di riordinare il caos del capitalismo selvaggio e del neoliberismo.

Non si tratta di auspicare guerriglie ben lontano dalle nostre case mentre le contempliamo comodamente come uno spettacolo televisivo.

Si tratta di riconoscere il diritto a lottare per la giustizia a partire dalle condizioni create dagli ingiusti.

Tutti con il Chiapas. Viva il Chiapas.


* Testo letto - domenica 11 gennaio a Barcellona - nel corso della manifestazione contro la guerra in Chiapas. Pubblicato da La Jornada


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