La Jornada 12 maggio 1998
Gilberto López e Rivas
Gli ultimi avvenimenti capitati nelle comunità di Taniperla
e Amparo Aguatinta, in Chiapas, devono condurre a una seria riflessione
politica sullo stato del sospeso dialogo tra l'EZLN e il governo
federale, e sulla sempre più pericolosa situazione nelle
regioni del conflitto, ed a intraprendere azioni al fine di evitare
un'imminente guerra generalizzata nella regione.
Le azioni governative verso il Chiapas dimostrano che l'animosità
ed il rancore si sono installati nella politica di stato, indirizzate,
sì, alla liberazione di risorse economiche e di promesse
preelettorali che, più che offrire soluzioni profonde alla
misera situazione dell'immensa maggioranza chiapaneca, sono volte
ad applicare la vecchia tattica del bastone e della carota.
Altrimenti non potremmo interpretare la dichiarazione presidenziale
che si sono iniziate ad utilizzare risorse federali per millecinquecento
milioni di pesos nello sviluppo sociale del Chiapas, proprio adesso,
quando l'offensiva governativa sta andando avanti su tutti i fronti.
Il problema si è aggravato a partire dal crimine di Acteal,
proprio per l'approfondimento di una strategia di antiguerriglia
rivolta a sconfiggere politicamente e militarmente i ribelli,
a mandare in malora le istanze di coadiuvanza e di intermediazione
e a rendere difficile fino all'estremo l'osservazione internazionale.
Ci riferiamo a un doppio discorso da parte del più in alto
nel potere. Ad una realtà autoritaria, repressiva e antidemocratica
che persistentemente rifiuta la retorica ufficialista e che sta
ponendo in pericolo l'integrità della nazione e la pace
su tutto il territorio nazionale.
Si sta già usando la forza dello stato contro i popoli
indigeni. Sono dispiegati 72 mila effettivi dell'Esercito nelle
comunità, che coprono già 63 municipi dello stato
in 209 punti geografici fissi, e tanti altri mobili; si perseguita
giorno e notte la popolazione con sorvoli radenti per sorvegliare
e atterrire i simpatizzanti zapatisti; si pretende di risolvere
un problema eminentemente politico, come quello dell'insediamento
o del funzionamento di municipi autonomi, partendo con misure
repressive e poliziesche, i cui risultati sono: più detenuti
in Cerro Hueco, furti dei fondi comunitari, degli strumenti di
lavoro e dei beni degli abitanti; distruzione di case e di edifici
comunali, aggressioni e violazioni dei Diritti umani nei villaggi
attaccati, fabbricazione di delatori, stimolo alla polarizzazione
delle comunità, utilizzazione faziosa dell'Esercito e dei
corpi di sicurezza a beneficio dei membri locali di un partito,
logoramento delle forze armate che sono percepite come forza
di repressione dagli indigeni, come un esercito d'occupazione
che soggioga villaggi abitati da messicani, manipolazione di un'organizzazione
internazionale come l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'ONU
per giustificare un'azione militare.
La politica del Potere Esecutivo sta andando sul sentiero del fallimento.
Continua un processo di decomposizione sempre maggiore del conflitto,
un aumento del volume delle forze coinvolte e una capacità
ogni giorno minore di creare situazioni viabili per la pace.
I municipi autonomi sono l'espressione politica di un processo
rivoluzionario, di una ribellione che il Congresso ha riconosciuto
che si sosteneva su cause giuste, di un movimento di messicani
a gran maggioranza indigena che si ribellano al governo della
Repubblica.
Quelli che si stracciano i vestiti per il rispetto dello "stato
di diritto", sembrano non rendersi conto che né un
solo gruppo paramilitare, o come eufemisticamente li chiama la
PGR, Gruppi di Civili Presuntamente Armati (PCPA), è stato
smantellato o disarmato durante questi anni. Al contrario, i membri
di questi gruppi servono a segnalare i simpatizzanti dei ribelli,
sono gli occhi e le orecchie delle forze regolari. Questi gruppi
sono utilizzati perché "gli indios ammazzino gli indios",
per rendere verosimile la tesi dello scontro intercomunitario,
per creare la necessità della presenza delle forze regolari,
per svolgere il compito di controllo armato dei simpatizzanti
degli insurgenti, per evitare che si sviluppino organizzazioni
indigene o contadine indipendenti, o addirittura neutrali, come
di quelli che sono stati massacrati in Acteal. Loro godono d'impunità,
passeggiano per le comunità ostentando le loro armi che,
di certo, sono d'uso esclusivo delle forze armate; loro fanno
parte organica dello "stato di diritto" che vuole instaurare
il signor Albores col sangue e col fuoco.
L'unica soluzione al conflitto che vediamo, effettivamente costruttiva,
è quella che faccia avanzare le posizioni della democrazia,
del pluralismo e della integrazione delle opinioni di tutte le
forze coinvolte nello stesso, includendo ovviamente i maya zapatisti.
Dato che è nella democrazia cioè in una maniera
sociale di convivere, che i conflitti si possono concludere con
un risultato in cui le parti finiscono per cedere producendo nuovi
spazi di riconciliazione, come i municipi autonomi indigeni.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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