La Jornada 12 de maggio de 1997
[traduzione ultimo pezzo dell'intervista]
-- Lei ha appoggiato la causa zapatista e di fatto il nome del
subcomandante Marcos è stato ripreso da un personaggio
della sua opera "El cumpleaños de Juan Angel".
Che opinione ha di come agisce oggi l'EZLN, dopo gli anni di
permanenza in Chiapas?
-- Ho molta simpatia per la causa zapatista. Mi pare inoltre che sia una guerriglia fuori dal normale, perché è l'unica in America Latina che ha portato avanti le cose con un senso della realtà. Non è come altri movimenti di lotta armata che vogliono conquistare il potere per imporre in modo autoritario leggi, tipi di sviluppo, pretendendo di migliorare le condizioni di vita dei popoli. Invece ciò che vogliono gli zapatisti è che la Costituzione messicana venga applicata anche per loro, che non li si lasci fuori. E questa è una cosa molto saggia.
Forse è il più legale dei movimenti che ci siano
in Messico oggi. La storia del Messico si dividerà in prima
e dopo di loro.
-- Le sembrerebbe valido il passaggio dell'EZLN da guerriglia
a partito politico?
-- Sì, può essere interessante. Marcos è
un tipo intelligente che ha i piedi per terra e che non sta aspirando
all'impossibile. Ha uno spiccato senso della realtà e
questo è molto importante per una rivoluzione, cioè
che non aspiri a cose inverosimili a medio o lungo termine.
-- Crede nelle utopie?
-- Credo di sì. Le utopie, per loro stessa definizione non si realizzano mai completamente. Sono cose che sembrano impossibili e dopo risulta che c'è una parte di loro che si realizza. Se l'umanità ha fatto passi in avanti positivi si deve agli autori di utopie: Gesù Cristo, Marx, Freud.
Grazie a loro l'umanità è avanzata e oggi si può
dire che la vita è più umana che nell'Età
della Pietra.
--Rispetto alla democrazia, è d'accordo con l'analogia
di Saramago: "la democrazia come inganno"?
--Credo che Saramago abbia detto che la democrazia non è totalmente condivisibile. Egli spiega molto bene che, anche nei paesi in cui l'esercizio della democrazia è rappresentativo (i cittadini eleggono i deputati, i senatori, i presidenti), non sono realmente i cittadini quelli che decidono ciò che accadrà in quel paese ma i proprietari delle multinazionali, la Trilaterale, il Fondo Monetario, la Banca Mondiale.
E Saramago domanda pure: e quelli, chi li elegge? Per questo credo
che Saramago dica che in fondo la democrazia ha questo difetto,
è ingannevole, ma di questo inganno non sono colpevoli
quelli che votano, ma quelli che si lasciano condizionare.
Nonostante tutto, Benedetti rimane un ottimista, senza alcuna
speranza di poter guarire dal suo ottimismo, che continua a scrivere
poesie. Ed è contento che molti giovani si stiano avvicinando
alla poesia e "stiano reclamando risposte per le nuove domande"
del mondo.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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