La Jornada, martedì 11 novembre 1997

Luis Hernández Navarro

Chiapas: la cortina di fumo, la pace retorica

Per Rogel del Rosal, ingiustamente incarcerato in San Luis Potosí

L'attentato di Pace e Giustizia contro i vescovi Samuel Ruiz, Raúl Vera e la loro comitiva, ha provocato la fuoriuscita dallo schema di contenimento del conflitto chiapaneco, messo in pratica dal governo federale.

Dal fracasso della offensiva militare contro l'EZLN del febbraio 1995, la politica governativa verso la ribellione chiapaneca era composta di tre elementi sostanziali.

L'attacco armato contro la comitiva della diocesi di San Cristóbal nel nord del Chiapas ha evidenziato l'inconsistenza della politica governativa verso il conflitto. Ha dimostrato che questo non è assolutamente un problema locale e in via di soluzione. I gruppi paramilitari auspicati o tollerati dal governo sono scappati dal suo controllo ed agiscono, ogni giorno di più, per proprio conto. E la Conai risorge da questo incidente con un capitale politico-morale che nessuna altra istanza di mediazione o di coadiuvazione possiede.

Rotto l'argine di contenimento eretto contro lo zapatismo (che non è mai stato troppo efficace) è esploso un doppio processo.

Ciò che richiama molto l'attenzione nelle dichiarazioni dell'ex governatore di Quintana Roo è la enorme debolezza che dimostra. Invece di comportarsi come un rappresentante del governo che deve dialogare con l'EZLN, sembra essere un incaricato di negoziati fra le diverse fazioni all'interno del governo che devono decidere che farne del conflitto chiapaneco. Quando afferma "il governo deve dare segnali di voler negoziare", e quando puntualizza "il governo ha firmato gli accordi di San Andrés e deve adempiere senza giocare al ribasso, come prerequisito indispensabile per la pace. Ciò che è firmato, è firmato. Bisogna rispettarlo se vogliamo riaprire il dialogo" sta evitando di dichiarare che lui è il responsabile di questi negoziati, ed evidenzia la sua debolezza nel far valere il suo punto di vista.

Se non è lui, chi è che deve decidere la posizione governativa di fronte all'EZLN? Perché gli zapatisti si dovrebbero sedere a negoziare con qualcuno che non ha la forza per fare rispettareè ciò che è stato concordato? Non importa che le sue intenzioni siano buone. A che servono se non possono diventare realtà?

Il commissario governativo dovrebbe sapere, inoltre, che è inesatta la sua segnalazione nel senso che "se ci fosse un negoziato fermo, gruppi come la banda armata che ha aggredito non avrebbero spazio".

Una delle ragioni per cui il dialogo tra l'EZLN ed il governo federale è stato sospeso, è stato proprio perché, durante i negoziati di San Andrés, Pace e Giustizia operava nel nord dello stato con la più assoluta impunità. Le sue azioni non sono il risultato dell'assenza di dialogo fra le parti, anche se questo può averle aggravate.

La storia è nota a tutti. Questo gruppo ha iniziato le sue azioni dal marzo del 1995, quattro mesi dopo perpetrò un'ondata di omicidi nella regione e in settembre fu artefice dell'espulsione dalle loro comunità di migliaia di aderenti al PRD.

I puntuali patti firmati alla fine di marzo del 1996, per cercare la riconciliazione nella regione, durarono poco tempo. Il 16 marzo, in El Limar, il gruppo paramilitare aveva preparato il sequestro del vescovo Vera e, in giugno, è riuscito a controllare con violenza le strade di Tila. La ripresa dei negoziati passa attraverso l'applicazione della legge senza guardare nè ai paramilitari nè a nient'altro.

Affinché il dialogo di San Andrés ricominci, il governo deve risolvere le cause che lo bloccano. Le dichiarazioni Joaquín Coldwell potrebbero essere interpretate come un cambiamento nella posizione ufficiale se, e solo se, si mettono in pratica. Al contrario rimarranno come parte della lunga serie delle promesse non mantenute dal governo, cioè come una nuova dimostrazione di pace retorica e come parte della cortina di fumo stesa per "tappare" l'attentato.

(traduzione del Comitato Chiapas di Torino)

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