La Jornada 11 giugno 1998

 

In San Juan della Libertà, piano con pretesto e colpevoli pronti

 

Hermann Bellinghausen, inviato, San Cristóbal de Las Casas, Chis., 10 giugno ¤
Lo scenario era pronto. Albores non ha potuto aspettare né che iniziasse la prima partita del campionato Mondiale di Calcio. Ed immediatamente si è fatto carico, come d'abitudine, del cruento attacco di oggi contro il municipio autonomo di San Juan della Libertà. Il pretesto - l'imboscata di ieri nelle immediatezze di Los Plátanos - era già stata preparata e in certo qual modo annunciata. Anche se non esiste alcuna prova che la sparatoria sia stata effettuata dagli zapatisti, il procuratore Rodolfo Soto Monzón ha deciso che è stato così.

Nonostante le autorità del municipio autonomo e le basi di appoggio zapatiste abbiano smentito immediatamente l'accusa, il governo ed i mezzi ufficiali hanno sostenuto la versione che avevano già preparato. Non la vanno certo a cambiare per mancanza di prove.

L'operazione, uno dei progetti più accarezzati dal governatore, è cominciato ieri, immediatamente, grazie alla seconda occasione in cui i priisti di Los Plátanos si sono fatti un'imboscata tra di loro. Lo stesso era successo il 18 aprile, quando dopo un incidente simile era morto Andrès López Hernández. Sono divisi da problemi di terre e dal modo con cui si relazionano con il municipio autonomo. I priisti di Los Plátanos, una delle poche comunità di El Bosque, o di San Juan della Libertà, che non sta con il municipio autonomo, hanno espulso allora le famiglie basi d'appoggio dell'EZLN ed hanno instaurato uno stato d'assedio.

Si è aperta così la via per un'escalation di provocazioni. Il 27 aprile, ci sono state altre due morti, di priisti, in Los Plátanos, quando non c'erano già più zapatisti nella comunità. Per la seconda volta, però, sono stati incolpati loro senza prove.

La terza è stata la migliore. I passamontagna che portavano gli aggressori che hanno assassinato ieri Roberto Pérez Ruiz ed hanno feriti cinque viaggiatori sul camion da trasporto di tre tonnellate che transitava verso il capoluogo municipale, sono bastati a Soto Monzón per considerarli una "dimostrazione che quando esistono presunti municipi autonomi in un municipio costituzionale, si trovano solo risse e vendette".

Sulla base di questa conclusione e con la decisione militare di effettuare lo "smantellamento" dell'importante municipio autonomo, oggi è stata lanciata una poderosa offensiva contro varie comunità. Adesso ci sono nove nuovi morti e 25 arrestati, almeno... se non di più.

Ubicato nella regione tzotzil di los Altos verso la zona nord dello stato, San Juan è governato da un consiglio municipale autonomo da due anni e mezzo. C'è già stato un cambiamento di autorità.

Il governo costituzionale priista di El Bosque nemmeno occupa gli uffici municipali, che sono sede, come in San Andrés, del consiglio autonomo. Il governo priista è quello che amministra, per le poche comunità e famiglie che lo appoggiano, la totalità del preventivo assegnato al municipio.

Questa volta l'attacco ai civili ha incluso mortai e altre armi di alto potere.

Non sono stati presentati i cadaveri, ma la Procura di Giustizia statale ha assicurato che sei appartengono ai "guerriglieri".

La pulizia in San Juan, La Unione Progresso e soprattutto in Chavajeval ricorda altre operazioni di pulizia sul "luogo dei fatti" realizzate nella zona di conflitto.

 

La protezione selettiva

Oggi, il movimento di veicoli militari con truppe ed armamento è stato molto attivo in direzione di Los Altos. La strada Panamericana era praticamente occupata da un convoglio continuo dell'Esercito.

I camion di cinque tonnellate della Sicurezza Pubblica dello stato hanno già fatto la loro parte; sono rimasti i picchetti distaccati e le donne poliziotto, con i loro gas lacrimogeni, nel municipio autonomo che in realtà è occupato da un incredibilmente numeroso contingente di soldati.

Tutti gli accessi ai dirupi ed ai pendii che attorniano il municipio sono in potere dell'Esercito e della Giudiziaria.

Le famiglie sfollate di Los Plátanos sono già da quasi due mesi in montagna, nascoste, perseguitate dai priisti con l'appoggio della Sicurezza Pubblica distaccata nella comunità.

Le case degli zapatisti sono state saccheggiate e bruciate e le loro coltivazioni di caffè rubate o distrutte, senza che nessuno lo potesse impedire.

Lo zelo che pone il governo di Albores per proteggere le minoranze priiste in presunta disgrazia (ricordare Nicolás Ruiz), sempre brilla per la sua assenza quando le aggredite sono comunità o persone autonome o zapatisti.

Con questa stessa inazione selettiva si è cucinato l'esodo di Chenalhó, che è culminato nel massacro di Acteal ed il fenomeno di Polhó con i suoi 8 mila profughi.

Ieri è arrivata la sofferenza alle comunità di San Juan della Libertà.

Bambini, anziani, donne e uomini sperimentano sulla propria carne il significato occulto dello slogan governativo che circola in Tuxtla Gutiérrez: "Lasciamo che la pace parli".

Ovviamente non si riferisce a loro, come lo ha dimostrato Albores questa notte parlando con il notiziario di Tv Azteca e riferendosi ai morti di Los Plátanos come tzeltales, mentre in questa regione ci sono solo tzotziles.

 


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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