Lunedì 11 Maggio 1998 / 11:36 hrs
Con la espulsione questo lunedì di 40 italiani, sale a
un centinaio il numero degli stranieri che sono stati espulsi
dal Messico.
AFP.- Messico.- Con l'espulsione di 40 italiani, sale a un centinaio il numero degli stranieri che sono stati espulsi dal Messico solo nel 1998, accusati di essersi coinvolti in affari politici riservati ai messicani e di non rispetto delle leggi, e questo ha aperto un dibattito rispetto agli "stranieri indesiderati" e/o "osservatori scomodi".
L'ultimo caso è accaduto questo lunedì, quando il Ministero dell'Interno ha annunciato che un gruppo di 40 italiani componenti della carovana "Un ponte per il Chiapas" (sud del Messico), sono stati deportati dal paese mediante l'applicazione dell'Articolo 33, per, secondo le autorità, aver violato in modo chiaro le disposizioni ufficiali.
Diverse missioni di osservazione internazionale hanno denunciato che il Governo messicano ostacola il loro lavoro in Chiapas, soprattutto quando visitano comunità indigene simpatizzanti dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che si alzò in armi nel gennaio del 1994.
Organizzazioni Non Governative messicane hanno assicurato che la promozione dei Diritti umani si è convertita "in un delitto" in Messico, per coloro che la promuovono, così se sono messicani, corrono il pericolo d'essere incarcerati e nel caso degli stranieri, si corre il rischio di essere espulsi.
L'undici aprile scorso, l'Istituto Nazionale d'Immigrazione (INM) aveva arrestato 12 stranieri nel "municipio autonomo" prozapatista Ricardo Flores Magón e immediatamente aveva applicato l'Articolo 33, lo stesso che è stato applicato contro gli italiani. Il resto delle deportazioni corrisponde a casi isolati di uno, due o più stranieri che avrebbero violato le leggi.
Varie decine di stranieri sono stati espulsi in precedenza dal paese per aver violato i permessi di soggiorno, specialmente per aver partecipato ad atti politici riservati ai messicani.
Il viceministro dell'Interno, Fernando Solís, ha definito gli italiani "turisti rivoluzionari" ed ha annunciato severe sanzioni contro di loro, dato che, secondo organizzazioni di impresari, come la Confederazione Padronale della Repubblica Messicana, non c'è opposizione a che gli stranieri vengano come osservatori in Messico, però sì a che si convertano in attori dei conflitti sociali.
Addirittura il presidente Ernesto Zedillo ha censurato l'atteggiamento dei "turisti rivoluzionari", a cui ha chiesto rispetto per le leggi messicane e che vedano tutto ciò che c'è nel paese e non solo una parte della vita di certe comunità indigene.
Sul caso degli italiani, Solís ha detto che non hanno rispettato ciò che era stato autorizzato e che "la loro volontà fu ed è: non riconoscere la validità dell'ordine giuridico messicano né sottomettersi alle decisioni ed agli atti delle autorità incaricate di applicarlo".
Quando si parla dell'Articolo 33, i messicani comprendono che si applica a "stranieri indesiderati", tra i quali si includono gli osservatori stranieri che realizzano il loro lavoro in Chiapas, in accordo con i commenti emessi in differenti programmi radio e televisivi.
Però, gruppi difensori dei Diritti umani hanno affermato che si tratta di "osservatori scomodi", dato che il Governo non desidera che si conosca nel mondo la situazione in Chiapas, che -per esempio- gli italiani hanno definito "di guerra".
Dall'inizio del conflitto zapatista in Chiapas sono arrivati migliaia di stranieri, molti di loro si sono fermati per mesi in "accampamenti della pace", sempre in comunità prozapatiste. Secondo la stampa, in territorio chiapaneco ci sarebbero circa 4,500 osservatori stranieri, molti di loro con visto da turisti.
Gli italiani erano parte di un gruppo di 134 componenti della carovana "Un ponte per il Chiapas"; a 40 di loro si è applicato l'Articolo 33 e non potranno più tornare in Messico, mentre al resto dei loro compagni, che se ne sono andati volontariamente, si è proibito di ritornare per un periodo di 10 anni.
L'EZLN considera che la presenza di osservatori stranieri serva
da barriera affinché il Governo non possa ricorrere alla
forza in Chiapas e da ponte tra le comunità indigene della
zona di conflitto ed il mondo intero.
http://endiretto.infosel.com.mx/Noticias/flash/19980511/016689.htm
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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