La Jornada 8 giugno 1998

CHIAPAS, SENZA INTERMEDIAZIONE

Il vescovo di San Cristóbal de Las Casas, presidente della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai), Samuel Ruiz, ha annunciato ieri la fine della mediazione a suo carico. Alcune ore più tarde, gli altri membri dell'istanza di mediazione hanno appoggiato il vescovo nella sua decisione, gli hanno espresso riconoscimento per il suo sforzo in favore della pace e della giustizia, hanno fatto notare che, nei fatti, il governo "continua a smantellare le condizioni necessarie per il dialogo ed il negoziato", e hanno dichiarato concluso il compito di mediazione della Conai.

Samuel Ruiz ha segnalato, come principali ragioni della sua decisione, la mancanza di rispetto ufficiale a quanto si era concordato al tavolo uno di San Andrés Larráinzar e la reazione dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale: "Un lungo, comprensibile e alla fine pesante, silenzio"; la determinazione del governo federale di appartarsi dal dialogo, tale e come si è delineata in San Andrés, e di "dar esecuzione unilateralmente a quanto concordato e di voler passare verso la tematica da affrontare, invocando un dialogo diretto, senza che sia necessaria nessuna mediazione", così come la "costante e crescente aggressione governativa" contro di lui, la quale, in occasioni recenti, è stata "portata avanti, con segni e parole, dallo stesso titolare dell'Esecutivo". Allo stesso modo, il vescovo ha denunciato la persecuzione sistematica contro la sua diocesi da parte delle autorità.

Rimane da ricordare che la Conai, installata nel dicembre del 1994, ha realizzato un lavoro non apprezzato per mantenere la precaria pace in Chiapas, per dar impulso ad un processo di pacificazione che potrebbe dar soluzione alle cause profonde dell'insurrezione del gennaio di quell'anno, e per documentare le condizioni di miseria ed emarginazione che soffrono gli indios della regione, così come le atrocità di cui sono stati vittime. Nel più recente periodo del conflitto, dal massacro di Acteal, nel dicembre 1997, e dopo il successivo cambio di strategia ufficiale per Chiapas, tanto la Conai come la diocesi di San Cristóbal hanno dovuto affrontare una sfuriata di accuse, imputazioni e diffamazioni da parte delle autorità.

Nell'esplosivo contesto chiapaneco attuale, la perdita dell'istanza di intermediazione è per alcuni preoccupante e dovrebbe indurre le parti in conflitto, il governo in primo luogo, a sospendere la sua strategia di continuare a combattere i principali - se non gli unici - fattori di distensione e di moderazione che rimangono nella regione. Senza loro, si corre il pericolo di una maggiore polarizzazione, di nuovi lacerazioni nel tessuto sociale locale e di nuove azioni criminali, come quella del massacro di Acteal.

È chiaro che né in questo né in nessun altro conflitto possono iniziare o riannodarsi processi di dialogo - diretti o indiretti - senza la presenza di mediatori che stabiliscano canali minimi di comunicazione tra le parti e che, quindi, manca di senso e di prospettive il proposito espresso da un comunicato della Segreteria di Governo - come reazione all'annuncio di Samuel Ruiz - che il governo federale cercherà il dialogo ed il negoziato diretto con la dirigenza dei ribelli indigeni. In assenza della Conai o di una istanza equivalente, non potrà riattivarsi il processo di pacificazione tra il governo federale ed i loro alleati locali, da una parte, e le comunità zapatiste e la loro organizzazione, dall'altra.

Quello che sarebbe logico, desiderabile e necessario è, certamente, che il conflitto chiapaneco venisse risolto esclusivamente da messicani e in Messico. Però non si può ignorare che la disarticolazione delle mediazioni nazionali può aprire un palcoscenico sul quale l'intermediazione internazionale diventi inevitabile.

In questa prospettiva, dovrebbe competere al governo - che ha insistito nel rifiutare qualsiasi possibilità di gestione pacificatrice esterna - sospendere le sue pressioni ed aggressioni contro la Conai e chiedere ai suoi componenti che riconsiderassero la loro decisione. Ci sarebbe piaciuto ascoltare da parte del potere pubblico, delle espressioni di preoccupazione per gli annunci di Samuel Ruiz e dei restanti intermediari. Disgraziatamente, per ora, la reazione ufficiale - attraverso un comunicato di Governo - si è limitata a negare che esista persecuzione e minacce contro la diocesi di San Cristóbal e la Conai, ed a qualificare di tendenziose e dolose le segnalazioni in questo senso. Causa sorpresa il tono impiegato nel bollettino della Segreteria di Governo nel riferirsi all'entità di mediazione creata dalla società civile ed accettata dalle parti e sorprende che pretenda di giustificare la persecuzione governativa realizzata contro questo gruppo di messicani che hanno fatto sforzi inestimabili in favore della pace.

Nella circostanza presente, non ci sembra che ci sia altra soluzione che una mobilitazione urgente della società a favore della pace, una riflessione profonda da parte delle autorità e un'interruzione di ciò che i componenti della commissione adesso disciolta chiamano la "strategia di guerra" governativa in Chiapas.

Se gli avvenimenti si svilupperanno in questa ottica, ci si potrebbe aspettare, come conseguenza della fine dell'istanza di mediazione, una riattivazione del processo di pacificazione in questa entità.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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