da Guiomar Rovira 8.3.97
5 MILA INDIGENI HANNO MANIFESTATO QUESTO 8 MARZO
Migliaia di donne zapatiste hanno celebrato l'8 marzo in Los Altos de
Chiapas. Non è stata una giornata di festa, come lo era stata la
moltitudinaria riunione dell'anno passato quando indie di tutte le vallate
erano calate sulla città di San Cristobal per la ricorrenza.
Quest'anno non c'è nulla da festeggiare. E' che mentre in marzo
del 1996 si erano appena firmati i primi accordi fra l'EZLN ed il governo
del Messico sul tema diritti e cultura indigena, quest'anno si è
visto che quegli accordi non sono stati rispettati.
E per questo le donne zapatiste non hanno osato allontanarsi molto dalle
loro comunità e andare alla città dei bianchi, San
Cristobal.
Sono rimaste nel loro territorio, ora che la guerra è più
vicina, l'incertezza per la pace è maggiore, le indigene hanno manifestato
nella sede del dialogo che rimane rotto, San Andrés, capoluogo municipale
di un territorio ribelle.
Le donne, con i volti coperti da fazzoletti, con i neonati appesi al
petto o alle spalle, con i loro costumi colorati e decorati da complicate
greche e da fiori, hanno manifestato nel giorno internazionale della donna
per esigere ancora una volta democrazia, giustizia e libertà in
Messico e, come punto centrale della loro rabbia, l'adempimento degli accordi
su Diritto e Cultura Indigena firmati tra l'EZLN e il governo.
"Ya basta!", ripetevano oggi le zapatiste, "Basta con umiliazioni,
inganni, maltrattamenti, repressioni, assassini, violenze, basta con tanta
ingiustizia!"
E così, in una mattinata soleggiata, migliaia di donne tzotziles
sono arrivate dalle montagne e dalle comunità di Los Altos al
capoluogo municipale di San Andrés, la popolazione che ha visto
passare 16 mesi di negoziati di pace, comandanti zapatiste, delegati governativi,
stampa, vescovi, deputati, militari disarmati, cordoni di sicurezza indigeni,
visitatori stranieri...
Però da settembre del 1996 San Andrés è rimasto vuoto,
con questo immenso vuoto che lascia il dialogo quando si rompe, con questa
paura che semina nella gente l'incertezza che genera l'equazione non dialogo-violenza,
non pace-guerra.
Terra ribelle, San Andrés è caduto nell'oblio al dimenticarsi
gli accordi che portano il suo nome, gli accordi che costarono vari mesi
di dibattito, che hanno coinvolto decine di etnie di tutto il Messico,
cioè gli indios della mesoamerica che decidevano che discutevano
insieme le loro rivendicazioni, una discussione che infine culminò
il 16 febbraio 1996, quando si firmarono tanto da parte degli zapatisti
come da parte degli inviati del potere gli accordi su diritti e cultura
indigena, qui in San Andrés.
E sono ora queste cinquemila donne indie che giungono a camminare per
le strade della sede del dialogo rotto quelle che vogliono rinfrescare
la memoria di Zedillo: "Zedillo, rispetta la tua parola", "Governo
bugiardo" e tanti altri slogan come "Zedillo le donne non si
arrendono né si vendono", "Accettare briciole del governo?
No!, non ci arrendiamo".
Donne di tutte le età, dalle anziane dai capelli bianchi fino alle
bambine, sono oggi le protagoniste.
Occupano circa 2 chilometri della strada che arriva da Oventik. Mentre,
al crocevia aspettano quelle che stanno arrivando dall'altra strada, camminando,
da Chamula e Zinacantán.
Queste ultime si fermano pure ed aspettano l'altro contingente, aspettano
proprio davanti alla caserma militare che si erge all'entrata di San Andrés:
"Fuori l'esercito dalle nostre comunità! Fuori l'esercito da
San Andrés, fuori l'esercito dalla Garrucha, fuori l'esercito dalla
zona nord, da La Realidad, da Chenaló, da Morelia, dalla selva,
da Los Altos, dalla sierra...!.
Con i loro fazzoletti e passamontagna, le indigene proseguono a gridare:
Viva le DONNE ZAPATISTE! EZLN! e sfidano ordinatamente i soldati che attoniti
osservano da dietro le loro trincee.
Quando i due lunghi serpenti di donne si uniscono, inizia l'entrata nella
cittadina, e tingono di colori le sue strade, con le braccia levate e gli
slogan.
Nella piazza, che è stata sede del dialogo, le ragazze giovani salgono
sul palco di fronte al municipio, fiancheggiate da uomini: le autorità
tradizionali di San Andrés, vestite con i loro costumi caratteristici
e i loro cappelli della festa.
Però sul palco oggi ci sono loro, le donne, con le loro gonne di
lana, le loro casacche ricamate, le loro trecce, i loro capelli neri e
lunghi, i loro passamontagna.
Sul palco ci sono addirittura varie bimbe, non bambini come d'abitudine,
forse le bambine sentono che oggi è il giorno che tocca a loro.
Le comandanti zapatiste leggono un documento: "Zedillo ha detto
che ha la volontà di dar soluzione al conflitto, che accetti allora
l'iniziativa di legge su diritti e cultura indigena elaborata dalla Commissione
di Concordia e Pacificazione".
Con voce sicura, la giovane continua: "Esigiamo da Zedillo che non
continui più a burlarsi dei popoli indigeni del Messico, di tutti
i messicani che anelano a una pace con giustizia e dignità, e di
tutti i popoli e i paesi del mondo che appoggiano la giusta lotta degli
indigeni messicani". L'atto prosegue, la maggioranza dei discorsi
sono in lingua india.
Le donne inondano la piazza, alcune sono sedute al suolo, altre in piedi,
mangiano pozol - un impasto di mais sminuzzato ed acqua -, danno
il petto ai più piccoli, ascoltano attente ed applaudono o gridano
in coro. San Andrés torna ad essere pieno, pieno di vita, di colori
e di figli. Quasi 6 mesi sono passati da quando i comandanti dell'EZLN
avevano deciso di non presentarsi all'appuntamento con la delegazione governativa
fino a che non si rispettasse ciò che era già stato firmato.
I discorsi cedono il posto alle denunce: la guerra di bassa intensità
in Chiapas è un fatto e colpisce di più proprio le donne,
dice un'oratrice.
No alla militarizzazione, acclamano tutte.
E come punto vitale, le indigene espongono: "Esigiamo la sparizione
dei gruppi paramilitari che stanno ammazzando e perseguitando nelle comunità
della zona nord del Chiapas".
La cerimonia va avanti con attività culturali.
Un gruppo di studenti del Fronte Zapatista di San Cristobal è venuto
a San Andrés per presentare un'opera teatrale.
Le indigene ridono, si divertono.
I giovani gridano e mettono in scena una commedia in cui il governo umilia
gli indios, però loro si ribellano.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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