INTERVISTA (comunità LAS TAZAS- CHIAPAS)
8 gennaio 1998
Rapporto di Lane Raul Garcia Capella e di Jackson
Holland,
osservatori dell'accampamento civile per la pace de LA UNION,
municipio di San Manuel (vallata di LAS TAZAS).
Verso le 12,30 del giorno sette gennaio, tre camion pieni di soldati
si avvicinarono alla comunità per la strada principale che conduce
al villaggio.
Osservammo che trasportavano circa trenta soldati.
Lane Raul si avvicinò al camion di testa che si dovette fermare
perché Lane stava in mezzo alla strada.
I soldati scesero dal camion e noi domandammo chi fosse il capo.
Un militare con tre barrette sul braccio ed un altro con due barrette si
avvicinarono a Lane Raul.
Jackson stava dietro, scattando foto, mentre Lane stava registrando con
un registratore tascabile.
Lane: "il signore con le tre barrette mi salutò mi strinse
la mano e si comportò in modo molto cortese. Mi domandò in
che veste stavo lí.
Gli risposi che appartenevo ad una delegazione di osservatori di un gruppo
per i diritti umani, che stava osservando la situazione in Chiapas. Tutta
questa conversazione é stata registrata ed abbiamo una copia della
cassetta.
In sostanza mi dissero che venivano per portare alimenti e assistenza medica.
Io gli feci osservare che non vedevo né cibo né medicine
ed allora mi dissero che c'era un dottore con loro: un soldato armato.
Mi dissero che se non li avessi lasciati passare, stavo impedendo il loro
sforzo nel fornire aiuti.
Tutto questo fu detto in un tono rispettoso, cortese e sorridendo.
Quindici minuti dopo dall'inizio di questa conversazione e dopo che alcuni
di loro ebbero parlato via radio uno dei camion si ritirò.
Tornarono a domandare del responsabile della comunità. Io insistetti
che il responsabile gli avrebbe detto la stessa cosa, dato che questa comunità
aveva un accordo per non fare entrare l'esercito.
Non avevano diritto di entrare e se venivano per controllare lo stato della
strada (come mi avevano detto in un primo momento) non c'era nessun problema.
Gli dissi anche che se volevano parlare con il responsabile dovevano farlo
senza portare armi.
Decisero che dovevano parlare tra di loro e mi lasciarono solo.
Dopo 45 minuti dal loro arrivo nella comunità arrivarono altri due
camion. In totale, in quel momento c'erano circa 46 militari.
Un soldato che arrivò con gli ultimi camion, grasso, robusto, di
pelle chiara e con i capelli bianchi, si avvicinò.
Sembrava essere il comandante. Gli tesi la mano ma non me la strinse.
Gridando mi chiese perché avessi fermato i mezzi. Iniziai a ripetergli
quello che avevo detto al sergente, ma non mi lasciò finire, mi
spinse violentemente fuori dalla strada ed ordinò ai camion di avanzare.
Due camion entrarono nella comunità, mentre io rimasi là
e Jackson seguì questi due camion per scattare foto.
Con me rimasero un militare con tre barrette, uno con due, uno con una
stelletta ed uno con tre.
Quest'ultimo filmava tutta la scena.
Ci domandarono i passaporti e dissero che per stare là avevamo bisogno
di visti, che non avevamo diritto di stare là e che ci avrebbero
portati alla polizia migratoria.
Mi diressi verso Jackson per parlare con lui e lo incontrai vicino ai due
camion che erano entrati nella comunità, presso il torrente, nella
parte ARIC (Associazione Rurale per gli Interessi Collettivi di affiliazione
PRIista) della comunità.
Dissi a Jackson che ci volevano portare via. Eravamo tutti e due d'accordo
che non ne avevano il diritto.
Jackson non aveva passaporto, ma un documento che comprovava la sua nazionalità
statunitense (i cittadini USA possono entrare in Messico senza bisogno
di passaporto - N.d.R.), ma, sfortunatamente, aveva un permesso di soggiorno
per soli cinque giorni.
I militari filmarono questo documento e dovemmo discutere abbastanza affinché
ce lo restituissero.
Domandai al comandante quale fosse il suo nome ed il suo incarico.
Rispose che era responsabile per tutta la vallata e disse che se non volevamo
andare con lui, la polizia migratoria sarebbe allora venuta fino lí
per noi.
Io gli risposi che sarei andato a parlare con la comunità per sapere
cosa pensavano dovessimo fare.
In quel momento non c'era molta gente con noi e gli dissi che dovevo cercare
delle persone.
Mi lasciarono andare a condizione che Jackson rimanesse con loro.
Non riuscii a trovare il responsabile della comunità, ma le persone
che incontrai mi dissero che dovevamo restare.
Chiesi loro di cercare il responsabile per sapere esattamente quello che
si doveva fare e gli chiesi anche di portare il documento dell'accordo
della comunità dove si dichiarava che non si voleva l'ingresso dell'esercito
neppure per "lavoro sociale".
Tornai allora dal comandante e gli dissi che avevamo deciso di restare.
Lui mi rispose: "No, Adesso é ora di andare".
Io risposi che aveva accettato che ci consultassimo con la comunità
e che si era deciso che saremmo restati.
Mi dissero allora che la polizia migratoria sarebbe arrivata entro tre
ore.
Gli risposi che andava bene e mi sedetti ad aspettare con il mio compagno.
La tensione scese. aspettammo fino alle tre e mezzo quando il comandante
si avvicinò e ci disse che mancava ancora molto e che sarebbe stato
meglio se fossimo andati con loro.
Di nuovo insistetti che non saremmo andati con loro e che non avevano nessun
diritto a prelevarci.
Aggiunsi che, chiaramente, saremmo andati con loro solo se ci avessero
prelevati con la forza.
Lui allora ci rispose che lo avrebbero fatto con la forza.
Ci alzammo e ci dirigemmo verso l'accampamento che é all'interno
della comunità seguiti dal comandante e da otto soldati.
Altri 20 soldati cercarono di entrare con il camion, ma il sentiero aveva
troppa pendenza perché potessero passare e dovettero quindi fare
il giro della collina per arrivare all'accampamento.
Nel frattempo vidi che arrivavano i compagni della comunità guidati
dal responsabile.
Gli dissi che volevano portarci via a forza. Il gruppo, sempre condotto
dal responsabile, arrivò davanti al comandante minacciando e mostrando
i machete.
Tutti quanti portavano pietre, bastoni o machete. I soldati caricarono
i loro mitragliatori, ma iniziarono a retrocedere nel sentiero, vidi la
gente che avanzava contro l'esercito gridandogli contro che se ne andassero.
Erano uomini, donne e bambini.
Fotografammo tutto questo.
I soldati iniziarono a dirigersi verso i due camion, rimasti al bivio.
Ripetei al comandante che non potevano stare là e che lo sapevano
molto bene.
A questo punto mi afferrò e disse che dovevo andare con lui.
Alzai le braccia per liberarmi e gridai che non sarei andato.
La gente si avvicinò ancora minacciosa con machete, bastoni e pietre
ed una vecchia mi afferrò per portarmi via.
I soldati alzarono le armi ed innestarono le baionette.
Io rimasi ad una certa distanza, mentre Jacson era più vicino a
fotografare senza che loro lo impedissero.
Potei ascoltare che i compagni della comunità dicevano che non saremmo
andati con loro e gli mostravano l'accordo firmato dove la comunità
rifiutava l'ingresso dell'esercito.
Dopo circa un quarto d'ora i soldati se ne andarono.
Erano circa le quattro e un quarto del pomeriggio.
(a cura di Alessandro Barducci e Massimo Boldrini)
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