La Jornada 6 settembre 1996
Paulina Fernández
Mentre l'EZLN ha messo da un lato le armi per permettere una soluzione politica, il governo federale ha aumentato, esteso e migliorato le sue armi perché si rifiuta di aprire una via d'uscita politica.
Per Ernesto Zedillo, ieri come oggi, dialogo è sinonimo di accordo, e di carta; per l'EZLN, il dialogo è un mezzo per cercare una soluzione, e un cambiamento reale.
In data 10 giugno 1994, il CCRI-CG dell'EZLN ha reso noto il risultato della consultazione realizzata nei villaggi, nelle casupole disseminate nella selva, sulle proposte di accordo di pace presentate dal governo federale al tavolo del dialogo di San Cristóbal: 97.88 per cento hanno votato per il NO, cioè per non firmare quella proposta di accordo e, nello stesso tempo, quasi con la stessa percentuale, ha votato per il NO pure per non ricominciare le ostilità, ma invece per resistere e convocare il popolo del Messico ad un nuovo dialogo nazionale con il tema centrale di democrazia, libertà e giustizia per tutti i messicani.
Con data 29 agosto 1996, nuovamente il CCRI-CG dell'EZLN ha reso noto il risultato di un'altra consultazione realizzata fra le basi d'appoggio zapatiste, su ciò che era successo al tavolo 2 del Dialogo di San Andrés. I villaggi consultati decisero di ordinare alla delegazione dell'EZLN di sospendere la sua partecipazione, senza che importassero le conseguenze, e di non partecipare più al dialogo fino a che il governo non si impegni con serietà sulla via politica.
Nel 1994, alle 34 rivendicazioni che l'EZLN aveva presentato nel dialogo di San Cristóbal, il governo ha risposto in maniere differenti però sempre nello stesso senso: ha evitato di rispondere positivamente alle richieste di carattere nazionale; ha preteso di ridurre o mediare le esigenze delle comunità indigene; ha promesso iniziative di legge senza tenere conto dei settori interessati; si è rifiutato di far marcia indietro nelle riforme costituzionali che pregiudicano ampi settori contadini; s'è impegnato a fare meticolose valutazioni in tempi molto lunghi, come quella ad esempio sull'impatto del TLC (Trattato di Libero Commercio/Nafta); o ha promesso di creare commissioni per lo studio dei casi come quello dei prigionieri politici. Per finire, promesse di soluzioni parziali che, in più, in molti aspetti erano smentite nel corso degli avvenimenti e dalle decisioni delle commissioni governative.
Ciò nonostante, le comunità e l'Esercito Zapatista hanno deciso di non ricominciare le ostilità, ma invece hanno cercato di intensificare e di ampliare le loro relazioni con la società civile, per esigere una uscita pacifica dal conflitto armato. Dalla fine del dialogo di San Cristóbal fino all'ultima fase del dialogo di San Andrés, l'EZLN ha tentato in modi diversi di costruire una via politica per dar soluzione ai grandi nazionali: la CND, la consultazione nazionale e internazionale, i comitati civili di dialogo, il forum indigeno, il forum sulla riforma dello Stato, gli accordi con dirigenti e partiti politici come il PRD e il PT, gli incontri continentale e intercontinentale, l'incorporazione al dialogo di centinaia e, molto diversi, di invitati e consiglieri, o il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale, sono alcune dimostrazioni dei costanti sforzi dell'EZLN per trovare, insieme alla società, quella via politica, civile e pacifica, alternativa alla lotta armata.
Nello stesso periodo, alcuna volte per combattere il narcotraffico, altre volte per ragioni di sicurezza pubblica, molte volte col pretesto di prestare dei servizi alle comunità, e più recentemente con l'argomento di liberare le corporazioni poliziesche dalla corruzione, o per combattere sequestratori o presunti terroristi, il governo federale, come politica generale, ha cercato di dare risposta attraverso l'Esercito a tutti i tipi di problemi, senza risolvere né occuparsi delle reali cause dei conflitti.
Parallelamente al dialogo nello stato del Chiapas, la presenza dei militari federali è andata a profitto di diversi gruppi - dentro o fuori al governo o vicini a questo -, è servita per degli aggiustamenti di conti personali, sulle spalle delle terre, della libertà e della vita dei contadini e degli indigeni che si oppongono.
Con la compiacenza del governo statale e senza preoccuparsi del
governo federale, le difficoltà economiche, i problemi
sociali, i conflitti politici e gli scontri fra civili non sempre
disarmati, in tutta la zona si sono esacerbati. Di fronte a
questa situazione che da se stessa mette in questione le intenzioni
ufficiali, non resta altro che domandarsi, perché sta al
dialogo di San Andrés il governo, se dice di più
e parla molto più chiaramente con i fatti?
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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