Articolo apparso su "EL UNIVERSAL"
il 5 settembre 1996.
Carlos Ramirez
Nonostante pochi lo abbiano capito in prima battuta, l'uscita dell'EZLN dai negoziati di pace di San Andrés ha, paradossalmente, il significato di una manovra per salvare la pace. L'incursione dell'EPR in territorio chiapaneco, la settimana scorsa aveva un chiaro obiettivo: i negoziatori del governo, una maniera per rompere il dialogo. In seguito l'EZLN esce dal gioco perverso del governo, ancora prima che quest'ultimo potesse utilizzarlo per colpire l'EPR, cercando di far passare i chiapanechi come la guerriglia buona, che riconosce il governo, sedendosi a dialogare, e i guerrerensi come la guerriglia perversa, perché aspira a distruggerlo e non vuole negoziare.
Partendo dalla logica di qualificare l'EPR come terrorista, il governo ha voluto togliere il Chiapas e l'EZLN, dallo scenario del conflitto. Ma l'intelligenza politica del Subcomandante Marcos indovinò il gioco, "chiamandosi prontamente fuori" con tre decisioni: sospendere i dialoghi di pace, esigere il rispetto e il compimento degli accordi già raggiunti e salutare l'apparizione dell'EPR, defilandosi da essa. Gli zapatisti si resero conto che l'EPR giocava a carte coperte, quando fece "l'incursione informativa" in Chiapas, generando ciò che Marcos ha tacciato di imprudenza, perché avrebbe provocato incertezza nelle comunità indigene. Nello stesso tempo ha provocato inquietudine nei gruppi zapatisti che da due anni sono in armi, senza aver per altro sparato un colpo, sebbene siano stati lungamente addestrati per questo. C'è stata la preoccupazione che l'EPR guadagnasse adepti alla lotta armata, a scapito dell'EZLN, dato che la via del negoziato non aveva portato a nessun risultato. Interpretando gli ammiccamenti dell'intelligenza politica di Marcos, si capisce che l'EZLN ha realmente temuto per una qualche aggressione contro i negoziatori del governo. L'insistenza per togliere Marco Antonio Bernal e Jorge del Valle era per allontanarli dalla linea di fuoco dell'EPR.
Abituati a giochi ovvii, i negoziatori governativi, sia nella Secretaria de Gobernacion che in San Andrés Larrainzar non capirono la strategia di Marcos, che era destinata all'EPR e non al governo. Il dubbio era ovvio: Come realizzare discorsi di pace a San Andrés con una guerriglia guerrerense-oaxaquegna che aveva già inviato messaggi al Chiapas con la sua incursione della settimana scorsa?
Nella logica della guerriglia che vuole dimostrare che la via del negoziato politico è inefficace, i rappresentanti del governo erano i candidati naturali ad un sequestro o addirittura all'aggressione fisica. Questo scenario si può prevedere nei paragrafi delle lettere di Marcos che si riferiscono all'EPR, con la quale non vuole entrare in conflitto, ma tanto meno legarsi ad essa.
La lettura delle lettere di Marcos deve essere fatta in chiave politica, non con gli occhi miopi dei servizi del governo, che guardano tutto con superficialità. I documenti di Marcos dimostrano una conoscenza particolarmente approfondita sulla portata dell'EPR; non si deve dimenticare che alcuni gruppi che formano l'EPR parteciparono ad alcune riunioni a La Realidad, ma c'è di più, ci sarebbero indizi che i gruppi politici dell'EPR arrivarono in Chiapas a mettere in discussione la via del negoziato dell'EZLN. I fili dipanati da Marcos non si fermano qui. Con la mossa di non allearsi all'EPR e nello stesso di non disconoscerlo, il Subcomandante ha inviato un messaggio molto profondo al governo: l'evidenza che il governo di Zedillo ha due fronti guerriglieri aperti e nessuno con possibilità di soluzione. E, come se volesse dimostrare che conosce molto bene i vecchi stili politici del sistema priista, Marcos approfitta dell'opportunità dell'EPR, per dire al governo che è meglio che negozino con l'EZLN, prima che la mancanza di soluzioni dia ragione ai gruppi radicali dell'EPR. La lamentela degli zapatisti ha molta ragion d'essere! Nelle sue lettere Marcos rivela che il governo decise un negoziato audace in Chiapas, ma fino ad ora non ha messo in pratica le conclusioni del Tavolo sui diritti indigeni. L'EZLN si aggrappa a questa inadempienza degli accordi di Larrainzar, per cercare di obbligare il governo a essere più serio nei suoi impegni. Esibire la volontà dell'EZLN a negoziare e la mancanza di serietà del governo nel cristallizzare gli accordi, si convertirà in punti a favore della guerriglia zapatista, che sì vuole negoziare, ma non la assecondano, in comparazione con la guerriglia guerrerense-oaxaquegna, che non vuole negoziare, ma combattere. Nel gioco degli scacchi la mossa di Marcos è: scacco al Re. A differenza dello scenario di metà anno, quando l'EZLN si ritirò dai dialoghi e fu minacciato dal governo, che avrebbe dato corso agli ordini di cattura, ora l'EZLN sa di avere a disposizione lo spazio di manovra che gli ha dato l'apparizione dell'EPR. Marcos sa perfettamente che il governo difficilmente avrà lo spazio politico per incarcerare gli zapatisti, quando ha un altro fronte aperto, almeno in due altri stati della repubblica. Per liberare il re dallo scacco, il governo deve sacrificare qualche alfiere. Così l'aiuto dell'EZLN al presidente Zedillo avrà un costo addizionale per il governo: negoziatori che abbiano la volontà di rispondere alle domande politiche e sociali dello zapatismo, di posporre i negoziati nel mezzo ad un'offensiva politica della guerriglia dell'EPR per aspettare migliori condizioni di dialogo e soprattutto ottenere il riconoscimento del governo del fatto che la guerriglia zapatista sarà la grande opportunità ufficiale per operare cambi politici di fondo che rendano inutile la via armata.
Ma se il governo commette l'errore, che già si profila
nelle prime reazioni ufficiali alle lettere di Marcos, di condannare
l'EZLN, perché approfitta della congiuntura politica dell'EPR
per crearsi vantaggi, allora il fronte chiapaneco entrerà
nella logica dell'instabilità politica. E se il governo
di Zedillo non è in grado di spegnere il fuoco guerrigliero
in Chiapas, allora dovrà sommare a questo quelli di Oaxaca
e Guerrrero, certamente una vittoria militare potrebbe essere
possibile, ma politicamente e moralmente costosa. Così
le lettere di Marcos richiedono una risposta che riveli intelligenza
politica e non autoritarismo di governo.
EL UNIVERSAL, 5 Settembre 1996
(Tradotto dal Comitato Internazionalista Che Guevara - Bologna)