La Jornada, 05 maggio 1997
Elio Henriquez, corrispondente. San Cristobal de Las Casas, Chiapas,
4 maggio 1997. Quattro degli 11 osservatori internazionali che
giovedì sono stati "invitati" a lasciare il paese
dalle autorità migratorie e che ancora erano in città,
hanno raggiunto oggi pomeriggio Città del Messico per abbandonare
il territorio nazionale; altri quattro lo faranno domani, lunedì,
non avendo ricevuto la risposta al ricorso di revisione che hanno
presentato venerdì scorso alle autorità competenti.
Allo stesso tempo, il movimento dei prigionieri La Voz de Cerro
Hueco e i delegati degli indigeni sfollati della Zona Nord che
stanno facendo un sit-in a Tuxtla Gutierrez, hanno informato le
ambasciate di Francia, Spagna, Germania, Italia e Olanda in Messico
che "l'unico delitto che hanno commesso i 12 osservatori
internazionali espulsi dal paese è quello di averci accompagnati
per rompere l'accerchiamento per mezzo di una marcia-carovana".
In una lettera inviata alle ambasciate menzionate e alla stampa,
i rei e i dirigenti degli sfollati hanno invitato i diplomatici
che visitano il Chiapas a "rendersi conto della situazione
di guerra nella quale viviamo e ad essere testimoni delle cause
reali per le quali i fratelli stranieri hanno solidarizzato in
questa tappa dolorosa della nostra lotta". Hanno chiesto
inoltre, che "non rimangano nei loro uffici ricevendo le
informazioni errate del governo messicano contro i loro conterranei".
Nella lettera, dicono agli ambasciatori che, "con l'espulsione"
di 12 stranieri, i governi federali e statali pretendono "di
occultare la vera natura della partecipazione degli osservatori,
che, anche a costo della loro vita e della loro sicurezza, ci
hanno accompagnati nella marcia - carovana".
Inoltre hanno convocato i messicani ad "opporsi alla visita
del presidente degli Stati Uniti, William Clinton" e che
"gli venga negato il visto per non essere una persona gradita
e un traditore verso noi indigeni".
Hanno enfatizzato che "i veri stranieri sgraditi non sono
gli osservatori, ma Bill Clilnton e la sua politica neoliberale,
che serve solo per dotare di armamenti e addestrare l'Esercito
messicano perché ci uccida, di perseguiti, ci reprima;
inoltre l'intervento nordamericano è servito solo per cercare
di farla finita con la nostra cultura e i nostri valori".
Bisogna aggiungere che 11 dei 12 osservatori che sono stati "invitati"
a lasciare il paese hanno presentato un ricorso di revisione del
loro caso alle autorità migratorie venerdì passato,
e si spera che lunedì o martedì si abbia una risposta.
Inoltre, è stato riportato, che varie camionette con agenti
di migrazione sostavano oggi nelle vicinanze dell'edificio dove
gli stranieri in questione erano ospitati in questa città.
Il Fronte Messicano Pro Derechos Humanos presenterà
il caso all'ONU
Il Fronte Messicano Pro Derechos Humanos ha considerato l'espulsione
dal Chiapas degli osservatori dei diritti umani come una violazione
internazionale e, per questo presenterà il caso di fronte
al relatore speciale dei Diritti Umani dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite, Enrique Bernales Ballesteros. Inoltre chiederà
l'intervento della Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Benjamín Laureno Luna, presidente dell'organismo, ha detto
che nel caso non esiste una causa legale che giustifichi l'espulsione
degli osservatori europei, poiché questi non si sono dedicati
ad intervenire in questioni politiche.
Al contrario, ha aggiunto, hanno aiutato il governo del Chiapas
a salvare la vita agli indigeni choles che "erano alla mercè
di mercenari del denominato gruppo Paz y Justicia". Ha ricordato
che gli indigeni hanno gradito il lavoro degli osservatori stranieri,
"poiché ha permesso loro di uscire per la prima volta
dalla comunità di Jolnishtiè senza la presenza dei
paramilitari di Paz y Justicia".
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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