Masiosare (supplemento settimanale de La Jornada), domenica 5 aprile 1998

OSSERVATORI INTERNAZIONALI

ABBIAMO MATERIALE PER UN'ALTRA RELAZIONE

Jesús Ramírez Cuevas

Questa settimana, componenti della Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani sono stati di nuovo in Chiapas per consegnare la loro relazione direttamente alle comunità indigene. Si sono ritrovati con un panorama di crimini e d'impunità che fornisce loro "ancora altro materiale per una nuova relazione".

La situazione del Chiapas si aggrava ogni giorno di più. Nell'ultimo mese si sono presentati nuovi fatti violenti in varie comunità indigene, come ha potuto constatare la CCIODH (Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani), che ha realizzato questa settimana la sua seconda visita nello stato con il proposito di consegnare la sua relazione.

Benché fossero solo quattro, si sono trovati in una situazione che, dicono, potrebbe servire per una nuova relazione, perché l'impunità e le aggressioni contro le comunità continuano.

Come conseguenza del lavoro della CCIODH sono stati assassinati due indigeni che si sono azzardati a denunciare le violazioni dei diritti umani nella zona nord: José Tila López, nel municipio di Tila, e Trinidad Cruz Pérez, in Palenque. A loro era dedicata la relazione presentata al Parlamento Europeo il 30 marzo scorso.

In Roberto Barrios e in Jolnixtié, dove abitavano le due vittime dei priisti armati, il panorama si è deteriorato pericolosamente. "C'è il rischio reale che accadano nuovi massacri come quello di Acteal", dice Alejandro Golberg, componente della commissione osservatrice.

"Si temono nuovi atti di violenza, gli abitanti della zona si sentono minacciati e si prevedono nuovi attacchi di paramilitari a causa dell'ambiente di impunità che prevale. Gli indigeni sentono che non c'è giustizia". Negli ultimi anni ci sono state 60 morti violente e "non ci sono stati arresti". A quei crimini si sommano gli omicidi di Tila e Trinidad, dove "continua ad esserci impunità", afferma Ignacio García, portavoce della CCIODH.

Minacce di guerra

Negli ultimi 20 giorni ci sono stati per lo meno 300 voli a bassa quota di aerei ed elicotteri militari sui capoluoghi municipali zapatisti della selva, del nord e di Los Altos. "Stiamo vivendo un momento difficile. Il governo ci sta minacciando con i suoi aerei ed elicotteri quotidianamente. Perciò vogliamo che non rimanga nascosto ciò che ci sta succedendo", ha detto Maximiliano, rappresentante della Realidad, di fronte agli osservatori della commissione che hanno consegnato la loro relazione alle autorità della comunità.

"Stiamo lavorando però viene l'elicottero e spaventa le nostre donne e bambini. Vediamo che il governo non vuole rispettare gli accordi. Ci vogliono uccidere perché dichiariamo i nostri diritti come contadini, però siamo disposti a resistere per quel poco che possiamo", insiste José, abitante di questo villaggio tojolabal.

I quattro componenti della commissione hanno effettuato il loro percorso attraverso le comunità indigene di Los Altos, la selva e la zona nord, oltre ad incontrarsi con le autorità locali e con membri di organizzazioni civili.

Sigfrido Miralles, Helena Roux, Alejandro Golberg e Ignacio García, si sono divisi per visitare Acteal, Polhó, Oventic, La Realidad, Morelia, La Garrucha, Roberto Barrios e Jolnixtié.

"In quei luoghi abbiamo potuto constatare la continua e intensa presenza di voli a bassa quota, che comprendono tre tipi di aerei e due di elicotteri, tanto dell'Esercito Messicano come della Polizia Giudiziaria", ha detto Golberg.

I contadini non possono lavorare la terra in tranquillità, gli apparecchi "volano così basso che si può vedere come prendono foto e filmano".

In Ocosingo, le autorità ribelli di Francisco Gómez hanno informato che un bambino è morto e un uomo è risultato ferito quando un veicolo dell'Esercito Messicano ha investito un camion di trasporto passeggeri lo scorso 30 marzo. I militari sono fuggiti.

I componenti della commissione sono stati personalmente testimoni quando hanno visto veicoli senza targa che viaggiavano senza essere molestati dagli agenti dell'ordine. In una delle unità che sono passate di fronte al posto di immigrazione di Ocosingo "abbiamo potuto individuare con chiarezza che l'uomo situato nella parte posteriore aveva in mano un'arma lunga". In una comunità vicina, Francisco Gómez, hanno ricevuto la denuncia sulla presenza di paramilitari nella zona.

I rappresentanti di Guadalupe Tepeyac in esilio hanno ricordato l'occupazione militare del loro villaggio. Uno dei loro rappresentanti ha affermato: "Il governatore è venuto a Las Margaritas a dire che lo appoggia la maggioranza e che va a far la pace, però stavano trasportando gratis perfino bambini per garantirgli un pubblico".

Violenza e impunità nel nord

I componenti della commissione sono stati nella regione chol, zona controllata dai membri del gruppo paramilitare Pace e Giustizia.

"Quando siamo arrivati a Roberto Barrios, Palenque, la tensione era tremenda - ha spiegato Ignacio García -, dato che dall'assassinio di Trinidad Cruz Pérez (un contadino zapatista), lo scorso 14 marzo, gli avvenimenti si sono sviluppati in modo vertiginoso".

Trinidad Cruz è morto per i colpi di machete inferiti da tre priisti. Ha lasciato cinque figli. La sua donna, Anita Gómez, ha detto con tristezza: "Mia figlia di 5 anni ha bisogno di cure speciali, è sorda e il suo apparecchio acustico richiede batterie. È molto costosa l'educazione che deve ricevere. Mio marito era andato a Palenque a lavorare per ottenere il denaro per lei quando l'hanno ammazzato".

Il 16, la comunità ha deciso di espellere i presunti assassini e le loro famiglie. "Il popolo chiede giustizia, non vendetta, per la violenza che vogliono generare persone che sono state denunciate come paramilitari", recita l'atto firmato da 404 persone della comunità, inclusi i priisti.

In assemblea, le famiglie dei presunti assassini si sono impegnate a pagare le spese per la sepoltura alla famiglia di Trinidad.

"Questo popolo è libero di credere nella religione o nel partito politico che crede conveniente, però rifiuta in modo deciso la violenza e non vuole cadere nella trappola della distruzione tra fratelli", si legge inoltre nell'accordo firmato fra indigeni zapatisti e priisti.

Però, due giorni dopo è stata bruciata la casa di uno dei presunti assassini. Anche se pare che l'incendio è stato provocato da militanti del PRI, un gruppo di questo stesso partito ha presentato una denuncia in Palenque, dando la responsabilità alle basi zapatiste per l'incidente e accusandoli di aver rotto l'accordo.

"Questo ha reso ancor più tesa la situazione, così sia la famiglia di Trinidad come la comunità temono un'azione dei paramilitari ed un intervento della Polizia di Sicurezza Pubblica", ha denunciato la commissione.

"Gli assassini continuano ad essere liberi in Palenque nonostante che ci sia un testimone e una denuncia penale, perciò noi consideriamo che non ci sia giustizia", dice Daniel Cruz, fratello del contadino aggredito.

* * *

Gli osservatori hanno fatto una offerta alla tomba di Trinidad e poi sono partiti per il municipio di Tila. Lì hanno avuto notizia di nuove azioni paramilitari e della complicità della polizia statale.

In Misopá Chinal hanno ricevuto la denuncia di 60 persone che "hanno segnalato il clima di tensione e d'incertezza generato dalla presenza di gruppi paramilitari".

Abitanti di Monte Misopá hanno denunciato la rapina di bestiame ed il massacro di animali come parte delle azioni di intimidazione di Pace e Giustizia, che ha sparato in aria e minacciato simpatizzanti dell'EZLN. I componenti della Polizia di Sicurezza Pubblica lì distaccati non sono intervenuti.

"L'8 marzo 1998, Rosenber Jiménez Torres è stato minacciato di morte da un paramilitare di fronte alla caserma della polizia, che non ha fatto niente.

Il giorno seguente la polizia ha cominciato a pattugliare la zona con i priisti armati".

Quindi hanno parlato i profughi di Cruz Palenque, che hanno dovuto abbandonare i loro focolari da agosto dell'anno scorso per le minacce dei paramilitari. Da quella data sono stati assassinati quattro contadini dal gruppo Paz y Justizia. I profughi hanno sollecitato garanzie per poter tornare alle loro case.

Gli indigeni di Misopá Chinal hanno fatto altri esempi: si sono lamentati del ritardo e della cattiva qualità della costruzione di una strada.

"Abbiamo pensato che il preventivo sia stato sviato per altri fini", hanno segnalato. "La ditta costruttrice della strada, in complicità con i militari distaccati nella zona, vende la ghiaia e la sabbia in Tabasco". Inoltre, il maestro della comunità è stato espulso da Paz y Justizia ed i bambini della comunità non sono stato vaccinati negli ultimi sei mesi.

Gli osservatori sono arrivati a Jolnixtié dopo essere stati accompagnati nel percorso da decine di contadini che hanno protetto la loro sicurezza. Sono passati di fronte al posto dove è stato assassinato José Tila López.

I rappresentanti di Jolnixtié - luogo dove si rifugiano migliaia di profughi per la violenza - hanno segnalato che "non si è fatta giustizia con gli assassini di José Tila; alcuni continuano a rimanere in libertà".

Il 18 marzo, "cinque incappucciati hanno bloccato la strada", sono stati riconosciuti ed è stata presentata denuncia alle autorità. "I paramilitari hanno minacciato dicendo che ci sarà guerra e che ammazzeranno quelli che hanno presentato denuncia per l'omicidio di José Tila".

La situazione è di autentico terrore, dato che gli indigeni zapatisti temono che nella Settimana di Pasqua, "durante le celebrazioni religiose, si presentino azioni dei paramilitari, che potrebbero convertirsi in massacri".

Questo timore è fondato. Il 20 marzo, dieci persone armate di Paz y Justizia sono arrivate a Jolnixtié e "hanno tirato due bombe di clorato per uccidere i pesci dell'unico stagno del luogo, come atto intimidatorio", dice Manuel Pérez López.

"Noi non vogliamo violenza con quelli di Paz e Justizia", hanno dichiarato le autorità indigene. In Corozil e in Masojá Sueja, componenti di Paz y Justizia impediscono il libero transito e minacciano i contadini che passano di lì.

"Si comprende il timore costante per l'impunità con cui agiscono i gruppi paramilitari, che non ricevono nessun castigo per le loro azioni. Per questo gli indigeni chiedono la presenza di osservatori internazionali a garanzia dell'integrità fisica delle comunità della zona nord", ha concluso la Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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