L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) non consegnerà
le armi per poter partecipare alla vita nazionale, ha avvisato
Gloria Benavides, del Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale
(FZLN). Ha aggiunto che l'EZLN è una forza politica e non
è contraddittorio chiedere di poter partecipare alle decisioni
e mantenere le armi.....
-E' davvero vicina per l'EZLN la decisione di lasciare le armi per trasformarsi in una forza politica?
-L'EZLN è una forza politica. Di fatto non hanno parlato di lasciare le armi, (ma invece) di incorporarsi alla vita politica normale, dalle elezioni del 1997 ad altre forme di partecipazione politica. Il fatto di tenere le armi è praticamente la sua maniera di difendersi. I contadini in Messico, per tradizione, dai tempi di (Làzaro) Cardenas, sono armati. Metti che questo fosse simbolico, perché erano armi che non funzionavano molto bene, però era un elemento per dissuadere i gruppi di potere dei "cacique" che volevano togliergli la terra.
Il modo in cui loro (gli Zapatisti) sono armati, io lo considero
come un a forma di autodifesa. Le armi che hanno sono morali,
sono la ragione che li assiste per difendere la loro esistenza,
per esigere di essere considerati dalla nazione. Consegnare le
armi sarebbe un modo quasi simbolico di consegnarsi.
-Hanno parlato di convertirsi in una forza politica e dicono che l'EZLN è una forza politica. Non è contraddittorio?
-Si, è una forza politica. Si è parlato del fatto
che bisogna tener conto di loro, non vedo la contraddizione. Il
fatto che qualche contadino sia armato e che nello stesso tempo
gli indigeni chiedano di essere tenuti in considerazione come
parte della nazione non lo vedo contraddittorio. Il fatto che
esigano la partecipazione nel paese non lo vedo contraddittorio,
né vedo la condizione (di consegnare le armi) perché
si possa partecipare alla vita politica, non vedo come necessario
o imprescindibile il discorso del disarmo.
-Però il Subcomandante (Marcos) dichiarò che l'EZLN si sta logorando.
-Può essere, però è già da molti anni che si è insorti, e la gente delle comunità sta patendo sia la fame che l'occupazione dell'Esercito federale, tutte difficoltà prodotte dalla persecuzione dell'Esercito Messicano, della polizia e del
governo. Non c'è un logorio di tipo politico, perché
quello per cui loro combattono è adesso più sentito
di prima.
-Le organizzazioni sociali devono accelerare questo dialogo nazionale?
-Noi come organizzazioni sociali possiamo accelerare il dialogo,
dargli un impulso; spingere affinché ci sia, fare uno sforzo
affinché questo dialogo nazionale avvenga.
-Quali punti deve includere un dialogo nazionale?
-Non so, però naturalmente un punto importante sarebbe
la partecipazione politica delle comunità indigene alla
vita nazionale. Questo è un punto basilare: il ruolo degli
indigeni, dei contadini, degli operai e dei lavoratori nella vita
del paese.
-Cosa ci lasciano, se il progetto nazionale è il liberalismo, se una economia di mercato esclude l'immensa maggioranza della gente?
Benavides tace e dopo insiste: "Cosa ci offre (la nazione) è uno dei punti; qual è l'alternativa, la nostra opzione? Il governo non ci sta offrendo nulla, cioè, cosa dobbiamo fare per risolvere la nostra esistenza? Andiamo a sparire o andiamo a buttarci giù dal canyon del Sumidero, come dicono i chiapanechi o possiamo proporre altri progetti alla nazione? È quasi come discutere di tutto, quale politica, quale politica economica, quello che vogliamo e le proposte che abbiamo per conseguire quello che vogliamo".
"Adesso è ancora presto per parlare del dialogo nazionale,
dobbiamo prepararlo, terminando il dialogo degli Zapatisti con
la Cocopa. Ci prenderà tempo, però bisogna pensarci
e farlo." Ha concluso.
(Tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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