Cronaca dal municipio ribelle Ernesto Che Guevara e intervista al Sub Marcos

IL CHE VIVE: ricompare in Chiapas con gli zapatisti

di Jesus Ramirez Cuevas

"L'apporto principale di Che Guevara è stata la sua proposta etica di essere un uomo nuovo per costruire un mondo migliore".

Subcomandante Marcos.

Marcos: "Il Che torna a sopravvivere a questo attacco che è il tempo, come è sopravvissuto anche all'attacco del mercato; com'è sopravvissuto, comunque, all'attacco dei baschi verdi in Bolivia; come è sopravvissuto ai tentativi di sacralizzarlo e santificarlo, soprattutto da parte di certi settori della sinistra latinoamericana. Ritorna ad apparire con noi, appare con altri gruppi armati, con gruppi pacifici, con gruppi civili, con organizzazioni non governative".

A trent'anni dalla sua morte, Ernesto "Che" Guevara cavalca ora tra le montagne del Chiapas e riceve un regalo dagli indigeni insorti, quelli che simpatizzano con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

A sud di Ocosingo, indigeni tzeltales basi d'appoggio della guerriglia chiapaneca, hanno istallato un nuovo municipio ribelle che avrà il nome di Ernesto Che Guevara, in omaggio al leggendario guerrigliero argentino che fu assassinato in Bolivia l'otto di ottobre del 1967.

"Il Che fu un combattente rivoluzionario che diede la sua vita per il popolo, per questo abbiamo chiamato così il nostro territorio" segnala Isidro, il nuovo sindaco indigeno di questo municipio autonomo a cui le autorità tradizionali hanno consegnato il bastone del comando.

L'iniziativa ha avuto luogo lo scorso 28 settembre nel villaggio di "Moises Gandhi" (nome di battaglia di un dirigente zapatista morto durante i combattimenti con l'Esercito federale nel gennaio del 1994). Come sempre la lotta zapatista è ricca di simboli e di significati che si mescolano.

Una casetta di frasche con tetto di paglia sarà l'ufficio della nuova giunta indigena, all'ingresso sventola una bandiera del Messico e pende uno striscione rosso con l'effigie del Che.

Il nuovo municipio ribelle in "territorio zapatista" avrà la sua sede a Moises Gandhi, villaggio fondato nel '94 da indigeni e da peones della proprietà "Okenchai" che, dopo il sollevamento armato dell'EZLN, occuparono queste terre per lavorarle in beneficio della comunità e lì si stabilirono. A due chilometri c'è un accampamento del VII Reggimento militare dell'Esercito messicano istallato dal 1995.

-Che il marchio della ribellione e dell'autonomia sia la tua forza, luce e vita. Se mancherò al giuramento davanti al mio popolo sia esso stesso che mi applichi il castigo. Gloria eterna alla verità e morte all'ingiustizia- con queste parole investirono il nuovo presidente municipale ribelle e le sue "commissioni" di fronte al villaggio lì riunito.

Il nuovo municipio indigeno forma parte della regione autonoma zapatista "Tzotz Choj" ("pipistrello-giaguaro", nome dell'ultimo governante maya di Toninà nella valle di Ocosingo, più di mille anni fa). Il municipio "Ernesto Che Guevara" fa parte dei 38 municipi che l'EZLN ha dichiarato in ribellione nel dicembre del 1994 nelle regioni della Selva, del nord, della frontiera e de Los Altos.

Nella cerimonia indigena, tra il fumo dell'incenso e l'antica musica di tamburi, flauti e rustiche chitarre, la nuova giunta zapatista ha giurato pubblicamente di "essere sempre ribelle alle leggi e ingiustizie che violentano la pace e l'armonia nel nostro popolo" e di "rispettare l'autonomia e di promuoverla finché i nostri popoli oppressi saranno realmente liberi e padroni della loro storia". Mentre il governo del presidente Zedillo si nega al riconoscere l'autonomia indigena, gli zapatisti stabiliscono governi indigeni nelle regioni di loro influenza.

Alla maniera indigena, la fondazione della giunta autonoma con il nome del leggendario guerrigliero argentino, è un'appropriazione zapatista della "storia mondiale di ribellioni", una miscela di tradizione e di modernità, che unisce la centenaria resistenza indigena di antiche radici con la lotta della sinistra contemporanea; una lotta che combina l'azione politica civile e quella armata.

"Sono eredi del Che tutti i movimenti ribelli dell'America Latina".

Il ricordo del Che, anche se nella forma vaga dell'invocazione di "un combattente sociale" come ha detto Isidro -il nuovo sindaco ribelle-, è integrato alla memoria collettiva degli zapatisti. "Ribelle è il tuo popolo, ribelli i tuoi antenati, ribelle il tuo cuore, quindi ribelle è il bastone del comando che ti consegniamo" gli hanno detto gli anziani che custodiscono la conoscenza maya.

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Il Subcomandante Marcos aveva spiegato l'identificazione del movimento zapatista con la ribellione del Che durante un'intervista concessa ai primi di settembre.

"La figura del Che è un aiuto per il movimento zapatista perché dimostra che è possibile rendere realtà in un essere umano la lotta per gli ideali di convertirsi in un uomo nuovo e di costruire un mondo migliore."

"Il Che ha dimostrato che questo proposito non è un sogno, un qualcosa che è relegato o rinchiuso in ciò che molti chiamano utopia irrealizzabile. Al contrario può essere reale".

In molti media nel mondo il Subcomandante Marcos è stato comparato a Che Guevara. Il Sub Marcos rifiuta questo parallelo quando gli viene domandato che ne pensa dell'essere considerato erede della lotta del guerrigliero argentino-cubano: "Beh, non aspiriamo ad essere l'eredità del Che. Evidentemente la camicia e il peso dell'eredità politica, morale ed etica del Che è troppo grande per chiunque".

"Però in qualche forma, tutti i movimenti ribelli dell'America latina sono eredi della ribellione del Che, della sua aspirazione a un mondo migliore e della necessità di lottare per esso".

"Sono eredi del Che non solo i movimenti armati o guerriglieri che ci sono in America Latina, ma anche tutti i movimenti sociali, tutte le organizzazioni politiche di sinistra, quest'altra maggioranza della società latinoamericana che è la società civile: giovani, donne, bambini -non pochi-, omosessuali e lesbiche. Tutti questi settori emarginati che lottano, sono eredi del Che".

"La lotta ha raggiunto in lui una corporeità molto definita ma che ha a che vedere con tutta questa ribellione che sottostà in America Latina dalla sua nascita come continente" spiega Marcos mentre riempie di tabacco la sua inseparabile pipa, passione che condivide con il leggendario "comandante Guevara".

Il Che è sopravvissuto alla morte, alla moda, alla sacralizzazione e ritorna ad apparire con i ribelli di oggi.

Marcos analizza con distanza questo ritorno della vigenza dell'esempio del Che ribelle: "30 anni dopo, per una data o per la comparsa delle sue ossa, torna a riproporsi la sua vigenza, quella di questa testardaggine o caparbietà dell'America Latina e di tutto il mondo di ribadire la ribellione e la possibilità che questa ribellione si traduca nella costruzione di migliori cammini per tutti".

"Il fatto che si celebrano i 30 anni dimostra che il Che ha potuto sopravvivere non solo alla propria morte ma a tutti i tentativi di banalizzazione che ha subito per anni convertendosi in un oggetto di consumo o di moda".

"Il Che torna a sopravvivere a questo attacco che è il tempo, come è sopravvissuto anche all'attacco del mercato; com'è sopravvissuto, comunque, all'attacco dei baschi verdi in Bolivia; come è sopravvissuto ai tentativi di sacralizzarlo e santificarlo, soprattutto da parte di certi settori della sinistra latinoamericana".

"Ritorna a comparire con noi -gli zapatisti-, compare con altri gruppi armati, con gruppi pacifici, con gruppi civili, con organizzazioni non governative".

"Il Che torna a camminare non solo, o non preferezialmente, con l'uniforme della guerriglia, con l'uniforme delle armi, ma sempre con l'uniforme della ribellione, con una proposta etica di essere migliore".

"Il grande contributo del Che, o la sua grande eredità, è che seppe incorporare il valore etico di una proposta, che gli valse il riconoscimento non solo dei settori della sinistra ma anche della destra e dei suoi nemici: vivere fino alle ultime conseguenze in accordo con una forma di pensare".

"Questa è un'eredità molto grande, qualcosa che chiunque può fare. In questo senso, il Che è più vicino a noi di quanto pensano molti. Ciò non significa lasciare tutto, andare sulla montagna, impugnare un fucile e sfidare il potere mondiale ma che questa possibilità di ribellione e che questa ribellione si traduca in un mondo migliore per tutti".

Secondo il lider guerrigliero, il proclama zapatista "Per tutti tutto, niente per noi", "è uno slogan che parte dal riconoscimento dell'ascendenza etica che abbiamo preso dal Che".

"Il problema ora è che la figura del Che è un poco avvolta dalla bruma. La ricomparsa delle sue ossa e del ricordo dei 30 anni dalla caduta nella spaccatura del Yuro, a Nacahanzù in Bolivia, ha scatenato discussioni su se il Che era buono, era cattivo, se era molto militarista, se era molto intollerante, se era un santo, se era un grand'uomo oppure no". "Infine, quello che sopravvive a tutte queste polemiche più o meno serie e profonde, più o meno irrilevanti -continua Marcos- è la possibilità di poter costruire un mondo migliore per tutti e che questo mondo possa essere abitato, vissuto e portato avanti da un essere umano migliore rispetto a quello che ora siamo".

Marcos fa risaltare che la figura del Che pone "il diritto ad essere migliori e chiunque ha questo diritto" . "Abbiamo fiducia che il Che dovrà sopravvivere al suo trentesimo anniversario, alle discussioni, polemiche, tavole rotonde e a tutto ciò che si farà intorno a quello che lui rappresenta".

"Come zapatisti cercheremo di conoscerlo meglio, cercheremo di prendere il meglio di lui, come cercheremo di prendere il meglio di altri eroi nazionali, come Hidalgo, Morelos, Vicente Guerrero, Villa e Zapata. Per portarli alla nostra storia dal passato, dalla memoria, e poter costruire un mondo migliore per tutti".

Questo sincretismo politico rende possibile per esempio che i tojolabales zapatisti abbiano battezzato l'ospedale di Guadalupe Tepeyac come "Ospedale Contadino Generale Emiliano Zapata - Ernesto Che Guevara".

"Per dirlo in poche parole, a 30 anni dalla sua morte, il Che è ancora vivo, sta con noi e sta con molti altri, e continuerà a sopravvivere dopo questi 30 anni" ha detto Marcos in tono visionario e aspirando la sua pipa, dando per conclusa l'intervista.

da Enlazador de Mundos (http://www.laneta.apc.org/enlacecivil)

(tradotto da Consolato Ribelle del Messico-Brescia)

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