da El Universal del 04 giugno 1998

 

Teologi della violenza

di Macario Schettino

 

Dopo aver espulso fisicamente e moralmente gli stranieri che vigilavano in Chiapas, l'offensiva del governo si dirige adesso contro i vescovi. Però non contro tutti, ma in particolare contro Samuel Ruiz e il coadiutore Raúl Vera. Si è ritornati alla relazione, l'ultima di Salinas de Gortari, in cui si diceva che il problema si circoscriveva a quattro municipi, o visto in altro modo, a una diocesi.

Con lo stile particolare del presidente, che può accusare sia come "topi immondi" che come malavitosi, si sono classificati, senza nominarli, questi vescovi (per chi vuole segnarselo) come "teologi della violenza". Fa male il Presidente della Repubblica a parlare in questo modo, senza destinatari chiari e con poca inventiva verbale, troppo colloquiale per le dimensioni dell'investitura. Però con tutta la mancanza che ha questo linguaggio, è ancora più grave il contenuto.

Se sappiamo qualcosa della Chiesa e dello Stato è che insieme non ci stanno. Juárez aveva ragione, senza dubbio, opponendosi frontalmente al potere falsamente spirituale che si rifletteva, allora, in un governo parallelo. E lo stesso Salinas de Gortari, a cui ci siamo riferiti nel primo paragrafo, tra i vari soprusi commessi durante il suo governo, ha avuto l'imperdonabile idea di dare alla chiesa, in particolare a quella cattolica, uno spazio politico che non aveva e che non doveva avere.

E' da questo momento che i vescovi del Chiapas rispondono al Presidente, utilizzando come riferimento il peggior peccato possibile: la superbia. Per la Chiesa cattolica, dei sette peccati capitali, il migliore è sempre stata la superbia. Quando qualcuno ha messo in dubbio i saggi insegnamenti del clero, è stato accusato prima di superbia, e nel caso non intendesse di vile eresia. Ed ora è di questo che si accusa il Presidente, ma come lui, senza usare destinatario. Dicono i vescovi che il peggio è colui che non si rende conto di potersi sbagliare, e che con lui non si può parlare. E mi immagino, ancora meno dialogare.

Però hanno ragione i vescovi, anche se lo scambio di opinioni sia francamente deplorevole. Avrebbero potuto, se il nostro paese fosse maturato un po', parlarsi personalmente e dirsi le cose chiaramente. O se vivessimo ancora nei tempi delle vecchie regole, mandarsi segnali con maggior discrezione e misura. Ma ora non ci sono regole, l'abbiamo già detto, e ci tocca uno scambio di battute ed accuse che deteriorano ancor più la comprensione del pubblico e la caduta delle istituzioni.

Hanno ragione, dico, i vescovi sostenendo che chi crede di non commettere errori, non può essere interlocutore ed ancor meno essere utile alla ricerca di soluzioni. Ma chiariamo che se si riferivano con questo al Presidente, ai tecnocrati di sempre, non ci dicono niente di nuovo. Per anni hanno detto di saperne di economia, e soprattutto di finanza ed hanno commesso gli errori più elementari che si potessero immaginare.

In questo scambio aggressivo, l'unica cosa che possiamo capire con chiarezza è che le istituzioni si stanno sgretolando senza che i responsabili facciano qualcosa per correggere questa direzione. Ha fatto male Salinas a dare spazio alla chiesa; fa male Zedillo a criticare con troppa parzialità e con poco garbo; fanno male i vescovi a qualificare come superba l'autorità. In realtà, facciamo male tutti se lasciamo che le cose continuino in questa direzione, non solo perché non risolviamo i problemi, ma perché camminiamo verso il precipizio della mancanza di istituzioni, verso la disarticolazione di una società che, con tutte le falle possibili, è la nostra e la unica. Non stiamo costruendo nuove regole, ma stiamo distruggendo le vecchie. Ma molti, troppi, continuano a credere che quelle reggano e che è solo questione di congiunzioni sfavorevoli. Tre lustri non sono una congiuntura, sono una transizione.

Senza nessuna superbia, da questo spazio privilegiato che è la stampa, ma con assoluta umiltà, volevo fare un invito a chi ha la responsabilità di stare nell'élite perché assumano completamente questo ruolo, e perché si rendano conto del grave danno che arrecano al paese scontri come questo, anche se sono verbali. Quello di cui abbiamo bisogno adesso sono costruttori, non arieti distruttori. Siano vescovi, deputati, governatori o presidenti. Si tratta di costruire.


(tradotto dall'Associazione Ya Basta! per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo - From: "si.ro" <si.ro@iol.it>)



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