La Jornada, sabato 2 maggio 1998
Luis Javier Garrido
Il governo messicano ha fallito in Chiapas perché l'EZLN
non ha risposto alle sue provocazioni. Di fronte all'uso della
forza militare contro le comunità, non ha sparato un solo
tiro e, di fronte alla demagogia ufficiale, non ha usato altra
arma che quella del silenzio.
1. Il fallimento di Ernesto Zedillo
in Chiapas è anche un fallimento personale, dato che dall'inizio
del suo sessennio sono molto limitati gli spazi sui quali può
esercitare una piena autorità, e questo è uno dei
pochi.
Sul piano politico, Zedillo è limitato dai membri del gabinetto
e dai governatori che continuano ad essere subordinati a Carlos
Salinas e le grandi decisioni in materia economica le prendono
il FMI e la Banca Mondiale, così rimane molto significativo
che dove può prendere iniziative lo sta facendo non solo
goffamente ma pure in aperta illegalità: mancando agli
impegni di San Andrés e violando il quadro costituzionale
del paese con decisioni che in una democrazia reale meriterebbero
la sua destituzione, come è quella della creazione dei
paramilitari.
2. La "nuova strategia" ufficiale
in Chiapas ha finito per rivolgersi contro il governo e, come
si poteva pensare, contro Ernesto Zedillo stesso, però
l'ultimo che sembra rendersi conto di ciò è proprio
lui, come si è visto nella sua ultima visita in Chiapas
(28-29 aprile), durante la quale lungi dall'agire come un uomo
di stato che cerca risolvere un conflitto, insiste nell'assumersi
il ruolo di lider di una fazione e con discorsi chiaramente provocatori
si presenta come il promotore delle politiche repressive contro
i popoli indios.
3. La realtà non può
essere cambiata per decreto, nemmeno con tutte le risorse economiche
e militari dello stato, e questo è stato il principale
errore di Zedillo, se non fosse per un altro fatto ancora più
grave: fare della guerra in Chiapas una sua guerra personale contro
gli zapatisti... con ciò sta perdendo tutta la sua autorità
politica e morale, a parte che decidendo per la via della violenza
non ha percorso la via politica, e senza alcun dubbio anche in
quella militare, non ha ricevuto altro che sconfitta su sconfitta.
4. Gli strateghi della Sedena potrebbero
domandarsi quali sono stati in quattro anni i loro successi, oltre
a rendere chiaro a tutti che l'EZLN è una cosa sola con
i popoli indigeni e sta lottando per i loro diritti fondamentali.
Di che può inorgoglirsi l'Esercito Messicano? Di aver addestrato
ed appoggiato i paramilitari? Di aver presumibilmente "smantellato"
in aprile il municipio autonomo di Taniperlas come ieri quello
di Amparo Agua Tinta? Di intimorire le comunità indigene
del Chiapas?
5. Possono essere orgogliosi i militari
messicani di agire in Chiapas, come un esercito di occupazione?
6. La militarizzazione dello stato
invece di piegare le basi d'appoggio zapatiste non ha fatto altro
che rafforzare il loro spirito di resistenza, come, allo stesso
modo, la creazione dei gruppi paramilitari non ha dimostrato che
ci sia una lotta intercomunitaria ma che esiste una politica criminale
del governo. L'iniziativa di legislazione indigena del governo,
lungi dall'ingannare qualcuno, ha evidenziato ancora di più
la mancanza di parola delle autorità. E che altra cosa
può aver provato la campagna sporca contro Samuel Ruiz
e la Conai, se non che il basso livello morale di coloro la promuovono?
7. Ernesto Zedillo aveva immaginato
che con "tutto il peso dello stato" avrebbe annientato
in poco tempo l'EZLN e invece non è riuscito a far altro
che ad affondare il suo governo in una crescente perdita di prestigio.
Aveva presunto che in poche settimane il movimento zapatista sarebbe
sparito dalle pagine dei giornali di tutto il mondo e non è
riuscito a far altro che a provocare una maggiore indignazione
internazionale. Aveva pensato di rafforzarsi ed invece ha finito
per sedersi sul banco degli accusati per il genocidio di Acteal
e per la sua politica nei confronti dei popoli indios.
8. La strategia di forza di Zedillo
ha avuto inoltre un altro effetto: quello di rafforzare una società
civile, sempre più cosciente, che non si lascia ingannare
e che sa che per riprendere il processo di pace non c'è
altra via che rispettare gli accordi di San Andrés.
9. Il principale ostacolo per la pace
è il governo e per questo le ultime iniziative per tirarlo
fuori dal pantano in cui si trova non potevano essere più
avventate, dato che tutte partono dal principio di trasgredire
la Legge per il Dialogo e di dimenticarsi di San Andrés.
La Conferenza dell'Episcopato pretende di sostituirsi alla Conai,
l'ex commissario Manuel Camacho propone niente meno che di mandare
a plebiscito la "Legge Zedillo" e un gruppo di artisti
ed accademici, per colmo dell'assurdo, suggerisce un suo proprio
dialogo con la dirigenza zapatista in cui la riuscirebbero a convincere
a rinegoziare San Andrés.
10. Gli artisti e gli intellettuali
firmatari della cosiddetta "Proposta di Guadalupe" potrebbero
essere più utili alla pace, e risparmiarsi un viaggio nella
selva, cercando un dialogo franco con Zedillo in Los Pinos e domandandogli
perché continua a trasgredire la Costituzione ed a usare
l'Esercito contro le comunità indigene, perché insiste
a non rispettare la Legge per il Dialogo, perché si rifiuta
di disarmare i paramilitari: perché insiste nella via della
forza.
Il silenzio degli zapatisti sconfigge tutte le linee del governo.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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